Abbonati

a

Scopri L’America dopo l’egemonia

L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

La corsa alle materie prime dell’Africa tra Cina e Stati Uniti

La corsa alle materie prime dell’Africa tra Cina e Stati Uniti

Lโ€™Africa รจ ricca di minerali utili per la transizione energetica. Il mercato รจ dominato dalla Cina, ma il rallentamento economico di Pechino e le posizioni degli stati africani aprono degli spazi agli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti, durante lโ€™amministrazione Biden, si sono postiย lโ€™obiettivoย di investire e far crescere lโ€™industria interna delle auto elettriche entro ilย 2030. In questo contesto, Washington ha un problema: dipende dalla Cina per lโ€™approvvigionamento dei minerali strategici perย lโ€™economiaย green.

Il mercato dei minerali fondamentali per la transizione รจ in gran parte controllato dalleย aziende cinesi. Grazie agli investimenti in Africa degli ultimi ventโ€™anni, la Cina si รจ assicurata il controllo dellโ€™estrazione dei minerali, ed ha investito in modo massiccio nellโ€™industria di processo e trasformazione in patria, diventando ilย principaleย esportatoreย dei precursori utilizzati per creare leย batterie delle auto elettriche.ย 

L’Africa e i minerali fondamentali per la transizione green

Secondo i dati dellโ€™African Natural Resources Center (Anrc), circa il 30% delle riserve di minerali necessari per la transizione energetica si trova nelย continente africano.ย Elementiย come cobalto, grafite, rame, nickel e litio sono essenziali per la produzione di batterie e circuiti integrati, utilizzati per la realizzazione di auto elettriche e componenti per la transizione energetica.

Lโ€™International Energy Agency (Iea) riporta che lโ€™industria che produce tecnologia pulita nelย 2040ย avrร  bisogno di una quantitร  di minerali pari a quaranta volte quella impiegata nelย 2020. Il modello cinese, basato sullโ€™estrazione in Africa e la raffinazione in casa, รจ ben strutturato ed ha un vantaggio di circa ventโ€™anni rispetto agliย Stati Uniti, tuttavia, una serie di elementi potrebbero aprire loro degli spiragli di azione.ย 

Il primo riguarda ilย rallentamentoย dellโ€™economia cinese osservato a partire dal 2020, unito al calo degli investimenti negli Stati africani. Il secondo รจ legato proprio alla postura internazionale e agli obiettivi di molti di questi.

Infatti, negli ultimi anni si puรฒ osservare unaย volontร ย dei Paesi ricchi di minerali, in primo luogo Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Zambia e Zimbabwe, di interrompere il modello โ€œestrattivoโ€ ed iniziare a creare unโ€™industria di processo dei minerali autoctona, con lโ€™obiettivo a lungo termine di dare vita ad un settore manifatturiero deiย componentiย per le auto elettriche in Africa.ย 


Gli Stati africani sono in cerca di un nuovo modello di sviluppo, che li allontani dal ruolo di esportatori di materie prime. Se gli Stati Uniti sapranno cogliere questo interesse con i giustiย investimenti, potrebbero avere unโ€™opportunitร  per recuperare terreno sulla Cina.ย 

I minerali africani e il modello cinese

La posizione dellaย Cinaย in Africa รจ ancora forte, in particolare nel settore minerario, dove Pechino ha decenni di vantaggio su Stati Uniti ed alleati (Unione Europea, Australia, Canada, Giappone). Dai primi anni del 2000 la Repubblica Popolare Cinese ha aumentato in modo costante i suoi investimenti diretti (Foreign Direct Investimenti, FDI) nei Paesi africani, passando da 75 milioni di dollari nel 2003 ai 4.2 miliardi nel 2020.

Anche il commercio traย continenteย africanoย e Cina รจ aumentato, da dieci miliardi di dollari nel 2000 a 254 miliardi nel 2021, quattro volte ilย valoreย del commercio tra Africa e Stati Uniti. Da quando รจ stata lanciata nel 2013, gli investimenti in Africa sono ricaduti sotto lโ€™ombrello della Belt and Road Iniziative, la cosiddetta Nuova via della seta cinese.

