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Considerazioni sulla crisi energetica dopo un anno di guerra in Ucraina

Considerazioni sulla crisi energetica dopo un anno di guerra in Ucraina

Il conflitto ha spinto verso l'alto i prezzi delle commodities energetiche. A farne le spese i paesi europei, mentre i colossi asiatici fanno incetta

Dopo piรน di un anno di guerra, il conflitto russo-ucraino รจ lungi dal placarsi. Come stanno facendo in molti, anche noi cercheremo di tirare le somme della guerra, non quella guerreggiata boots on the ground, bensรฌ la tanto chiacchierata guerra energetica.

Alla tragica degenerazione del conflitto che si trascinava in Donbas dal 2014, la combinazione di un alto livello di integrazione della supply chain e del peso rilevante della Russia nella produzione di commodities, specie energetiche โ€“ con una quota nel 2021 di circa il 12% del mercato petrolifero e del 20% di quello del gas โ€“ ha spinto lโ€™andamento rialzista e altamente volatile dei prezzi delle materie prime energetiche. Questa tendenza รจ una delle conseguenze piรน evidenti e pervasive, sul piano economico, del conflitto che vede confrontarsi Ucraina e Nato da una parte e Russia (con appoggio esterno cinese) dallโ€™altra.

La dinamica tragicamente rialzista ha travolto, in primo luogo, lโ€™Europa occidentale che, dopo aver beneficiato per decenni di forniture energetiche a basso costo dalla Russia per consentire la crescita della propria industria, si รจ trovata nella necessitร  di fronteggiare il lato infausto della forte interdipendenza raggiunta. Primo cliente di Mosca, lโ€™Ue, al momento dello scoppio del conflitto, ne dipendeva per quasi il 40% del proprio fabbisogno di gas e per oltre il 20% di quello petrolifero.

Con il fallimento della prima fase dellโ€™operazione militare speciale, consistente nella mancata presa di Kiev in tempi brevi e il peggioramento delle aspettative degli operatori di mercato a fronte dellโ€™adozione da parte dellโ€™Occidente delle misure di guerra economica, il prezzo del gas sul mercato europeo ha conosciuto una fase travagliata da grande volatilitร  al rialzo. Il listino di riferimento degli acquisti europei Ttf ( lโ€™ormai famigerato Title Transfer Facility di Amsterdam) รจ arrivato a toccare i 340 euro a MWh, superando di 15 volte i prezzi di inizio 2021, esacerbando la tendenza rialzista affermatasi giร  a fine 2021 alla luce di una domanda surriscaldata dalla ripresa post-Covid.

La crisi energetica vista dall’Europa

Incatenati dal sistema infrastrutturale basato sui gasdotti, gli importatori europei di gas non hanno potuto fare ricorso, se non in modo parziale, a forniture in grado di rimpiazzare integralmente i flussi di โ€œoro bluโ€ russo. Come se la situazione non fosse giร  resa complicata dalla crisi di offerta, a peggiorare ulteriormente il quadro ha concorso lโ€™effetto moltiplicatore che lโ€™aumento del prezzo del gas ha esercitato su quello dellโ€™energia elettrica, penalizzando ulteriormente le imprese europee rispetto alle concorrenti di altri continenti, con mix energetici diversi.

Di fronte allโ€™andamento insostenibile dei prezzi di energia elettrica e gas per molti operatori economici โ€“ soprattutto nei paesi come lโ€™Italia, a forte componente manifatturiera โ€“ si sono manifestati rischi di interruzione della continuitร  aziendale. Per talune aziende energivore le conseguenti ricadute negative su capacitร  industriale e assetti socioeconomici sono state piรน gravi.

Se il prezzo del gas ha raggiunto vette inesplorate, anche quello del petrolio non poteva certo restare fermo. Gli aumenti hanno interessato anche le quotazioni petrolifere che, aggravate dal rafforzamento del dollaro sulla divisa europea, hanno pesato negativamente sulle prospettive di crescita dellโ€™Ue e dellโ€™Italia e che, nonostante tutto, hanno tenuto botta nel corso del 2022.

In conclusione, la Guerra in Europa (titolo del primo numero di Limes, rivista italiana di geopolitica, uscito nel 1993) e i collegati sconvolgimenti internazionali, tra cui lโ€™utilizzo dellโ€™energia come arma da parte di Mosca, hanno determinato unโ€™estrema volatilitร  dei prezzi delle commodities energetiche nel corso dellโ€™anno passato, recando danni a tutte le realtร  produttive appartenenti ai settori energivori e gasivori. Danni che nonostante gli sforzi dei Governi Draghi e Meloni non si รจ riusciti a limitare piรน di tanto.

I settori a maggiore consumo di energia producono, nella Penisola, circa 340 miliardi di euro ogni anno (il 20% del PIL) e occupano 5 milioni di persone (il 25% di tutti i lavoratori). Da un punto di vista sistemico, queste imprese occupano settori strategici quali manifatturiero (agroalimentare, siderurgia e chimica), dei trasporti, delle costruzioni e della gestione dei rifiuti.

I timori per un nuovo surriscaldamento dei prezzi nel corso della prossima โ€œcorsa agli stoccaggiโ€ e lโ€™approvvigionamento per lโ€™inverno 2023-2024 possono concretizzarsi, nel Centro-Nord con impatti sui piani occupazionali e della continuitร  aziendale per via della presenza sul territorio di imprese energivore. Nel Centro-Sud invece possono danneggiare gravemente famiglie e piccole imprese, considerati i redditi (ahimรจ) piรน bassi e minore presenza di imprese sul territorio.

Adesso viviamo la โ€œtreguaโ€ nel prezzo del gas, complici lโ€™inverno mite e la โ€œfolle corsaโ€ al gas della scorsa estate, abbiamo ancora rilevanti stoccaggi a disposizione. Tuttavia, come hanno sottolineato molti esperti, la ripresa della domanda cinese al termine della politica zero-covid potrร  causare una nuova fiammata dei prezzi. Speriamo, con un sorriso amaro, che il riscaldamento globale ci aiuti anche il prossimo inverno.

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Alessandro Gorgoni

Alessandro Gorgoni

Giurista di formazione, ho sviluppato conoscenze trasversali tra economia e diritto sviluppando unโ€™accurata conoscenza della Pubblica Amministrazione e del settore energetico. Sono dottore di ricerca del Dottorato di Interesse Nazionale per la Pa presso lโ€™Universitร  del Salento e lavoro in unโ€™impresa statale.

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