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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

Come il Medio Oriente vive la guerra in Ucraina

Come il Medio Oriente vive la guerra in Ucraina

Da posizioni diverse l'Iran, la Turchia ed Israele provano a reagire al caos della guerra in Ucraina

Il 24 febbraio di questโ€™anno il mondo รจ stato scosso dalla prima guerra convenzionale del nuovo millennio tra due potenze industrializzate ed inserite nel contesto della globalizzazione. La portata di questo evento รจ ancora tutta da scoprire ma dalle prime previsioni assisteremo ad un effetto a valanga dalla portata storica sia nel campo delle relazioni internazionali, sia in quello economico e delle materie prime.

Entrambi i contendenti sono esportatori importanti di prodotti agricoli, non solo di grano ma anche di fertilizzanti e altre sementi fondamentali per l’alimentazione di altri paesi. Tuttavia, sia la questione economica, con le pressanti sanzioni occidentali alla Russia, sia quella dellโ€™approvvigionamento alimentare sono giร  state trattate con dovizia di dettagli dai principali media occidentali. La questione geopolitica รจ molto piรน complessa.

Per quanto ci riguarda ci concentreremo principalmente sulle conseguenze che questo conflitto avrร  sul fragile bilanciamento di poteri in atto nella regione forse piรน instabile del pianeta: il Medio Oriente, regione in cui la Russia รจ attiva da anni e in cui la presenza delle truppe di Mosca, regolari e non, รจ ormai diventata una quotidiana realtร  per gran parte degli abitanti. Il Cremlino schiera truppe in un arco molto ampio che muove dalla Siria fino alla Libia, in uno scontro indiretto contro varie potenze locali, tra cui spicca la Turchia, e con finalitร  talvolta non propriamente lineari. In piรน la presenza russa negli ultimi anni ha giocato il ruolo di forza dโ€™interposizione e di โ€œcongelamentoโ€ di tutti quei conflitti intraregionali che non stanno tardando a riemergere.

Concentrandoci sui quadranti in cui la guerra avrร  e ha giร  avuto un impatto piรน vistoso parleremo della situazione in Siria, forse lo scacchiere estero piรน importante per Putin dopo la stessa Ucraina. Parleremo della situazione iraniana, di quella israeliana e di quella turca, tre potenze regionali che possono in misura diversa sfruttare ciรฒ che sta succedendo in Europa per avanzare pedine sullo scacchiere strategico della regione.

Tralasceremo, come giร  detto, la questione alimentare ed energetica: troppo ingombrante per poterla inserire in un discorso coerente che guardi alla geopolitica piรน che alla geoeconomia e agli equilibri di potere piรน che a quelli economici. Parleremo dunque degli effetti che uno scontro molto distante dai confini del Mashreq avrร  sulla vita dei milioni di persone che abitano quella regione martoriata da un secolo di conflitti di varia natura.

Ebrahim Raisi, attuale Presidente della Repubblica Islamica d’Iran

Lโ€™Iran torna sulla scena, piรน isolato ma piรน libero dโ€™agire

Lโ€™Iran รจ potenza asimmetrica per volontร , per necessitร  e per vocazione culturale. Svolge le sue operazioni estere tramite lโ€™uso estensivo e spregiudicato di proxy stranieri, sfruttando la fittissima rete intracomunitaria che lega le varie collettivitร  sciite nel mondo. Cosรฌ facendo riesce ad operare in vari campi del Medio Oriente mantenendo basso il costo delle sue missioni estere e mantenendo una capacitร  di Plausible Deniability che permette alla Repubblica di dissociarsi, convincendo solo gli sprovveduti, dagli eventi piรน scandalosi in cui si trova coinvolta.

Tuttavia, lโ€™asimmetria e la guerra by proxy hanno dei limiti piuttosto vistosi, specie per quanto riguarda le capacitร  combattive delle truppe schierate e la loro resilienza. In Siria, settore vitale per lโ€™Iran per il mantenimento del ponte logistico Iran-Iraq-Libano, la situazione e il posizionamento iraniano รจ notevolmente mutato negli ultimi anni, specialmente a seguito dellโ€™ingresso russo nel conflitto.