Gliย investimentiย cinesi sono stati mirati, con meccanismi che hanno intrecciato il settore delle infrastrutture a quello dellโ€™estrazione mineraria. Grazie a questa strategia, le aziende cinesi controllano il mercato di estrazione e raffinazione di cobalto, nickel, rame e litio.

Laย Repubblicaย Democratica del Congoย produce tra il 60-70% del cobalto mondiale, di cui gran parte รจ estratto e lavorato da aziende cinesi, le quali possiedono o hanno azioni in 15 miniere su 19 totali; la China Molybdenum Company, ad esempio,ย possiedeย lโ€™80% della piรน grande miniera di cobalto del Congo (Tenke Fungurume).ย 

Gli investimenti cinesi in Africa sono caratterizzati da accordi bilaterali tra il governo di Pechino ed i vari governi africani, ed hanno seguito due modelli principali. Il primo รจ definito โ€œprestiti in cambio di risorseโ€, cioรจ degli investimenti diretti a enti governativi o ad aziende di stato, sotto forma di prestiti ripagati direttamente tramite le risorse naturali estratte o tramite i proventi dovuti alla vendita di tali risorse. Questo modello รจ stato molto utilizzato sia per gli idrocarburi, ad esempio in Angola, che per le risorse minerali.

Il secondo modello รจ definito โ€œrisorse in cambio di infrastruttureโ€. Questo modello ha coinvolto il Congo, che nel 2007 ha firmato un accordo con Pechino, nel quale la Cina si impegnava a costruire infrastrutture per tre miliardi di dollari in cambio dello sfruttamento delle risorse minerarie.

La miniera di Coltan di Luwowo, nella regione congolese del Nord Kivu (2014)

Le (piccole) crepe nel sistema cinese 

A febbraio 2024 il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha pubblicato unย reportย in cui analizza lo stato delle relazioni economiche traย Repubblica Popolare Cineseย ed il continente Africano.

Nel documento si riporta lโ€™andamento degli investimenti cinesi negli stati africani, che hanno raggiunto un picco nel 2016 per poi decrescere costantemente. Il Fmi sostiene che in futuro lโ€™approccio di Pechino sarร  piรน cauto, in termini di investimenti e prestiti in Africa, per diverse ragioni.ย 

La prima รจ che, a causa delย Covidย prima e dellaย crisi immobiliareย in Cina dopo, lโ€™economia della Repubblica Popolare รจ in una fase di rallentamento. Inoltre, il settore delle costruzioni cinesi in Africa ha ridotto i guadagni ogni anno dal 2020 al 2024, con la conseguente diminuzione anche della presenza diย lavoratoriย cinesiย nel continente.ย 

Il modello โ€œprestiti in cambio di risorseโ€ si รจ dimostrato poco affidabile, in quanto troppo legato allโ€™oscillazione del prezzo delle materie prime. Ad esempio, ilย crollo del costo dei mineraliย nel 2015 ha messo in grave difficoltร  gli stati africani dipendenti dallaย venditaย di minerali per ripagare i prestiti cinesi.

Anche il modello โ€œrisorse in cambio di infrastruttureโ€ mostra dei lati negativi, sia per il leggero calo dei profitti delle aziende di costruzioni cinesi, sia per ilย nuovoย approccioย dei Paesi africani, che tendono a non accontentarsi piรน delle briciole.

Come nel caso della Rdc, nel quale un accordo del 2003 prevedeva investimenti diย tre miliardiย dalla Cina a fronte di un valore dellโ€™estrazione delle materie prime stimato intorno ai cento miliardi di dollari; ad inizio 2024 il governo congolese ha rinegoziato lโ€™accordo, con lโ€™appoggio americano, portando gli investimenti di Pechino a sette miliardi, dopo una prima richiesta di arrivare aย venti miliardi.

