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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

A che punto è la guerra in Ucraina?

A che punto è la guerra in Ucraina?

L'Ucraina è in difficoltà: la Russia avanza in Donbass, mentre l'Occidente tenta di riequilibrare le forze sul campo in vista dei negoziati

Nelle ultime settimane la guerra in Ucraina ha avuto delle svolte inedite, in particolare dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni in America. Andando con ordine: Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno dato il via libera all’utilizzo dei missili a lungo raggio all’interno del territorio russo, ma solo nella regione di Kursk, e Washington ha poi annunciato la fornitura di mine antiuomo a Kiev.

Per tutta risposta il Cremlino ha pubblicato la revisione della sua dottrina nucleare, che abbassa drasticamente la soglia affinché la Russia possa impiegare l’ordigno atomico contro i propri nemici.

Dopodiché, Mosca ha deciso, per la prima volta dall’inizio delle ostilità, di lanciare un missile balistico ipersonico a medio raggio Oreshnik contro infrastrutture strategiche nella città di Dnipro. Allerte di massicci attacchi russi a Kiev, non ancora pervenuti, hanno poi spinto le ambasciate di Italia, Stati Uniti, Spagna, Grecia e altri Paesi a chiudere al pubblico.

Infine, sembra si sia realizzata l’entrata in guerra delle truppe nord coreane a fianco della Russia. In particolare, nella regione di Kursk parzialmente occupata dagli ucraini, come dimostrerebbe il recente ferimento in loco di un generale nord coreano, riportato dal Wall Street Journal.

Tutti questi eventi sono stati letti come parte di un’escalation. Corretto, ma potrebbe trattarsi di un rischio calcolato, almeno dalle parti di Washington. Il dato certo rimane uno: gli Stati Uniti, tra i principali stakeholder di questa guerra, non sono disposti a combattere direttamente la Russia per difendere l’Ucraina, ma non possono nemmeno abbandonare Kiev.

Il superamento dell’ennesima linea rossa da parte dell’Occidente deve essere quindi letto come un modo per avvicinare russi e ucraini ai negoziati. Il senso è quello di portare a una condizione di discreta parità militare le parti impegnate nel conflitto, di modo che nessuno dei due attori in gioco creda di poter avere ancora ampi margini di guadagno dal campo di battaglia.

Le ultime mosse di Stati Uniti e alleati sono solo un tentativo di rafforzare le difese dell’Ucraina, sempre più in difficoltà a respingere gli attacchi russi su tutti i fronti e carente delle risorse e del morale necessario a proseguire una guerra di logoramento.

Gli Atacms e gli Storm Shadow inglesi, e forse i Taurus tedeschi, non saranno di certo il “game changer” che permetterà a Kiev di vincere la guerra, nonostante la loro efficacia tattica (già materializzatasi sul campo, sembra). Per ora si tratta solo di resistere.

Analisti militari e soldati impegnati in battaglia affermano che i prossimi mesi saranno una fase critica del conflitto, poiché Kiev farà di tutto per rafforzare la sua posizione sul campo in vista di un possibile negoziato, favorito dall’imminente ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Il punto è proprio quello di stabilizzare il fronte, dato che, con lo slancio dalla loro, i russi avrebbero oggi poche ragioni per intavolare dei negoziati.

Storm Shadow - Wikipedia
Un missile Storm Shadow

Qual è la situazione a Kursk e in Donbass

Scendendo al livello tattico del conflitto, secondo il canale ucraino Deep State la Russia ha conquistato, da agosto a oggi, più di 1.200 chilometri quadrati in Ucraina, pagando un altissimo costo in termini di vite umane. Secondo il capo di Stato maggiore della difesa del Regno Unito, Sir Tony Radakin, nel mese di ottobre più di 1.500 soldati russi sarebbero stati uccisi o feriti ogni giorno.

Nonostante ciò, la superiorità di risorse umane e mezzi militari da parte di Mosca continua a rappresentare un netto vantaggio per i russi sul campo di battaglia. Dati gli ultimi aggiornamenti, in Donbass le forze del Cremlino continuano ad avanzare verso PokrovskVelyka Novosilka e nell’area di Toretsk nella regione di Donetsk e nell’area di Kupiansk nella regione di Kharkiv.

Kursk, i russi potrebbero aver ripristinato il controllo sul loro lato del confine vicino a Novyi Put, nella parte sud-occidentale dell’oblast, nel quale si è ridotta di svariati chilometri, a scapito degli ucraini, l’ampiezza del fronte. Tuttavia, gli ucraini resistono e circa metà del territorio occupato ad agosto è ancora sotto il loro controllo.

Nell’oblast di Donetsk le forze armate di Mosca hanno invece iniziato ad accerchiare Kurakhove, dopo aver conquistato la settimana scorsa quattro villaggi nelle sue vicinanze. Occupando questa città, i soldati russi potrebbero gettare le basi per riprendere la loro offensiva su Pokrovsk, snodo logistico fondamentale per il controllo della regione per via dei tanti snodi ferroviari e viari presenti nelle sue vicinanze.

Un dato suggestivo, proprio per questo di scarso valore analitico, è stata la visita di Zelensky pochi giorni fa a Pokrovsk e a Kupiansk. In passato, l’arrivo del presidente ucraino in città e luoghi situati lungo la linea del fronte hanno sempre sancito, poco tempo dopo, la loro definitiva cattura da parte dei russi.

Una tendenza, questa, che ha spinto gli utenti sul web a “memare” anche sull’ultima visita di Zelensky nei luoghi più caldi del fronte, preconizzando la loro caduta in virtù di un improbabile principio di causalità. In realtà, è il ritmo incessante dell’avanzata russa il vero motivo per il quale, probabilmente, si tratta di una previsione corretta.

Certe situazioni sul campo di battaglia non offrono infatti quasi nessuna prospettiva di miglioramento per Kiev, come l’inferiorità numerica di oltre sei a uno lungo alcuni tratti del fronte e la carenza di comandanti capaci di guidare le reclute inesperte in battaglia. Oppure l’assenza o la scarsità delle armi necessarie a mettere in seria difficoltà logistica russa.

Sistemi d’arma come gli Himars «sono quasi inesistenti», ha affermato un sergente ucraino intervistato dal New York Times, che aggiunge: «se avessimo più munizioni, potremmo compensare la mancanza di persone». Invero, data la carenza di proiettili d’artiglieria, i droni ora sarebbero responsabili di circa l’80% delle perdite russe.

Mentre riguardo ai missili a lungo raggio, spesso annunciati come una svolta del conflitto, sono posseduti in numeri davvero ridotti dall’Ucraina.

Insomma, tutti questi dati, uniti alla crescente stanchezza da parte dell’Occidente a rifornire di armi Kiev, fanno credere che, se la guerra continuerà ancora per molto, sarà Mosca a beneficiarne.

Al contrario, se questa si sta dirigendo effettivamente verso il suo epilogo – come vorrebbero il 52% degli ucraini secondo Gallup – sarà utile capire attraverso quale compromesso.

Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Anti-terrorist_operation_in_eastern_Ukraine_%28War_Ukraine%29_%2826833508320%29.jpg; immagini presenti nell’articolo: 1) https://en.wikipedia.org/wiki/Storm_Shadow#/media/File:RAF_Museum,Colindale,_London-_DSC06025.JPG

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Michele Ditto

Michele Ditto

Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l'Università Cattolica di Brescia, mi occupo soprattutto di Europa, spazio post-sovietico e Stati Uniti. Per Aliseo curo la newsletter settimanale di Lumina. Il mio scopo è sottolineare quello che c'è dietro i principali eventi geopolitici.

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