Sembrava che non dovesse spettare piรน al tema migratorio lโingrato compito di infiammare la cronaca quotidiana e gli animi Italiani ed Europei; sembrava che con lโeclissi politica di Salvini sarebbero tramontate tutte le problematiche connesse agli sbarchi. E invece no, il problema cโรจ, e la soluzione chissร .
Le distorsioni informative sono prassi diffusa e generano senza riguardi banalizzazioni e strumentalizzazioni di un fenomeno estremamente complesso, impossibile da canalizzare in slogan elettorali. Come normale, ciascuna corrente politica propone la propria narrativa, sui social infiammano polemiche e sentimenti poco razionali.
Immigrazione e consapevolezza
Cโรจ bisogno di consapevolezza, e per questo occorre innanzitutto ricordare che gli Stati-nazione, per il fatto stesso di esistere, devono dotarsi di confini, e che tali confini implicano contestualmente un movimento di inclusione e di esclusione: chi sta dentro e chi sta fuori. ร dunque perfettamente normale che lo straniero susciti sentimenti di distanza sociale, come la sociologia ha spesso indicato; lo stesso Bauman ha affermato che ogni societร produce i suoi stranieri. Lโimmigrazione รจ qualcosa che perturba, dunque, lโordine nazionale, e lโimmigrato costituisce indiscutibilmente un valore, per cosรฌ dire, โdisturbanteโ in relazione al regime costitutivo degli Stati-nazione.
Al fine di evitare fraintendimenti รจ necessario ricordare che esiste una contrapposizione tradizionale allโinterno della politologia: la distinzione tra gli โamiciโ (gli insider, gli uguali) e i โnemiciโ (gli outsider, i diversi). La societร si aspetta da parte degli insider una lealtร implicita, che gli garantisca loro i diritti che gli spettano in quanto tali; sullโoutsider emerge invece la necessitร di esercitare un controllo, il che non fa corrispondere un automatismo nella concessione degli stessi diritti e benefici di cui usufruiscono i cittadini.
In termini strettamente giuridici, a seconda di come la posizione dellโimmigrato si relaziona con la legge del luogo che lo ospita, costui puรฒ essere considerato: un rifugiato politico, un immigrato economico regolare, o un immigrato irregolare.
Le politiche migratorie sono lo strumento attraverso il quale uno Stato stabilisce i criteri per cui i non-cittadini possono entrare e soggiornare in quel Paese. Tendenzialmente ogni Stato stabilisce le proprie politiche migratorie, in virtรน della sua sovranitร territoriale, sebbene possa decidere di impegnarsi in programmi che coinvolgano piรน attori allโinterno dello scenario internazionale. In Italia, ad esempio, i cittadini dellโUnione Europea non necessitano del permesso di soggiorno se si stabiliscono in un altro Paese dell’Ue.
L’immigrazione in Italia
La legge italiana, in termini di regolamentazione dei flussi migratori, non รจ molto dissimile da quella degli altri Stati europei: essa prevede che il Governo fissi ogni anno delle quote di ingresso in virtรน delle quali รจ possibile addirittura richiamare persone dallโestero, offrendo posti di lavoro. Non bisogna dimenticare che ci sono stati anni in cui in Italia le quote erano piรน alte di quelle del Canada, Paese che tradizionalmente investe nellโimmigrazione (filtrata allโingresso perรฒ!).
Dopo la crisi economica del 2008, con tutti i problemi di collocamento ad essa connessi, รจ facile intuire come le quote di ingresso in Italia siano state quasi azzerate, sebbene i governi del momento abbiano deciso di approfittare della situazione per regolarizzare in massa chi si era giร stanziato sul territorio in modo irregolare negli anni precedenti; una distorsione del meccanismo che non ha arrestato realmente i flussi e le cui conseguenze funzionali non hanno tardato a farsi sentire.
Per analizzare il fattore โnegativoโ dellโimmigrazione (non in termini di giudizio), corrispondente a quando e perchรฉ un migrante va considerato irregolare, รจ necessario comprenderlo in relazione al fattore โpositivoโ, corrispondente a quando e perchรฉ un immigrato va considerato regolare.
Questa faccia dellโimmigrazione puรฒ essere ripartita in: immigrazione economica e immigrazione non economica (questโultima rappresentata dallโimmigrazione di tipo politico e dal โvorticeโ dei ricongiungimenti familiari). La distinzione tra immigrazione economica e non economica รจ fondamentale perchรฉ la prima rappresenta lo scarto con cui uno Stato puรฒ regolare e gestire il numero dei suoi ingressi. Richiedere asilo per ragioni economiche, infatti, non รจ considerato uno dei diritti fondamentali della persona che le democrazie occidentali si pongono di garantire in chiave universalistica; al contrario lo รจ, perรฒ, il ricongiungimento familiare o la richiesta di protezione internazionale per motivi politici.