La Cina continua ad avere un vantaggio decennale sui minerali africani, tuttavia le analisi suggeriscono che nei prossimi anni agirร  con investimenti ridotti, mirati e differenziati, e dovrร  rimodulare il proprio rapporto diplomatico e commerciale con gli Stati africani. 

Come l’Africa vuole sfruttare i suoi minerali

Gli investimenti cinesi in Africa sono concentrati nella regione centro-sud, in Paesi come Angola, Repubblica Democratica del Congo, Zambia, Zimbabwe. Se nel primo decennio del 2000 ilย modelloย cinese sembrava lโ€™unico possibile per i Paesi africani, negli ultimi anni alcuni di loro hanno cominciato a ripensare il loroย rapportoย con Pechino.ย 

La strategia dei Paesi ricchi di risorse minerali per la transizione energetica prevede di smettere di essere esportatori di materie prime non lavorate. Alcuni Stati vogliono cominciare adย attrarreย investimenti per creare unโ€™industria manifatturiera africana, con lโ€™obiettivo a lungo termine di fabbricare prodotti ad alto valore, come precursori, catodi per le batterie o batterie pronte allโ€™installazione sulle auto.ย 

Paesi come Zambia e Rdc hanno realizzato che gli accordi con leย aziendeย cinesiย non sono molto diversi dal modello estrattivo adottato dagli europei nel Novecento (o ancora oggi). Poca trasparenza, scarsa attenzione verso i diritti umani e lโ€™ambiente, ed una bilancia dei benefici economici a vantaggio di Pechino.

Come riportato da Reuters, negli ultimi anni diversi Stati africani, tra cui Rdc, Nigeria, Zambia e Zimbabwe hanno ridotto o sospeso laย possibilitร  di esportare mineraliย puri non processati. Al 2024, infatti, solo una scarsa percentuale dei minerali estratti in Africa viene lavorata nel continente.

Rdc e Zambia hanno annunciato una collaborazione per creareย zoneย economicheย specialiย dove attrarre degli investimenti per creare una filiera africana di batterie per auto elettriche. Nonostante i dettagli siano pochi, la notizia รจ esemplificativa della postura dei Paesi africani. Anche lโ€™African Green Minerals Strategy, elaborata dallโ€™Unione Africana, va nella direzione diย aumentareย iย beneficiย dellโ€™estrazione mineraria per i cittadini africani.

Lโ€™Africa ha ancora molti problemi da risolvere, legati alla sicurezza e alla stabilitร  politica, per essere competitiva ed attrarre investimenti favorevoli. Iย Paesiย africaniย non sono ancora pronti per bandire lโ€™esportazione di materie prime, in quanto non hanno ancora risorse economiche alternative; ma nel prossimo futuro lo scenario potrebbe cambiare.

A complicare la situazione degli investimenti in Africa รจ il fatto che molte delle aree di interesse minerario si trovano in regioni molto pericolose, come quella del Nord Kivu, nella Rdc

La sfida degli Stati Uniti

Ogni anno, a Cape Town (Sudafrica), si tiene lโ€™African Mining Indaba, la piรน importanteย conferenzaย del settore minerario africano. Il giornale The Africa Report ha raccontato che durante lโ€™edizione del 2024 unaย domandaย รจ stataย rivoltaย alla delegazione statunitense: โ€œperchรฉ gli Stati africani dovrebbero commerciare con voi (Usa, ndr), piuttosto che con altri partner?โ€.

Questa domanda รจ esplicativa, in quanto i Paesi africani hanno bisogno dei capitali stranieri, soprattutto nel settore dellโ€™energia e delle infrastrutture, ma allo stesso tempo possonoย mantenersiย equidistantiย a livello geopolitico da Stati Uniti e Cina. Ciรฒ che conta รจ la concretezza nelle azioni ed i benefici.

