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Fentanyl: droga cinese, merce messicana, piaga statunitense

L'alleanza criminale tra triadi cinesi e narcotrafficanti messicani costituisce una spina nel fianco per Washington, alle prese con una vera e propria epidemia da droghe sintetiche

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Non è un caso che non esista ancora una definizione unanimemente accettata del termine “geopolitica”. L’invasione russa dell’Ucraina ha suscitato nel nostro Paese un rinnovato e quasi insperato interesse per i metodi e le questioni inerenti a tale disciplina. Al tempo stesso, la considerazione pressoché esclusiva della dimensione politico-militare rischia, oggi più di ieri, di lasciare in ombra altre dinamiche che potrebbero essere definite sotterranee. Spesso, nel determinare con trasformazioni lente eppure inesorabili l’ascesa e il declino delle potenze, tali mutamenti risultano ben più decisivi delle “semplici” relazioni tra gli Stati.

Una dinamica di questo tipo è sicuramente quella della “guerra della droga” combattuta silenziosamente tra Stati Uniti e Cina, che ogni anno uccide migliaia di cittadini statunitensi. Secondo Il Sole 24 Ore nel 2017 i morti per overdose negli Usa ammontavano a circa 49mila, mentre nel 2021, come riporta Injury Facts, se ne contano più di 98mila. Non è combattuta con le armi, a meno che non accettiamo l’idea che un’arma nemica possa essere ingerita o assunta tramite iniezione endovenosa, due tra le modalità più tipiche di assunzione del Fentanyl, responsabile nel 2021 di circa 67mila morti per overdose.

Il Fentanyl dalla Cina agli Usa, via Messico

Il Fentanyl è una droga sintetica che viene prodotta nei laboratori cinesi e smerciata in Nord America attraverso la mediazione dei narcos messicani; è così che i due soggetti geopolitici potenzialmente più pericolosi per la sicurezza degli Usa, il rivale d’Oltreoceano e il vicino scomodo, pur non possedendo le capacità materiali di minarne l’egemonia sul piano politico o militare, si rendono responsabili di un’emorragia interna che si prospetta difficile da arrestare.

Ad ogni modo, tutto deriva da un accordo tra narcos messicani e organizzazioni criminali cinesi come 14k e Sun Yee On. I primi sarebbero impegnati a fornire minerali estratti illegalmente (per esempio il materiale ferroso di cui il Messico è ricco, destinato all’industria siderurgica) e trasportati via nave nei porti di Hong Kong e Shanghai, dove in cambio ricevono il Fentanyl o i precursori chimici per produrlo.

Particolarmente attivi sarebbero il Cartello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación, ma anche quello dei Caballeros Templarios per quanto riguarda lo Stato di Michoacàn e il cruciale porto sul Pacifico di Lázaro Cárdenas.

Infatti, dal 2013 la Cina è la principale produttrice degli agenti precursori da cui viene prodotto il Fentanyl: Riccardo Barlaam scrive su Il Sole 24Ore che nel 2018 il 68% del Fentanyl venduto negli Stati Uniti arrivava proprio dalla Repubblica Popolare.

Come ricorda la giornalista d’inchiesta francese Audrey Travère, in un primo momento alcuni soggetti, attraverso il sistema postale americano, importavano il Fentanyl dalla Cina, facevano le pillole nelle proprie cantine e «le mettevano online per la vendita al dettaglio, o si mettevano d’accordo con gli spacciatori per venderle in strada».

La collaborazione tra le due potenze nella lotta al narcotraffico iniziò nel 2017: da quel momento la spedizione diretta del Fentanyl negli Usa attraverso il sistema postale americano è diventata più rischiosa, ma non si è fermata. Infatti, sebbene in quell’anno le autorità cinesi avessero messo sotto controllo un gran numero di sostanze psicoattive derivate dal Fentanyl, ogni volta i narcotrafficanti ne avevano creato di nuove per sfuggire ai controlli: la struttura del Fentanyl, infatti, può essere alterata in una miriade di combinazioni che danno luogo a sostanze simili, ma non vietate dalla legge.

È per questo motivo che sia l’amministrazione Obama sia quella Trump hanno tentato di persuadere diplomaticamente la Cina affinché venisse posto il divieto di utilizzo medico sull’intera classe di prodotti legati al Fentanyl e ai derivati, ottenendo nell’aprile del 2019 l’impegno di Pechino nel vietarne produzione, vendita ed esportazione.

Tuttavia, come dimostra lo studio Fentanyl and geopolitics. Controlling opioid supply from China (Luglio 2020) della giornalista statunitense Vanda Felbab-Brown, esperta di crimine organizzato a livello locale e internazionale, la Cina ha più volte dimostrato di non essere in grado di porre in essere i propri regolamenti, per esempio nei confronti del traffico di esseri umani o del contrabbando di specie selvatiche.

Infatti, sebbene nel maggio 2019 la Cina avesse effettivamente fatto dei passi in direzione di una collaborazione internazionale collocando l’intera classe di droghe derivate dal Fentanyl sotto la stringente regolamentazione di cui sopra, nonché alcuni precursori, il commercio con il Messico era rimasto in piedi.

Anzi, come rileva nel marzo 2021 Matthew Donahue, responsabile delle operazioni estere della Dea, i trafficanti cinesi hanno virtualmente cessato di produrre droghe affini al Fentanyl per concentrarsi quasi esclusivamente sugli elementi chimici necessari alla produzione da esportare in Messico.