Si puรฒ tuttavia osservare come, allโatto pratico, un migrante che giunge per ricongiungimento familiare non รจ cosรฌ diverso da un migrante economico, e il suo arrivo produce effetti rilevanti sulla societร che lo ospita. Per questo, se non viene abilmente regolamentata la politica degli ingressi per ragioni economiche, rischia di innescarsi quel vortice incontrollabile di cui si รจ accennato poco fa, dal momento che nessuno Stato desidera perdere il controllo sui propri territori, per la tutela e garanzia che, in quanto persona giuridica della comunitร che lo costituisce, esso deve ai suoi cittadini.
La convivenza
Proprio in relazione al fatto che in materia migratoria i Paesi non democratici possono (di fatto) permettersi una maggiore arbitrarietร nelle scelte, la concessione del permesso di soggiorno a termine รจ uno dei modi che ha lo Stato democratico ha per controllare le presenze. In ogni caso, le distinzioni sui tipi di immigrazione non corrispondono veramente alla realtร dei fatti, e tanto meno alla volontร delle persone. Le categorie sono sempre qualcosa di molto utile, ma di estremamente astratto. Quando lโimmigrazione di persone sole diviene unโimmigrazione di tipo familiare, lโimpatto sul Paese ospitante รจ molto piรน grande. Sorgono tante problematiche quali lโinclusione nelle scuole, lโaccesso al welfare, al mercato del lavoro, la cittadinanza, e cosรฌ via.
Le questioni piรน complesse sono perciรฒ quelle che riguardano la convivenza inter-etnica e non quelle relative allโimmigrazione โnuda e crudaโ. I problemi maggiori interessano quelle che vengono chiamate seconde generazioni, ovvero i bambini che nascono sul territorio nazionale o che arrivano in etร scolare o prescolare (seconda generazione detta โimpropriaโ), nonchรฉ coloro che raggiungono genitori o parenti tra i 16 e i 17 anni (seconda generazione detta โspuriaโ), dal momento che a 18 anni รจ prevista la perdita del diritto al ricongiungimento familiare.
Per comprendere i rivolgimenti, tanto nella societร quanto nella coscienza, che interessano questo fenomeno, occorre ricordare che le seconde generazioni non scelgono di vivere in un posto o in un altro, come รจ stato invece per i loro genitori: la prima generazione tende ad avere uno spirito di sacrificio e adattamento molto piรน accentuato, poichรฉ le difficoltร costituiscono il frutto di una scelta consapevole; la seconda generazione ha subito le scelte di chi lโha preceduta e si aspetta un riconoscimento dalla societร che molto spesso non arriva, dando luogo a drammatici conflitti identitari nei singoli soggetti.
Tanti modelli di integrazione hanno dimostrato la loro inidoneitร proprio nel delicato passaggio tra prima e seconda generazione, che in Francia e Germania ha avuto luogo negli anni ’80, ma che lโItalia sta vivendo proprio in questi anni. Un errore diffuso รจ quello di chi analizza lโimmigrazione da una prospettiva sostanzialmente unilaterale. ร fondamentale ricordare che lโimmigrato giunto in un luogo, รจ lโemigrato proveniente da un altro luogo.
Calandosi un momento nei panni dei Paesi di provenienza, si puรฒ facilmente comprendere come questi non abbiamo interesse alcuno che lโemigrazione dei propri membri divenga definitiva, specialmente se si tratta di esodi di interi nuclei familiari. Il migrante economico temporaneo che lavora allโestero, infatti, invia nel Paese dโorigine cospicue quantitร di denaro.
Il โmito del ritornoโ รจ, inoltre, qualcosa di molto presente nelle famiglie immigrate per ragioni economiche, e ciรฒ spiega perchรฉ spesso non cโรจ meno propensione allโintegrazione. Il ritorno, tuttavia, dovrebbe avvenire dopo il raggiungimento di un certo grado di successo, pena il divenire sintomo di fallimento e causa di disprezzo da parte della comunitร dโorigine.