Prima dellโ€™arrivo delle forze del Cremlino, lโ€™Iran era lโ€™azionista di maggioranza della coalizione pro-Assad e il principale partner strategico del Rais siriano per quanto concerneva la conduzione delle operazioni belliche contro i ribelli. Lโ€™ingresso della Russia ha drasticamente ridimensionato il peso iraniano in seno ai vari consigli militari che decidevano come e quanto combattere ed il tutto venne reso palese durante il pesante assedio di Aleppo condotto congiuntamente da elementi dellโ€™Esercito Siriano e di quello della Federazione Russa. In quello scontro, probabilmente il momento pivot dellโ€™intera guerra civile, gli iraniani vennero relegati a compiti secondari di gestione logistica e mantenimento delle linee di comunicazione interne al paese, compito comunque non facile vista la conformazione geografica della Siria e la proliferazione di milizie sparse nel paese.

Ma non tutti i mali vengono per nuocere e il maggiore attivismo russo nella regione ha permesso agli iraniani di diminuire il peso delle proprie operazioni in terra siriana, conseguentemente diminuendo i costi politici ed economici di tali missioni. Tutto ciรฒ era, ed รจ, vitale per un paese in fortissimo stress come la Repubblica Islamica, ormai sullโ€™orlo del collasso economico e politico dopo gli eventi che portarono al fallimento della politica dei riformisti Zarif e Rouhani e la sostanziale distruzione di tutto quanto ottenuto con il primo JCPOA.

In piรน la presenza russa permetteva ai proxy iraniani di avere uno scudo contro la pericolosissima aviazione israeliana, sempre pronta a colpire gli alleati di Teheran dovunque si trovino. Lโ€™Iran aveva molto da guadagnare dalla presenza russa, nonostante la perdita di prestigio, per il semplice fatto che erano i russi a mantenere aperta la linea tra Teheran e Beirut e per di piรน non richiedendo poi grandi concessioni da parte iraniana. Perseguire i propri scopi strategici senza dover impiegare direttamente le proprie truppe รจ il sogno di ogni stratega.

Con il graduale disimpegno russo dalla Siria, comunque piรน limitato rispetto a quanto si poteva credere nei primi giorni di guerra, e il tentativo del Cremlino di spostare truppe locali siriane in territorio ucraino rischia perรฒ di costringere lโ€™Iran a dover rientrare nel conflitto in maniera piรน vistosa, con costi umani, politici ed economici che non puรฒ permettersi. Le prime avvisaglie di questo cambio nellโ€™impostazione iraniana sono giร  visibili da qualche mese, con lo spostamento di alcune brigate di sciiti pakistani e afghani in posizioni trincerate per poter mantenere i collegamenti tra lโ€™Est e il centro del paese.

Il sollevamento della โ€œcortina di rispettabilitร โ€ conferita allโ€™intero conflitto dalla presenza russa provocherร  anche un aggravarsi degli interventi di altri attori regionali, Israele e Turchia tra tutti, che potrebbero attaccare in maniera piรน spregiudicata le forze iraniane presenti nel paese. Avvisaglie in tal senso si sono giร  avute negli ultimi mesi con vari attacchi missilistici israeliani che hanno ucciso quasi una dozzina di pasdaran in territorio siriano.

Naftali Bennett, Primo Ministro israeliano

Israele impossibilitata a schierarsi riscopre i vecchi nemici

La situazione dโ€™Israele allo scoppiare delle ostilitร  tra Russia e Ucraina รจ piรน complessa da indagare ed in parte piรน altalenante rispetto alla posizione iraniana, comunque saldamente schierata dalla parte di Putin. Lo stato ebraico deve scontare fortissimi legami etnico-storici con entrambe le nazioni da cui arrivarono tantissimi dei primi abitanti del neonato stato dโ€™Israele e, come se ciรฒ non bastasse, vanta anche forti legami con le locali comunitร  ebraiche, tuttora molto influenti e popolose.

Tale impossibilitร  di schierarsi รจ sia il cruccio che il principale vantaggio strategico che Tel Aviv si ritrova tra le mani, potendo contare su quegli stessi storici legami per presentarsi come mediatore della contesa e come terreno neutrale da cui provare a far trattare i due contendenti. Come vedremo sotto questo punto di vista parte avvantaggiato rispetto allโ€™altro attore che punta a questo obiettivo, ovvero la Turchia.

