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“A Friedrich Nietzsche”, una poesia per il Filosofo

La filosofia del superuomo di Friedrich Nietzsche, destinata a pochi eletti, si può riassumere in tre fasi, le quali percorrono la trasformazione del semplice individuo a übermensch (“superuomo”, appunto): da cammello indolente e “metodico”, oppresso dall’etica della fede e della morale, l’uomo accetta la “morte di Dio” (quindi della religione e del suo conseguente codice morale) e risorge impavido come un libero leone vigoroso. Dopo aver reciso le pesanti catene del pensiero collettivo, assume le sembianze di un fanciullo nuovo, pronto ad approcciarsi al mondo con “stupore e meraviglia”. Dunque l’uomo deve accogliere intrepido il tramonto della tradizione occidentale, per abbracciare una nuova visione del mondo in cui diventa egli stesso l’artefice e l’autore del destino.

L’analisi della poesia a Nietzsche

A FRIEDRICH NIETZSCHE

Ecco il grave cammello languire
col peso del dogma più avvilente
che tanto lo induce a soffrire
sebbene sia metodico credente:

ma leone lui sembra divenire,
dalla fastosa criniera possente
e mostra le fauci all’imbrunire
della tradizione d’occidente.

Dalle ceneri del triste passato
risorge un intrepido fanciullo,
colui che sempre ha tanto sperato

che l’ardore suo non diventi nullo:
diviene artefice del tracciato
non confidando nel credo fasullo.

Davide Chindamo, tratto da Apollo (Transeuropa, 2020)

Le quartine

Nella prima strofa il “cammello” allude dunque all’uomo comune, all’individuo omologato e omologante nella centrifuga della società: essendo “metodico credente” è costretto a “soffrire”, dato che la religione impone ai suoi discepoli precetti morali rigidi e precisi, senza che si possano esprimere le proprie volontà. Successivamente la seconda strofa presenta il grande e ruggente “leone”, che liberatosi dal “dogma” ammonisce le nefandezze del credo occidentale mostrando le sue “fauci”. E la “tradizione dell’occidente” è proprio quel complesso codice comportamentale che ha prodotto le masse informi, con quel tipico approccio monotono che sfocia nella noia abitudinaria.

Le terzine

Infatti è proprio con il verso “dalle ceneri del triste passato” che si apre la prima terzina: il passato è definibile “triste” perché Nietzsche ambiva a condurre una vita dettata dai suoi gusti estetici e morali, un’esistenza diretta dalle sue preferenze e dalla sua concezione di etica, senza continuare a naufragare sulle onde delle regole altrui.

“Triste” perché appiattiva e non esaltava il singolo, eliminava la meritocrazia e l’affermazione personale. Ma è proprio in contrapposizione a queste “ceneri” che sorge un “intrepido fanciullo”, come un’araba fenice: un uomo diventato “superuomo”, cioè in grado di plasmare il suo domani e di gestire le masse vacillanti e smarrite dopo questo radicale stravolgimento.

Un uomo che incarna perfettamente lo spirito “dionisiaco”, quello spirito libero anticipatamente elaborato da Friedrich Nietzsche ne La nascita della tragedia del 1872 (in contrapposizione allo spirito “apollineo”).

Un uomo capace di affermarsi nella società come individuo e non come numero, lottando contro il livellamento del progresso. Infine la conclusione, grazie ai versi dell’ultima terzina, presenta un essere intraprendente che si incammina lungo questo “tracciato”, metafora dell’esistenza, mentre rifiuta convinto il “credo fasullo” della fede.

di Davide Chindamo

Davide Chindamo

Nato nel 1998, sono caporedattore della sezione Cultura.
Sono laureato in Scienze dei Beni Culturali, laureando in Filologia moderna e futuro dottore di ricerca in Letteratura. Sono un dandy appassionato di letteratura, filosofia e storia dell’arte. Ma la mia più grande vocazione è la scrittura: ho pubblicato due raccolte di poesie, intitolate "Apollo" (2020) e "Allegrezza solitaria" (2021), e un romanzo, "Il trionfo dell’Arte" (2022).
Collaboro con Aliseo per dimostrare l'assoluta modernità delle materie umanistiche e per difendere la loro natura profetica.

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