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Battiato, addio ad un “essere speciale”

Battiato era “un essere speciale”. Ci ha insegnato che “tutto l’universo obbedisce all’amore”

La cura sarà per sempre la nostra cura. La cura di tutti, di generazioni diverse ma con le stesse esigenze. Definirla un inno all’amore è riduttivo, forse banale. Oserei considerarla il ritratto della considerazione. L’amore non è nulla se non si considera la persona che si ha al proprio fianco. Uno sguardo, una carezza, un bacio. Un sorriso, un abbraccio. Battiato, nelle vesti del poeta silenzioso e profondo, ci ha trasmesso questo grande valore. Basti pensare all’incipit del suo capolavoro: “ti proteggerò”. L’essere umano che ama davvero antepone il bene dell’altro al proprio. L’essere umano che ama davvero si cura della persona che considera “un essere speciale”. “Ed io, avrò cura di te” è la dichiarazione d’amore più nobile, ma più difficile.

Ogni strofa, ogni verso, ogni singola parola scaturiscono riflessioni senza eguali. Ho sempre concepito Battiato come un profeta, un veggente, che con la musica intraprendeva carotaggi nell’anima. Aveva questo dono: agire in verticale. Sapeva andare in profondità, oltre il muro dell’approssimazione. Ed ecco che iniziava a navigare mondi sconosciuti, dimensioni irraggiungibili. Amava sperimentare, conoscere e sapere. Il grande merito del suo essere artista? L’impossibilità di darsi dei limiti. Innovativo e conservatore, moderno e senza tempo. Pungente, ironico, spesso incompreso, talvolta compreso male. In una parola: poliedrico.

Franco Battiato, La cura, 1996

Battiato pittore: “Sono fondamentalmente sono un autodidatta. Esistono trucchi bastardi”

Battiato aveva addirittura abbracciato il mondo del cinema in qualità di regista. Ma soprattutto il mondo della pittura. Piccola curiosità: Battiato firmava le sue prime opere con il nome fittizio Süphan Barzani, pseudonimo curdo formato dal nome di un poeta e dal cognome di un condottiero. Gesualdo Bufalino, scrittore e critico d’arte, ha commentato così la produzione pittorica del cantautore: “[…] osservandola con tutti due gli occhi, della natura e della cultura, ne vedremo i colori sposarsi affettuosamente alle note, alle parole, alle meditazioni dell’autore e in quest’alleanza, per non dire connivenza, spiegarci la cifra inconfondibile di un’anima. Angelicità, pudore, tremore devoto di fronte al cangiante velo di Maya delle apparenze”.

In un’intervista alla Stampa del 2010, Battiato ha dichiarato: “Una volta, pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposizione. Come nel caso di uno stonato che non riesce ad emettere la stessa nota che ha in testa. Col tempo ho scoperto invece che avevo un’idea astratta, archetipa, dell’oggetto che osservavo. Quello che mi mancava era la possibilità di coglierlo nella sua esatta forma”.

Gli ultimi periodi: i suoi cari, gli amici e la ricerca dell’Essenza

“Ormai stava sempre in casa, non usciva più da tempo. I dialoghi radi. Parlava pochissimo. E invece fra noi c’era stato un confronto continuo. Condividevo tante idee” dichiara don Orazio Barbarino, parroco del piccolo borgo siciliano di Linguaglossa. E continua: “Lui andava alla ricerca della verità e lo faceva continuamente, in ogni cosa. Il suo verbo era sperimentare, era uno che cercava bellezza ed essenzialità e in tutto questo ci metteva una grande umiltà”.

Esorbitante la quantità di artisti e personaggi del mondo della cultura straziati per la scomparsa del Maestro. Tra i tanti anche Pippo Baudo, conterraneo di Battiato: “Non è stato solo un paroliere e un musicista raffinato, è stato un poeta. Ha raccontato anche la nostra Sicilia, in maniera critica”. Come, del resto, è indimenticabile il ruggito contro l’intero sistema italiano nella canzone Povera Patria del 1991: “Povera patria schiacciata dagli abusi del potere/ Di gente infame che non sa cos’è il pudore”.

Michele, fratello del cantautore, confessa che “nelle ultime ore non ha capito, non c’era più, per sua fortuna avvolto da un coma profondo”. Forse, se analizzassimo il suo trapasso con gli occhi dell’arte, potrebbe essere l’approdo ad un porto sperato, mistico. Un luogo sicuro, a noi ignoto, destinazione di un viaggio metafisico oltre “le correnti gravitazionali”. Un ambiente che non gli ha fatto alzare “bandiera bianca”, ma semplicemente lo ha condotto ad un ennesimo stadio evolutivo.

Battiato, nella sua casa di Milo, ai piedi dell’Etna, era come la ginestra di Leopardi sulle pendici del “Vesevo sterminator”. Lui, l’Artista eclettico, sapeva risorgere come il fiore leopardiano nonostante le rocce aride, per nulla favorevoli, del nostro tempo beffardo. E la sua poesia leggera e granitica ci omaggiava, in silenzio, con una brezza di vita.

Davide Chindamo

Nato nel 1998, sono caporedattore della sezione Cultura.
Sono laureato in Scienze dei Beni Culturali, laureando in Filologia moderna e futuro dottore di ricerca in Letteratura. Sono un dandy appassionato di letteratura, filosofia e storia dell’arte. Ma la mia più grande vocazione è la scrittura: ho pubblicato due raccolte di poesie, intitolate "Apollo" (2020) e "Allegrezza solitaria" (2021), e un romanzo, "Il trionfo dell’Arte" (2022).
Collaboro con Aliseo per dimostrare l'assoluta modernità delle materie umanistiche e per difendere la loro natura profetica.

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