Il 25 febbraio a Lona Lases, in provincia di Trento, i cittadini hanno eletto un sindaco per la prima volta dopo tre anni. Le ultime quattro elezioni avevano infatti registrato un quorum inferiore al 50% degli aventi diritto o l’assenza di candidati alla carica.
Il motivo dello stallo va individuato nell’ “oro rosso”, il porfido, pietra utilizzata per la pavimentazione di strade e piazze nelle città italiane e straniere. I depositi maggiori di porfidi in Italia si trovano in Trentino, in particolare nella val di Cembra, dove sorge il comune di Lona Lases.
Il commercio dell’oro rosso ha rappresentato in un primo periodo la fortuna della regione, ma ha anche costituito elemento di attrazione per gruppi criminali organizzati, interessati alle possibilità di rapido profitto e di controllo del territorio dei piccoli comuni trentini.
L’inchiesta “Perfido” della procura di Trento ha svelato la presenza ormai consolidata di una “locale” della ’Ndrangheta, infiltrata nella gestione delle cave e nella produzione del porfido. Ne sono seguiti 19 arresti e una condanna a 12 anni per Giuseppe Battaglia, già consigliere comunale e assessore alle cave, accusato di aver ricoperto un ruolo apicale nell’organizzazione mafiosa.
L’infiltrazione criminale all’interno del tessuto sociale e produttivo trentino va al di là dell’ultimo decennio: già nel 1986 l’auto dell’assessore alle cave che aveva tentato di aumentare i canoni per la gestione delle attività venne bruciata nella piazza del municipio, e un mese dopo dodici chili di tritolo vennero fatti esplodere vicino alla casa dello stesso assessore.
Dal Nord Italia al mondo: la rete delle cosche
Il Trentino non è l’unica regione del Nord Italia in cui è stata ravvisata una presenza consolidata delle cosche calabresi. Ad oggi la ‘Ndrangheta dispone di locali in Liguria, Lombardia (che ne attesta la presenza maggiore), Piemonte, Veneto, Val d’Aosta e Trentino-Alto Adige, oltre alle città di Genova, Torino, Milano, Verona, Trento e Aosta.
È la stessa struttura organizzativa della ‘Ndrangheta che favorisce uno sviluppo rapido e intensivo in territori apparentemente distanti, socialmente e culturalmente, dalla Calabria. A differenza di altre associazioni criminali dotate di una struttura fortemente gerarchica, come Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta si articola in “locali”, unità periferiche caratterizzate da un certo grado di autonomia strategico-operativa, che mantengono allo stesso tempo stretti contatti con il “Crimine”, organismo di governo di tutti i locali di ‘Ndrangheta al mondo.
Questa struttura compartimentata fornisce una particolare protezione agli affiliati da eventuali collaboratori di giustizia, rendendo più difficile per le forze investigative comprenderne i meccanismi di funzionamento.
Oggi la rete della mafia calabrese si estende da un continente all’altro, attraverso il commercio con gruppi criminali locali e l’uso di paradisi fiscali per il riciclaggio di denaro sporco. Se in Italia l’introduzione del 41 bis e le norme riguardanti il sequestro e la confisca dei beni illegalmente conseguiti hanno posto un freno al fenomeno mafioso, è proprio laddove tali misure non sussistono che le mafie proliferano.
Inizialmente l’espansione della ‘Ndrangheta ha seguito le rotte dell’emigrazione italiana: prima Stati Uniti, poi Canada e Australia. L’infiltrazione in questi Paesi è favorita sia dalla possibilità di prendere parte ai ricchi mercati che li abitano, ma anche da apparati di intelligence e sicurezza ancora impreparati a fronteggiare la criminalità organizzata.
In Australia la presenza mafiosa è divenuta tema di dibattito pubblico quando nel 2007, al porto di Melbourne, fu sequestrato un carico di 15 milioni di pasticche di ecstasy nascoste in barattoli di pomodoro provenienti dall’Italia.
