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La Cina verso l’Antartide: la via per il Polo sud passa dal Pacifico

La Cina verso l’Antartide: la via per il Polo sud passa dal Pacifico

La regione antartica รจ ricca di risorse e riveste un ruolo non di poco conto nell'agenda del Dragone

Un paese che ambisce allo status di grande potenza, ripetendo il famoso mantra โ€œIf you are not at the table, you will be on the menรน“, deve sedersi, gioco forza, al maggior numero possibile di tavoli di trattative. Piรน si รจ presenti e piรน si รจ influenti e piรน si รจ influenti maggiori saranno i vantaggi che si potranno ottenere non solo in quella particolare partita ma anche in altre apparentemente sconnesse da quelle cui sono puntati i riflettori. Questa logica รจ quella che porta le attenzioni della Cina in Antartide, continente spesso “dimenticato” dalla competizione globale

Perchรฉ la Cina va in Antartide

Lโ€™Antartide, date le premesse, risulta dunque essere un vero e proprio campo di prova. Tutti gli Stati piรน importanti sono seduti intorno al continente ghiacciato ma, fino a qualche tempo addietro, mancava un attore non di poco conto: la Repubblica Popolare Cinese. Gli attori che avanzano rivendicazioni territoriali sono (ufficialmente) lโ€™Argentina, lโ€™Australia, il Cile, la Francia, la Norvegia, la Nuova Zelanda e il Regno Unito, tutte nazioni che vantano motivazioni di carattere storico relativo alla scoperta e allโ€™occupazione o di carattere puramente geografico, dovuto alla continuitร  territoriale. La Cina, che di questi strumenti non dispone, deve agire strategicamente e districarsi tra i vari trattati internazionali.

La placca australiana, comprendente Australia-Nuova Guinea-Nuova Zelanda, e in particolare il suo margine divergente a sud, segna il confine con la placca antartica. Si tratta di una porzione tettonica dunque costituisce una sorta di โ€œautostradaโ€ che collega i questi tre paesi con lโ€™Antartide. Il โ€œgioco antarticoโ€ รจ unโ€™arena in continua evoluzione, in cui gli attori coinvolti, agendo formalmente in nome della cooperazione scientifica, si spartiscono il territorio e le future prospettive strategiche da esso derivanti.

A tal proposito, il primo Libro Bianco sullโ€™Antartide del governo cinese, pubblicato nel 2017, segnala come i tre obiettivi primari di Pechino tra i ghiacci antartici saranno โ€œcapire, proteggere, sfruttareโ€ uno scenario che viene descritto come โ€œun nuovo spazio di ambiente globale che รจ di grande importanza per i processi dello sviluppo umanoโ€ e che, anche se nessuna potenza potrร  mai controllare de iure, in prospettiva bisognerร  sempre tenere monitorato.

Del resto, come Annibal Lecter, le grandi (im)potenze come la Cina โ€œdonโ€™t see people, they see materialsโ€ e lโ€™Antartide possiede una grandissima riserva di fitoplancton, ampiamente utilizzato nellโ€™allevamento di pesci e dalle industrie cosmetiche e acqua dolce, insieme a giacimenti minerari di uranio, ferro, carbone, e nichel e ingenti risorse petrolifere.

La via del Pacifico

โ€œLa leadership di Pechino โ€“ sostiene Anne-Marie Brady, autrice di China as a Polar Great Power โ€“ vede nellโ€™espansione della presenza polare della Prc un modo per dimostrare il suo crescente peso globaleโ€. Pechino, infatti, non nasconde piรน lโ€™ambizione di voler diventare protagonista nella regione antartica: dal 1984 ha finanziato oltre 34 spedizioni e possiede cinque stazioni di ricerca. Fin dal 2013, dโ€™altra parte, la Repubblica popolare cinese ha definito le regioni polari come le โ€œnuove frontiere strategicheโ€ del Paese.

Alla luce di questi dati, non deve sorprendere la recente politica cinese di investimenti nel sud e sud est del Pacifico; in particolare sono stati rilevati alti livelli di indebitamento accumulati da diversi paesi insulari nei confronti della Cina e ciรฒ ha allertato attori prossimi come il Giappone, lโ€™Australia e la Nuova Zelanda. Lโ€™ex ministro degli Esteri giapponese Taro Kono affrontรฒ giร  la questione a margine di un incontro a Wellington tenutosi nel 2018 con il suo omologo neozelandese di allora, Winston Peters.

Negli ultimi anni diversi osservatori hanno lanciato lโ€™allarme per il crescente indebitamento di piccole nazioni insulari come Tonga e Vanuatu, per non parlare delle recenti vicende che hanno visto un significativo avvicinamento delle Isole Salomone a Pechino. Peters affermรฒ che la Nuova Zelanda condivideva la preoccupazione del Giappone riguardo la capacitร  di quei paesi di onorare i loro debiti: โ€œOsserviamo la situazione con grande serietร . Ci chiediamo cosa significherebbe per noi se queste nazioni cedessero proprio gli asset di valore che avevano tentato di sviluppare, e li affidassero al controllo di un altro paeseโ€. Un riferimento nemmeno troppo velato alla Cina. Come risposta a questo avvicinamento da parte del Dragone, lโ€™Australia annunciรฒ lo stanziamento di un fondo di 1,5 miliardi di dollari per il finanziamento di infrastrutture proprio nella regione del Pacifico.

