In Austria Fridays for Future critica gli ambientalisti, mentre i conservatori crollano nei sondaggi
Le chiamano greencons: sono le alleanze tra i partiti ambientalisti e quelli conservatori. Quando nel giugno 2020 lo stallo politico in Irlanda si risolse con un governo di coalizione tra centrodestra e verdi, il prestigioso settimanale Economist scrisse un lungo e dettagliato articolo sull’avvento delle “greencons alliances”, che oltre a Dublino sono al governo in Austria e in alcuni importanti länder della Germania. L’analisi evidenziava come gli attuali partiti ecologisti siano più maturi e disposti al compromesso rispetto a qualche anno fa, mentre il centrodestra è sempre più ricettivo verso tematiche di carattere ambientale, come dimostrano per esempio le esperienze di Angela Merkel e Boris Johnson. Le differenze però rimangono forti e i nodi iniziano a venire al pettine.
Il caso austriaco
La prima grande alleanza tra verdi e conservatori avvenne in Austria. Nel gennaio 2020, il leader del centrodestra Sebastian Kurz annunciò il raggiungimento di un accordo di governo con i verdi. La notizia, sebbene i numeri in Parlamento la rendessero possibile, giungeva come una sorpresa. Kurz aveva precedentemente spostato il baricentro del suo Partito Popolare (ÖVP) decisamente a destra, alleandosi nel 2017 con i nazionalisti del Partito della Libertà (FPÖ). La coalizione era però naufragata due anni dopo a causa del cosiddetto “Ibiza Gate”: il leader del FPÖ Heinz Christian Strache venne registrato sull’isola spagnola mentre prometteva favori alla Russia in cambio di finanziamenti a una presunta nipote di un oligarca di Mosca.
Una nuova alleanza con i nazionalisti non era dunque più possibile e Kurz si rivolse dunque ai verdi. L’accordo prevedeva di affidare agli ecologisti un nuovo superministero ambientale e impegnava l’Austria a raggiungere la neutralità climatica entro il 2040, 10 anni prima di quanto preveda di farlo l’Unione europea. In cambio i popolari avrebbero mantenuto la linea dura sull’immigrazione, un tema molto sentito nella base del partito.
La coalizione ha resistito alla caduta di Kurz nel 2021 e alle dimissioni del suo successore Alexander Schallenberg. Oggi l’alleanza è guidata dall’attuale cancelliere Karl Nehammer, ma non si può dire che sia in salute. La branca austriaca di Fridays for Future ha scritto una lettera all’esecutivo, accusandolo di insufficiente azione dal punto di vista climatico “non perché non ve ne fosse l’opportunità, ma per scarsa capacità a governare”. Uno smacco pesante per i verdi, che sul sostegno dei giovani seguaci di Greta Thunberg avevano puntato molto.
Le cose però non vanno molto bene nemmeno per l’ÖVP. Il segretario generale del partito Laura Sachslehner si è dimessa pochi giorni fa in polemica con la decisione del governo di dare lo stesso importo di “bonus climatico” (un aiuto alle famiglie proveniente dalle tasse sull’emissione di anidride carbonica) ad austriaci e richiedenti asilo. “Se un richiedente asilo riceve la stessa cifra degli austriaci che si svegliano al mattino per andare al lavoro e pagano le tasse, questo non può più essere il mio posto”, ha dichiarato la ormai ex segretario generale del Partito Popolare. Vari membri influenti del partito hanno applaudito la scelta di Sachslehner: la leadership del cancelliere Nehammer è vista da molti conservatori come troppo debole.
A causa dei continui compromessi e dissapori, sia popolari che verdi austriaci sono in netta difficoltà nei sondaggi. I primi sono addirittura in caduta libera, stimati al 21% dopo aver preso il 37,5 solo tre anni fa, mentre i secondi scendono dal 13,9% delle ultime elezioni all’attuale 10. Nell’altro Paese a guida “greencons”, l’Irlanda, reggono invece nei sondaggi i due partiti “cons”, Fine Gael e Fianna Fàil, mentre i verdi sono oggi stimati a un misero 2%, quando presero invece il 7% nelle elezioni del 2020. Dove ecologisti e conservatori sono al governo insieme insomma, i loro partiti soffrono di crisi di consenso.
Germania: possibile alleanza verdi e centrodestra?
Diversa invece la situazione in Germania. Qui a livello federale i verdi sono al governo con socialdemocratici e liberali, ma la situazione è molto più sfaccettata a livello locale. Ben cinque länder (le regioni tedesche) sono guidati da coalizioni tra i democristiani della CDU e gli ecologisti, compresi gli importanti Nordreno Vestfalia e Baden Württemberg. Nelle regioni orientali della Sassonia e del Brandeburgo i due partiti sono al governo insieme anche ai socialdemocratici. Una collaborazione ormai rodata, con i leader nazionali che si sono più volte espressi con toni possibilisti sul governare in futuro insieme anche a Berlino. Del resto i verdi tedeschi hanno abbandonato le loro posizioni più oltranziste e la CDU di Angela Merkel è il partito che ha avviato lo storico abbandono del nucleare, storica e fondativa richiesta del movimento ecologista tedesco, da sempre il più forte d’Europa.
Nel sud del continente invece (inclusa l’Italia) gli ambientalisti non sono una realtà importante dal punto di vista elettorale e tendono a collocarsi parecchio a sinistra dal punto di vista economico, rendendo difficile oltre che al momento non necessaria una loro collaborazione con i partiti conservatori. Forse più fattibile lo sarebbe nell’Europa settentrionale, dove compagini ambientaliste forti e leggi elettorali proporzionali potrebbero rendere inevitabile prendere almeno in considerazione la possibilità di una “greencons alliance”, che rimane però una collaborazione difficile.