I rifugiati
Sempre nel contesto dellโimmigrazione non economica regolare, si inserisce la problematica relativa al rifugio politico. La convenzione di Ginevra del 1951 si รจ preoccupata di stabilire chi fosse il rifugiato politico, che oggi viene spesso indicato come โrichiedente asiloโ. L’articolo 1 della Convenzione, come modificata dal protocollo del 1967, stabilisce la seguente definizione di rifugiato:
ยซChiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non puรฒ o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non puรฒ o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarviยป.
A prescindere dalla generalizzazione estrema, vizio di forma di molti trattati internazionali del secondo dopoguerra, tale convenzione si inserisce nel contesto della decolonizzazione e della Guerra Fredda. Il rifugiato, al tempo (in una certa misura anche oggi, a partire dall’Ucraina) era tendenzialmente colui che scappava dal blocco sovietico, al quale lโOccidente, pur di sancire la propria superioritร morale e materiale, avrebbe garantito la propria protezione.
Le differenze rispetto alla situazione odierna sono sostanzialmente due: allโepoca, sfuggire al regime di Mosca non era affatto semplice e dunque si trattava di un viaggio quasi esclusivamente individuale, o comunque ristretto a pochi โfortunatiโ individui. Oggi la migrazione di โrifugiatiโ รจ collettiva ed รจ parte di un meccanismo che si autoalimenta anche per via degli interessi convergenti di piรน attori (leciti e illeciti, legali e criminali), tanto che si parla di una vera e propria industria dellโimmigrazione.
In piรน, la questione dei diritti umani non fa che complicare inevitabilmente le cose: le democrazie occidentali hanno, infatti, progressivamente allargato lo spettro delle categorie sociali che potenzialmente hanno bisogno di protezione. In alcuni casi lโagente persecutore del richiedente asilo non รจ il Governo, bensรฌ le famiglie o altri soggetti privati che, secondo la legislazione del Paese dโorigine, possono agire e operare indisturbati.
Al contempo, vi sono sempre piรน casi in cui persone mosse da solidarietร infrangono la legge in virtรน di ragioni umanitarie (si ricordi ad esempio i casi italiani del sindaco di Riace o di Carola Rcakete), mettendo in discussione i principi giuridici cardine in base ai quali i Paesi governano i fenomeni migratori. La violazione della legge non solo รจ usuale, ma รจ addirittura esibita, in nome di qualcosa che viene giudicato piรน importante e giusto, capace di sovrastare il Diritto vigente. Si tratta di una vera e propria azione politica condotta spesso da attori non statali, come le organizzazioni non governative.
In conclusione: capire l’immigrazione
Un altro dei rischi cui si va incontro con la retorica dellโaccoglienza, รจ la perdita di vista del caso reale in cui cโรจ veramente bisogno di asilo politico. La legge italiana, ad esempio, tutela il minore a prescindere, ma il rischio perverso di questa norma รจ che le famiglie usino il minore per crearsi un varco in un altro Paese, innescando poi il processo dei ricongiungimenti familiari, oggi principale causa di immigrazione nei Paesi europei. Questo spiega bene il motivo per cui le migrazioni hanno la tendenza ad autoperpetuarsi. Le scelte e le non scelte in politica migratoria hanno delle enormi conseguenze sul disvelamento del fenomeno stesso.
La legislazione in materia migratoria e di cittadinanza รจ ovviamente controversa e complessa, nonchรฉ soggetta a potenziali modifiche: ciรฒ che รจ importante far notare รจ come non tutti gli immigrati abbiamo nei fatti gli stessi diritti. Ad esempio, chi possiede piรน passaporti gode certamente di piรน diritti e opportunitร (anche lavorative) in senso assoluto, rispetto a chi ne ha uno solo.
Non cโรจ un perchรฉ in realtร : certamente questo surplus di diritti e opportunitร rispetto alla media non รจ connesso a particolari meriti o a una statura morale superiore. Certe prerogative sono molto spesso accidentali, frutto del caso.
Parlare di diritti in senso assoluto puรฒ cambiare dunque tutte le carte in tavola e puรฒ risultare piuttosto rischioso; il carattere universalizzante e sovrastatale dei diritti umani, puรฒ erodere seriamente il fondamento, la ragion dโessere degli Stati e dei rapporti tra questi costituita dalla โsovranitร โ. Senza di essa lo Stato รจ impotente e ingovernabile, inutile e incapace non solo di rispondere alle esigenze dei suoi cittadini ma, paradossalmente, anche alle istanze di coloro che spererebbero o necessiterebbero di essere ospitati.
Foto in evidenza: Mstyslav Chernov/Unframe – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=46776361