Tuttavia, la guerra rischia anche di far ripiombare Israele nel marasma caotico in cui ha vissuto per quasi tutta la sua storia e si ha la reale possibilitร  che nello stato ebraico si debba tornare ad una politica piรน assertiva nei confronti dei propri vicini โ€“ in particolar modo Siria e Libano โ€“ per poter contrastare, ora piรน attivamente, le operazioni iraniane nella regione. Venendo meno la presenza della Russia nel teatro operativo siriano, come abbiamo detto piรน sopra, si potrebbe annullare anche quellโ€™effetto da forza dโ€™interposizione che i russi hanno svolto per quasi dieci anni nel tener separati e il piรน possibile in uno stato di guerra non guerreggiata lโ€™Iran degli Ayatollah ed Israele. Si ricordi a tal proposito che i raid aerei israeliani contro formazioni filoiraniane in Siria erano spesso e volentieri concordati con i russi ed esclusivamente limitati a bersagli di piccolo valore strategico.

Senza i russi a moderare gli attacchi israeliani e a tener in riga gli iraniani il rischio di unโ€™escalation tra le due forze รจ sempre dietro lโ€™angolo, cosรฌ come il rischio che il Libano tracolli e diventi una fonte di problemi maggiore di quanto non sia mai stata la Siria negli ultimi anni. Infatti, bisogna ricordare che anche il paese dei cedri rientra tra quegli stati del Medio Oriente che dipende in maniera strutturale dai rifornimenti alimentari russi e ucraini. Ricordiamo poi che la situazione del paese รจ giร  critica allo stato attuale ed รจ prevedibile che degeneri ancora di piรน a causa della crisi alimentare e del ritorno di gran parte dei miliziani di Hezbollah dalla ormai conclusa guerra in Siria. Se gli israeliani decideranno di colpire il partito di Dio come fecero quindici anni fa, cosa che non si puรฒ escludere a priori, si rischia di avere un tracollo generalizzato dellโ€™intera regione e unโ€™altra penosa e sanguinosa guerra in un punto del mondo che non รจ mai stato in pace negli ultimi ventโ€™anni.

La posizione dello stato ebraico รจ quindi traballante: deve riportare russi e ucraini ad un tavolino per ristabilire lo status quo ante nella regione mediorientale e pacificare le due grandi nazioni da cui arriva una buona fetta della propria popolazione; contestualmente deve cercare di limitare le attivitร  iraniane e quelle di Hezbollah, evitando che il partito di Dio sfrutti lโ€™onda della crisi libanese per rafforzarsi ma senza muovere guerra sul suo territorio ai miliziani sciiti per evitare crisi umanitarie, devastazioni e migrazioni direttamente a contatto dei propri confini.

In piรน deve puntare a mantenere calma la situazione in Siria e, per quanto possibile, indebolire Bashar al Assad per evitare che tornino i tempi in cui la Repubblica Araba Siriana era una spina nel fianco dello stato ebraico. Ed in tutto questo deve anche tenere dโ€™occhio lโ€™Egitto per evitare che il governo di Al Sisi collassi sotto il peso della crisi alimentare. Difficilmente Israele sarร  in grado di ottenere tutti questi obiettivi contemporaneamente ed รจ nellโ€™interesse dello stato ebraico che la guerra si concluda il piรน velocemente possibile. Preferibilmente con un nulla di fatto ed il ritorno alla situazione prebellica.

Recep Tayyip ErdoฤŸan, Presidente turco

La Sublime Porta viene richiamata in Occidente ma non risponde

Tra tutti gli attori finora elencati quello che avrebbe probabilmente tutto da guadagnare dalla cessazione immediata delle ostilitร  รจ sicuramente la Turchia neottomana di Erdogan, catapultata nellโ€™occhio del ciclone ma ancora troppo debole per resistere alle sfide che รจ chiamata ad affrontare. La guerra in Ucraina ha fatto serrare i ranghi allโ€™Alleanza Atlantica, rinata dalla catalessi in cui era finita negli ultimi trentโ€™anni, e ha portato gli Stati Uniti a chiamare allโ€™appello tutti gli alleati storici richiedendo conferma immediata del giuramento di fedeltร  al mondo libero. La Turchia non ha risposto, giocando di sponda in maniera ambigua e nascondendosi tra legalismi e giurisprudenza internazionale, condita di tecnicismi vari, per divincolarsi dalla necessitร  di prender posizione.