L’insediamento dei clan calabresi nel Paese risale ai primi anni Venti, ma fu verso la fine degli anni Ottanta che la ‘Ndrangheta fece conoscere agli australiani i propri metodi di azione: nel 1989 venne ucciso il vicecapo della polizia federale che stava indagando sui terreni acquistati dalla ‘Ndrangheta con i soldi dei sequestri di persona effettuati in Calabria, mentre nel 1997 fece scalpore l’omicidio di un candidato del partito liberale che aveva sensibilizzato la popolazione sulla produzione di marijuana riconducibile ai clan emigrati dei territori calabresi.
Dagli affari con i cartelli americani al mercato europeo
Larga parte del patrimonio della ‘Ndrangheta passa per le Americhe. In America Latina si concentrano le maggiori organizzazioni criminali attive nella produzione su larga scala degli stupefacenti. Il narcotraffico costituisce per i cartelli il business più redditizio: si ritiene che un chilo di cocaina comprato per mille dollari dai colombiani possa essere rivenduto per 63 mila dollari agli italiani.
Per questo ora sono proprio i cartelli messicani, che ne detengono il controllo della distribuzione, a costituire l’associazione criminale più influente perché decisiva nella determinazione delle destinazioni dei carichi di stupefacenti. La ‘Ndrangheta ha saputo tessere stretti legami con i cartelli di Sinaloa e di Jalisco Nueva Generaciòn, proponendosi come partner commerciale fidato e d’esperienza per il traffico in Europa.
La presenza delle ‘ndrine è stata accertata anche in Colombia, dove viene prodotta il 70% della cocaina del Sud America. Ne sono dimostrazione gli arresti sul territorio colombiano degli affiliati della ‘Ndrangheta Roberto Pannunzi nel 2013 e Massimo Gigliotti nel 2023, ritenute figure chiave di collegamento tra i clan calabresi e i cartelli di Medellin.
A destare particolare preoccupazione è anche la cosiddetta “Tripla Frontiera”, il punto di intersezione di Paraguay, Argentina e Brasile delimitato rispettivamente dalle città di Ciudad del Este (Paraguay), Puerto Iguazù (Argentina) e Foz do Iguaҫu (Brasile). La posizione strategica e la particolare vulnerabilità delle amministrazioni locali rendono l’area un hub finanziario privilegiato per il narcotraffico.
L’America non costituisce l’unica destinazione dei prodotti dei cartelli messicani e colombiani. La rigida sorveglianza dei confini statunitensi, unita ai prezzi inferiori rispetto al mercato europeo, hanno reso l’Europa meta prediletta dal narcotraffico, e la ‘Ndrangheta partner privilegiato.
I rischi inferiori di interdizione, estradizione e sequestro dei beni hanno reso i porti europei tra i più utilizzati al mondo per il commercio di droga. I porti di Rotterdam e Anversa sono ora preferiti al porto di Gioia Tauro, e Olanda e Belgio costituiscono le basi operative per lo smistamento della cocaina verso gli altri Paesi del continente.
È in Lussemburgo che si concentra l’attività finanziaria della ‘Ndrangheta e di altri gruppi criminali: grazie a una ridotta pressione fiscale e a una legislazione flessibile, la piccola monarchia europea rappresenta un luogo ideale per la gestione dei patrimoni mafiosi e la costituzione di società di comodo.
Non solo narcotraffico
Ma le attività della ‘Ndrangheta non si limitano al narcotraffico. Le mafie sono note per le profonde radici culturali che ne contraddistinguono i riti e i rapporti tra gli affiliati, mentre allo stesso tempo si sono dimostrate più che capaci di inseguire i business più redditizi a seconda delle possibilità.
Sanno conformarsi ai mutamenti sociali ed economici con una velocità sorprendente, riuscendo spesso ad anticipare con lungimiranza le tendenze dei mercati. Ad oggi le mafie, e soprattutto la ‘Ndrangheta, sanno fare sapiente uso delle nuove tecnologie, rendendo la propria attività più estesa e flessibile, e più difficile per le forze dell’ordine da rilevare e ostacolare.