Il ruolo dei narcos messicani

Per quanto riguarda il ricavo dei narcotrafficanti messicani, questo è enorme dal momento che il Fentanyl, così come la metanfetamina, è una sostanza completamente sintetica, la cui produzione non è subordinata a determinate condizioni ambientali (climi particolari, grandi spazi o cure continue), ma necessita semplicemente di laboratori che possono essere allestiti clandestinamente pressoché ovunque.

La produzione di Fentanyl a partire dai precursori importati è quindi un’attività che consente di risparmiare di più correndo nel mentre meno rischi. Inoltre, si tratta di un mercato estremamente più redditizio: stando alle cifre riportate su Il Sole 24 Ore, 1 chilogrammo di Fentanyl che in Cina viene acquistato per 3.800 dollari può arrivare a rendere oltre 30 milioni, laddove 1 chilogrammo di eroina acquistata per 50.000 dollari può arrivare a renderne al più 200mila.

La presenza fisica dei gruppi criminali messicani in Cina è ancora molto ridotta, come registra Vanda Felbab-Brown in un articolo uscito nel 2022 per Mexico Today, e consisterebbe in una manciata di individui isolati e qualche viaggio d’affari transoceanico.

Organizzazioni criminali cinesi in Messico

Al contrario, il radicamento sul territorio messicano dei criminali cinesi è assai elevato e in continua crescita, legato soprattutto a città come la già menzionata Lázaro Cárdenas nello Stato di Michoacán, Culiacán nello Stato di Sinaloa, e probabilmente cellule di dimensioni minori a Mexicali, Veracruz, Tampico, e Aguililla. Inoltre, compagnie di facciata del cartello cinese Zheng (come la Global United Biotechnology Inc., già incriminata dal Dipartimento del Tesoro Usa per il suo coinvolgimento nel traffico del Fentanyl), gestiscono numerosi affari in Messico.

Caso ancora diverso è quello della compagnia cinese dal nome spagnolo Desarrollo Minero Unificado de Mexico (Dmu), impegnata nell’estrazione del ferro. Fin dal 2009, anno in cui si è stabilita a Lázaro Cárdenas, questa si è espansa rapidamente passando da 3 a 600 operai in tutto il Paese. Il suo amministratore delegato Luis Lu ha dichiarato a Reuters di non avere avuto alcun problema con le organizzazioni criminali locali.

Al tempo stesso, Reuters ricorda un video apparso su YouTube in cui il boss del Cartello dei Caballeros Templarios ha dichiarato, circondato da uomini armati: «Stiamo assistendo un’invasione eccessiva da parte dei cinesi […]. Probabilmente dietro questa situazione ci sono gli interessi economici di numerose imprese, non lo so. Ma adesso ci sono anche loro, qui con noi. E anche queste persone hanno le loro mafie». Una vicenda di questo tipo è interessante perché rivela l’esistenza di frizioni tra organizzazioni criminali e aziende cinesi che operano sul territorio nel contesto di quei rapporti generalmente armonici che abbiamo descritto.

Un nuovo mercato nel Pacifico?

La storia ci insegna che la Cina non è nuova a politiche proibizioniste, ma la situazione geopolitica attuale rende difficile immaginare una collaborazione con gli Stati Uniti. L’unica possibilità di un intervento deciso da parte di Pechino sarebbe forse quella dello scoppio di un’epidemia di oppioidi sintetici in un’area vicina o addirittura all’interno della Cina stessa. Inoltre, il recente e drastico deterioramento delle relazioni Usa-Cina potrebbe far desistere ulteriormente il governo cinese dall’intenzione di far rispettare i divieti sul Fentanyl.

È doveroso osservare che un generale riassestamento degli equilibri sociali ed economici nel Pacifico sembra porre le premesse per una nuova evoluzione degli eventi. È stata registrata una tendenza sempre più accentuata da parte dei cartelli a orientare i propri traffici verso il Pacifico.

Tale fenomeno è in parte da ricondurre alla ricerca di nuovi mercati in cui inserirsi per aumentare i propri introiti: «L’aumento del contrabbando di droghe sintetiche verso queste aree è speculare alla significativa crescita che la zona pacifica sta vivendo negli ultimi anni dal punto di vista economico e commerciale» scrive Marco Dell’Aguzzo su Notizie Geopolitiche. Al tempo stesso, molti analisti ritengono che tale fenomeno sia da imputare alla ‘crisi’ del mercato americano, dove il consumo di metanfetamine sembra stagnante, se non in calo.

In Asia i narcotrafficanti si giocano dall’ergastolo alla pena di morte; Le autorità locali, tuttavia, non sembrano attualmente in grado di contrastare business illeciti così imponenti e strutturati a livello internazionale. Ad ogni modo i rischi corsi vengono ampiamente ripagati dagli enormi ricavi. Per esempio, ad Hong Kong 1 chilogrammo di cocaina può essere venduto al triplo del prezzo rispetto agli Usa, e in Australia al sestuplo.

Foto in evidenza: “fentanyl” by peabodyproductions is licensed under CC BY 2.0.

Stefano Dal Canto

Studente di Lettere moderne presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, inseguo un tipo di cultura capace di uscire dai grigi studioli accademici per suscitare un riscontro concreto nella realtà che ci circonda. Per Aliseo scrivo articoli dal taglio prevalentemente storico e sociologico, con una particolare predilezione per l'America Latina.

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