La veritร  รจ che Istanbul non voleva dover scegliere ora, troppo debole ancora per staccarsi dal seno dellโ€™atlantismo ma troppo in lร  sulla strada della costruzione di un proprio impero per poter lasciare tutto e tornare ad essere solo potenza marginale dello scacchiere euroatlantico. E quindi Erdogan prende tempo, chiude i Dardanelli a tutte le navi (non solo quelle russe) e lancia grandiose operazioni militari nel nord della Siria per mettersi a riparo da eventuali problemi sul suo fronte sud e crearvi un cuscinetto demilitarizzato.

Nel mentre gioca di sponda tentando da una parte di far dialogare russi e ucraini, dallโ€™altra imponendo a Nato&Co. drastici veti su qualunque misura volta ad aumentare il livello della tensione con la Russia (vedasi caso Svezia). Ad oggi lโ€™impero turco non รจ ancora nato e giร  rischia di essere schiacciato dal peso della storia e di alleanze siglate in un mondo che ormai sembra preistoria.

La Turchia vorrebbe giocare in solitaria ma non puรฒ e non potrร  placare gli americani e mettergli i bastoni tra le ruote ancora a lungo. Pena far spazientire lโ€™amico/carceriere a stelle e strisce, precludendosi ogni speranza di accedere alle tecnologie e gli armamenti โ€œtop classโ€ che tanto servono alla Sublime Porta per conquistarsi uno spazio vitale nella regione. Da qui la convergenza dโ€™interessi con gli israeliani che potrebbe portare ad una piรน duratura alleanza in ottica anti-iraniana, eventualitร  che ad oggi รจ perรฒ ancora lontana dal palesarsi.

Lโ€™unica nota positiva per la Turchia รจ, probabilmente, lโ€™efficacia delle sue armi testate nel primo vero conflitto contro una nazione industrializzata e militarmente potente, a riprova che la strada intrapresa per emanciparsi dallโ€™Occidente potrebbe dare i suoi frutti. Ma serviranno almeno altri quindici anni a Istanbul perchรฉ sia in grado di dire di no agli Stati Uniti sperando di sopravvivere da paria. Questa guerra รจ arrivata troppo presto per la Sublime Porta.

Concludendo il nostro discorso non possiamo che rimarcare lโ€™ampiezza degli effetti di questo conflitto tutto europeo ma dalla portata globale e della difficoltร  che lโ€™Iran, Israele e la Turchia avranno nel gestirne i lati negativi nel medio e, specialmente, nel lungo periodo. Il Medio Oriente รจ una regione martoriata da trentโ€™anni e questa guerra cosรฌ lontana, culturalmente e geograficamente, rischia di peggiorare drasticamente il livello e le condizioni di vita โ€“ giร  non proprio eccelse โ€“ delle genti che lo abitano.

Sarร  compito delle tre nazioni che si giocano il dominio della regione trovare un modo per mitigare gli effetti nefasti di questa guerra. Nel mondo che si va creando difficilmente vedremo interventi esterni in teatri lontani, men che meno da parte occidentale. Le energie per superare la burrasca vanno trovate tra i confini del Medio Oriente senza contare su un deus ex machina che arrivi a salvare la nave che affonda.

Foto in Evidenza: “Middle-East and the Mediterranean Sea” by sjrankin is licensed under CC BY-NC 2.0.

Prima Immagine: “File:Seyed Ebrahim Raisi in 2019.jpg” by khamenei.ir is licensed under CC BY 4.0.

Seconda Immagine: “Israel’s Minister of Education and Diaspora Affairs Naftali Bennett speaks at the 2015 Saban Forum” by BrookingsInst is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.

Terza Immagine: “Recep Tayyip Erdogan – World Economic Forum Annual Meeting Davos 2009” by World Economic Forum is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.

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Leonardo Venanzoni

Leonardo Venanzoni

Laureato in "Investigazione, criminalitร  e sicurezza internazionale" presso l'Universitร  Internazionale di Roma, mi occupo di affari militari e politici del Medio Oriente. In particolare, mi concentro sulle dinamiche delle milizie attive nella regione e sulle politiche portate avanti dall'Iran. Collaboro con Aliseo fin dalla nascita del giornale.

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