La Cina in Nuova Zelanda

I timori riguardano anche lโ€™ingresso di Pechino in Australia e in Nuova Zelanda. Il governo canadese, con un rapporto rilasciato dalla Canadian Security Intelligence Service, allertรฒ nel 2018 la Nuova Zelanda circa lโ€™influenza, ad ogni livello della societร , del governo cinese e come questa stesse raggiungendo un livello indicato come โ€œcriticoโ€. Il rapporto sosteneva che gli affari neozelandesi, le รฉlite politiche e intellettuali fossero stati presi di mira dal Partito Comunista Cinese e questi affari, che sono legati a compagnie, universitร  e centri di ricerca venivano stati utilizzati per โ€œinfluenzare attivitร  e fornire lโ€™accesso a tecnologie militari, segreti commerciali e altre informazioni strategicheโ€.

Stando al rapporto, โ€œsforzi enormiโ€ sono stati fatti per portare i media in lingua cinese e comunitร  cinesi sotto il controllo del Partito, e sono state fatte donazioni politiche: โ€œLa Nuova Zelanda rappresenta un caso di studio sulla volontร  di Pechino di utilizzare legami economici per interferire nella vita politica di un paeseโ€. L’indagine metteva in guardia sul fatto che proprio gli Stati piรน piccoli erano quelli โ€œparticolarmente vulnerabiliโ€ allโ€™influenza cinese.

La Nuova Zelanda appare alla Cina come uno snodo importantissimo sia per vantaggi di carattere economico, ma anche per puntare dritto verso lโ€™Antartide. Peter Mattis, membro della commissione US-China Economic and Security Review, affermando che il Partito Laburista della premier Jacinda Ardern avesse accettato dei fondi da parte di donatori legati al Partito Comunista Cinese, disse: โ€œPenso che a un certo punto i Five Eyes (alleanza dโ€™intelligence comprendente Canada, USA, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito) o i Four Eyes, avranno la necessitร  di discutere sul fatto che la Nuova Zelanda debba o meno continuare a farne parteโ€.

Al fine di contenere questo โ€œespansionismoโ€ da parte del Dragone, sono stati presi dei provvedimenti riguardanti la cyber security non solo da parte della Nuova Zelanda e dellโ€™Australia, ma anche da altri paesi, e soprattutto da parte dei membri dellโ€™alleanza dei Five Eyes. Il colosso cinese Huawei venne radiato dalle sperimentazioni negli Usa, in Canada, Nuova Zelanda e Australia per quanto riguardava la tecnologia 5G.

I governi temono che le infrastrutture e i dispositivi marchiati Huawei possano nascondere delle backdoor o stratagemmi simili utili per lโ€™infiltrazione dellโ€™It di Pechino. Ciรฒ che intimorisce lโ€™azienda di Shenzen oggi come allora รจ il fatto che Australia e Nuova Zelanda facciano parte proprio dell’alleanza dei cinque occhi. Un eventuale โ€œpassaparolaโ€ potrebbe mettere fine al mercato Huawei, in vista di future sperimentazioni.

Il governo australiano decise di mettere al bando la fornitura da parte della Cina della tecnologia 5G di rete mobile, per ragioni di sicurezza nazionale. Nello specifico limitรฒ fortemente l’azione di compagnie cinesi come la Zte considerate troppo vicine al governo di Pechino dalla rete mobile 5G, dopo che le agenzie di intelligence avevano concluso che non avrebbero potuto garantire la sicurezza della rete. Si trattava di aziende โ€œprobabilmente soggette a direttive da un governo straniero, potenzialmente in conflitto con la legge australianaโ€.

La Huawei, come riportato da The Guardian, rispose alle accuse senza mezzi termini โ€œsmentendo categoricamente di aver mai fornito, o di aver mai ricevuto richieste in tal senso, informazioni dei clienti a qualsiasi governo od organizzazione. Si tratta di accuse senza fondamento e fatte senza alcuna evidenza [โ€ฆ]. Vorremmo che il dibattito pubblico sul ruolo di Huawei nel fornire tecnologia allโ€™Australia sia bilanciato e basato sulla trasparenza dei fatti, invece che su congetture vaghe e non verificateโ€.

Negli ultimi tempi la Cina รจ corsa ai ripari senza perรฒ interrompere la sua politica di potenza allโ€™estero, come dimostrano i fatti delle Isole Salomone. I risultati delle elezioni in Australia, che hanno visto la nomina a premier del laburista Anthony Albanese, e le elezioni in Nuova Zelanda previste per il 2023 potrebbero cambiare leggermente le carte in tavola soprattutto nei rapporti verso Pechino, sapendo comunque di non dover infastidire gli alleati, Stati Uniti in particolare.

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Mario Spoto

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