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CARAVAGGIO: la massima celebrazione pittorica della realtà imperitura

di Davide Chindamo

Pensando a Caravaggio viene da sorridere. Ma è un sorriso amaro, di quelli nati da un’incredulità sconcertante, disarmante, senza giustificazioni, perché incapace di accettare le restrizioni di una visione del mondo veramente limitata e limitante.

Pensando a Caravaggio viene da sorridere. Ma è un sorriso amaro, di quelli nati da un’incredulità sconcertante, disarmante, senza giustificazioni, perché incapace di accettare le restrizioni di una visione del mondo veramente limitata e limitante.

Bisogna sapere che fino alla mostra a lui dedicata nel 1951 a Milano, curata dal critico d’arte Roberto Longhi, questo meraviglioso pittore viveva nell’oblio della storia, rinnegato dalla memoria perché fuori dai canoni tradizionali tardo rinascimentali. Per gli amanti della Bellezza, questo sarebbe stato inaccettabile: ecco dunque ripresentarsi il problema di ogni epoca, cioè il rifiuto del talento anticonformista e della sua produzione artistica formidabile, come in questo caso, perché lontano dalla concezione comune. Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio (convinti che fosse natio di Caravaggio, nel bergamasco), esalava oggi l’ultimo respiro a Porto Ercole nel lontano 1571, ignaro che sarebbe divenuto uno dei massimi rinnovatori del tardo rinascimento italiano, promotore del barocco e talento indiscusso della storia dell’arte di tutti i tempi.

La sua fu una vita brevissima, alternata da scandali e fughe, passando per Roma e Napoli, fino ad approdare in Sicilia: problemi con la legge, denunce per diffamazione, episodi di violenza e problemi economici, delineavano la figura tormentata e controversa dell’artista milanese, che raggiunse l’apogeo con la partenza dall’Italia verso Malta il 28 Maggio 1606, evitando la decapitazione per omicidio (la vittima fu Ranuccio Tommasoni da Terni, a causa di uno screzio nel gioco della pallacorda).

Per quanto riguarda sia la tecnica pittorica che lo spirito indomabile, Caravaggio è stato un gioco di luci e ombre, un teatro con una prospettiva nuova, un punto di vista che supera quello cinquecentesco e avvia il mondo dell’arte verso la corrente barocca.

Caravaggio dipinse moltissimo, soprattutto durante il soggiorno romano grazie all’amicizia con il cardinal Francesco Maria del Monte, che lo accolse a Palazzo Madama, e l’apprezzamento del marchese e collezionista Vincenzo Giustiniani: le due versioni di San Matteo e l’angelo, la Vocazione di San Matteo e il Martirio di San Matteo, per la Cappella Contarelli in San Luigi, lo proclamarono autore di spessore nell’Urbe barocca. E’ doveroso rammentare altri due ineguagliabili dipinti del periodo romano, ossia La crocifissione di San Pietro e La conversione di San Paolo (entrambi tra il 1600 e il 1601): evidente la straordinaria convivenza tra elemento umano ed elemento spirituale, la stretta relazione tra materiale e divino, ove il tratto pittorico esalta la natura dell’uomo ma contemporaneamente evoca la sacralità della scena. Caravaggio stesso sosteneva: “Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio”. Un genio eccitante, che scaturisce nell’animo dell’osservatore un’estasi incantevole. Il naturalismo e l’anatomia dei corpi sono paragonabili ad uno scatto fotografico, tanto che l’artista cura nei minimi dettagli ogni elemento dei personaggi: Caravaggio si rivelò talmente lungimirante, progressista e alternativo, che in lui si ritrovano proprio le radici della fotografia moderna. L’ausilio della luce per creare effetti unici, tagli particolari e punti di vista alternativi fanno di questo Maestro dell’Arte un avanguardista spaventoso: in bottega posizionava lanterne in punti precisi e ponderati per ottenere l’effetto desiderato, rappresentandolo fedelmente grazie alla veridicità della situazione. La rivoluzione caravaggesca si riassume nel naturalismo dei suoi soggetti, i quali, magistralmente colpiti da una luce artificiale, escono dalla scena come se fossero attori di un palcoscenico: la brillantezza della loro natura esalta la voluminosità delle forme, rendendoli titanici e incredibilmente realistici. E quando si introduce il tema del “realismo” in Caravaggio, l’argomento tange anche la sfera religiosa perché dagli insegnamenti di San Carlo Borromeo, l’artista nobilita le scene quotidiane dei bassifondi sociali, proponendo soggetti del popolo nelle vesti di santi o apostoli. Ma l’elemento cristiano primeggerà comunque nella vasta produzione a sfondo prettamente cattolico, anche a causa della commissioni spesso ecclesiastiche.

Precipuo della concezione caravaggesca è porre in secondo piano lo sfondo, concedendo così ai suoi personaggi di essere i soli veri protagonisti della scena: spesso l’ambientazione è indefinibile e se presente non sovrasta la perfezione incantevole dei corpi statici o in movimento, sempre in primo piano, con lo spettatore che viene aggredito dalla potenza della realtà, spesso anche cruda e diretta.

Altro elemento innovativo è il dinamismo iniettato da Caravaggio sulla tela: superata ormai la tradizione medievale, rielaborate le introduzioni rinascimentali, portandole ad un estremo emozionante, come ad esempio nell’Incredulità di San Tommaso (1600-1601)e nella Cattura di Cristo (1602), Caravaggio scuote gli animi con gesti, mimiche e posture mai viste prima.

Discutibile eticamente ma straordinario artisticamente: Caravaggio da una tela tetra e oscura, grazie alla sua mano celestiale, ha plasmato esseri lucenti dal tratto scultoreo come se fossero gemme in una grotta angusta.


Davide Chindamo

Davide Chindamo

Nato nel 1998, sono caporedattore della sezione Cultura.
Sono laureato in Scienze dei Beni Culturali, laureando in Filologia moderna e futuro dottore di ricerca in Letteratura. Sono un dandy appassionato di letteratura, filosofia e storia dell’arte. Ma la mia più grande vocazione è la scrittura: ho pubblicato due raccolte di poesie, intitolate "Apollo" (2020) e "Allegrezza solitaria" (2021), e un romanzo, "Il trionfo dell’Arte" (2022).
Collaboro con Aliseo per dimostrare l'assoluta modernità delle materie umanistiche e per difendere la loro natura profetica.

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