Ad Indaba, da qualche anno, la delegazione americana รจ sempre piรน folta. Gli Stati Uniti vogliono creare unaย propriaย filieraย della tecnologia verde, ma dei trentacinque minerali ritenuti strategici dallโ€™amministrazione statunitense, trentunoย dipendonoย dalle forniture cinesi.ย 

Con lโ€™Inflaction Reduction Act (Ira), rilasciato nellโ€™agosto del 2022, lโ€™amministrazione Biden ha introdotto un bonus massimo di 7.500 $ per comprare unโ€™auto elettrica, valido dal 2025, che perรฒ puรฒ essere utilizzato solo se lโ€™auto rispetta alcuniย criteriย costruttivi, come avere una certa percentuale di minerali estratti o processati negli Stati Uniti o in Paesi con cui gli Washington ha un accordo di libero scambio

Anche le batterie devono avere una certa percentuale diย componentiย made in Usa o nei Paesi partner commerciali. Questa mossa si puรฒ leggere come un passo importante per recuperare terreno sulla Cina e riportare la produzione di batterie in casa.

Nel 2022 gli Stati Uniti hanno poi firmato un memorandum di intesa (MoA) con Zambia e Rdc, per creare una filiera comune diย produzioneย di batterie per veicoli elettrici. Nonostante un memorandum non sia un accordo vincolante, serve ad esplorare le possibilitร  diย sfidareย la supremazia cinese sui minerali africani.ย 

Gli Stati Uniti potrebbero adottare diverse strategie. La prima consiste nel stipulare degli accordi con i Paesi africani, in modo da rendere le auto elettriche realizzate con iย mineraliย africaniย compatibili con gli incentivi, a patto che tali minerali siano processati in loco o sul territorio americano.

La seconda opzione รจ data dallโ€™African Growth and Opportunity Act, un accordo commerciale tra Stati Uniti e Paesi africani firmato dal presidente Clinton e che deve essere rinnovato nelย 2025. Il rinnovo potrebbe racchiudere nuove clausole per rendere i minerali africani accettabili per gli incentivi delโ€™Ira.ย 


Infine, una terza via sarebbe quella di favorire un clima positivo per gliย investimentiย privatiย nellโ€™industria manifatturiera africana, in modo da creare una filiera Usa-Africa delle auto elettriche, in cui gli Stati africani producono componenti ad alto valore, come catodi e batterie, che poi vengono assemblati negli Stati Uniti. Questa sembra la prospettiva piรน in linea con leย aspirazioniย africane, e che potrebbe differenziare il modello americano da quello cinese.ย 

Una soluzione del genere ha molte incognite, legate allโ€™altoย rischio di investimento negli stati africani. Il governo americano dovrร  essere in grado di iniziare un processo diย de-risking, cioรจ ridurre i rischi di perdita di capitali delle aziende private, in un settore, quello del trattamento dei minerali, che richiede risorseย finanziarie ingenti. Con questo approccio, gli Stati Uniti potrebbero sfruttare gli spiragli nel sistema dominato dalla Cina.

Foto in evidenza: Dame Yinka; Foto nell’articolo: 1) By MONUSCO Photos – SRSG visits coltan mine in Rubaya, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32468720; 2) By MONUSCO Photos – Quarry nearby Goma – North Kivu, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=46293774

La newsletter di Aliseo

Ogni domenica sulla tua mail, un'analisi di geopolitica e le principali notizie sulla politica estera italiana: iscriviti e ricevi in regalo un eBook di Aliseo

Giovanni Lorenzo Restifo

Giovanni Lorenzo Restifo

Laureato in Ingegneria dell'Energia, ho svolto attivitร  di ricerca nel campo delle politiche energetiche e mi occupo di giornalismo e divulgazione. Scrivo di politica estera, energia e tecnologia, con focus sui paesi del sud globale. Nato e cresciuto in Sicilia, al momento vivo a Trieste.

Dello stesso autore

In evidenza

Aliseo sui social