Secondo il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, i clan calabresi praticherebbero da anni il cyberlaundering, che consiste nel riciclaggio di denaro sporco attraverso l’utilizzo di criptovalute, che per via della loro stessa natura sono idonee a nascondere la provenienza del denaro, consentendo l’anonimato delle controparti e la possibilità di trasferire qualsiasi tipo di importo da una parte all’altra del mondo. Il cyberlaundering trova terreno fertile a Malta, dove l’ampia diffusione del gioco d’azzardo online permette con facilità la riallocazione dei patrimoni illeciti.
La diversificazione della ‘Ndrangheta è arrivata persino in Africa, dove nei primi anni duemila è entrata nel traffico di coltan, materiale dotato di proprietà uniche per immagazzinare energia elettrica, essenziale per il funzionamento degli smartphone. Nel 2019, nel porto di Trieste, i carabinieri hanno sequestrato 260 fusti di coltan, per un valore di circa 90mila euro.
‘Ndrangheta: la mafia più globalizzata
Se inizialmente era costituita da piccoli gruppi criminali dediti principalmente a sequestri e rapine, la ‘Ndrangheta ora, sulla base di quanto rinvenuto dall’Interpol, opera in 40 Paesi ed è divenuta una delle maggiori organizzazioni criminali al mondo, con un ricavo annuo stimato intorno ai 44 miliardi di euro, ben superiore al Pil di alcuni Paesi europei, come l’Estonia e la Slovenia.
Il successo della ‘Ndrangheta rispetto alle altre mafie italiane sta nell’aver compreso la necessità di mantenere un basso profilo e allontanare l’attenzione mediatica. Dal massacro nella città tedesca di Duisburg nel 2007, dove fuori da un ristorante italiano vennero uccisi sei affiliati in uno scontro tra clan, la ‘Ndrangheta ha operato prevalentemente nell’ombra.
Questa si è infiltrata gradualmente nelle architetture istituzionali, appropriandosi, come nel caso di Lona Lases, di attività lecite per incrementare i propri guadagni, ed estendendo nel silenzio le proprie capacità e conoscenze.
L’internazionalità della ‘Ndrangheta si evince anche dalle numerose operazioni di polizia che hanno portato all’arresto decine di membri delle cosche calabresi tra Europa e America. Una di queste, l’operazione “Eureka” del 3 maggio 2023, ha visto la collaborazione delle forze dell’ordine di Belgio, Germania, Italia, Francia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Romania, Brasile e Panama.
L’operazione, che ha colpito le cosche Nirta-Strangio e Morabito, ha condotto al sequestro preventivo di società commerciali, beni mobili e immobili del valore di circa 25 milioni di euro.
L’operazione italiana “Rinascita-Scott” del 2020 ha invece messo in luce i legami dei clan calabresi con l’alta società. Tra i 334 arrestati della maxi operazione, figurano politici, avvocati, commercialisti, e funzionari dello Stato, tra cui anche l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, accusato di associazione mafiosa e condannato in primo grado a 11 anni per aver favorito il consolidamento della cosca Mancuso «nella magistratura, nelle forze dell’ordine, nelle università, negli ospedali più rinomati, all’interno dei servizi segreti, nella politica, negli affari, nelle banche», in base a quanto riportato dalla sentenza del Tribunale di Vibo Valentia.
Ad oggi la ‘Ndrangheta dispone di una fitta rete di legami finanziari e politici e di relazioni privilegiate con gli altri gruppi criminali di caratura internazionale (tra cui i cartelli messicani e colombiani, la mafia albanese e nigeriana).
Grazie a sofisticati metodi di riciclaggio e di diversificazione degli investimenti le cosche calabresi impongono la propria presenza con la forza laddove lo Stato è assente e agiscono indisturbate in larga parte dei Paesi ancora privi di una adeguata normativa antimafia.
Foto in evidenza: By U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 2nd Class Timothy Cox – This image was released by the United States Navy with the ID 070105-N-5240C-015 (next), Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8187873; Foto nell’articolo: “SRSG visits coltan mine in Rubaya” by MONUSCO is licensed under CC BY-SA 2.0.