Lo Sri Lanka, un anno dopo la crisi
Ogni 14 aprile ricorre la festivitร cosiddetta โPuthanduโ, il Capodanno tamil, che celebra lโinizio del nuovo anno secondo il calendario adottato dalle popolazioni di etnia tamil che abitano principalmente nella regione sud-orientale della penisola indiana, nello stato del Tamil Nadu, e in Sri Lanka.
Proprio qui, sullโisola al largo delle coste indiane, nellโaprile 2022 e appena pochi giorni dopo la ricorrenza del Capodanno, i festeggiamenti sono stati turbati dallo scoppio di una crisi interna senza precedenti. ร passato infatti circa un anno da quando lo Sri Lanka รจ stato investito dalla piรน grave crisi economica e umanitaria della propria storia nazionale.
In questi giorni lโattuale Primo Ministro singalese, Ranil Wickremesinghe, ha inviato alla nazione un messaggio di auguri con lโauspicio di lasciarsi alle spalle il difficilissimo anno di crisi appena trascorso. Il PM ha sottolineato come โnonostante le differenze politiche, etniche e religioseโ sia ancora, e piรน che mai, necessario lavorare per creare โun futuro luminoso per la nazioneโ. Wickremesinghe รจ stato eletto nel maggio scorso dopo lโinterminabile braccio di ferro tra i manifestanti esasperati dalla crisi economica e la famiglia dei Rajapaksa, che ha visto proprio questโultima costretta a sciogliere il governo e addirittura a fuggire via dal paese.
Il Presidente singalese e lโex Primo Ministro, fratelli e appartenenti alla famiglia Rajapaksa, avevano instaurato, allโinterno di un sistema democratico, un sistema corrotto e autoritario favorendo amici e parenti. Il dilagare nelle istituzioni del paese una corruzione senza precedenti ha portato, insieme alla crisi causata dallโemergenza covid e dalle speculazioni straniere (in primis la trappola del debito cinese) alla caduta dello Sri Lanka. Un debito insanabile, ospedali bloccati dal virus, strade messe a ferro e fuoco, beni di prima necessitร e gasolio scarseggianti: questo era lo scenario sul quale si affacciava il nuovo anno nellโaprile 2022.
Nel marzo 2023, il Fondo Monetario Internazionale ha accordato un fondo dโemergenza di 2,9 miliardi di dollari che, a detta del PM, saranno sufficienti ad aprire la strada al paese per trovare oltre 7 miliardi utili a risanare almeno il debito contratto coi tre grandi creditori stranieri. La Cina attualmente possiede quasi la metร del debito singalese, mentre lโIndia e la Francia, insieme al Giappone, detengono la restante somma. Proprio queste nazioni hanno programmato negli scorsi giorni un tavolo di discussione per facilitare la ripresa dalla crisi a cui sarร presente anche la Repubblica Popolare Cinese nel dialogo tra i paesi creditori.
Lโiniziativa รจ stata accolta molto positivamente dal governo di Colombo, poichรฉ allenta la presa sulle finanze nazionali e permette a lungo termine di concentrarsi sulla restante parte del debito. Lo Sri Lanka, infatti, deve circa altri 12 miliardi di dollari a creditori privati e altri 2,7 contratti in accordi commerciali. Vedere la fine di questa terribile crisi รจ dunque piuttosto difficile se si pensa che il sistema di tasse, basato su imposte indirette, strangola ancora le fasce piรน povere della popolazione. Tuttavia, la direzione imboccata dal governo di Wickremesinghe sembra fatta di dialogo, riforme economiche e speranza: una lenta terapia per far tornare a ruggire il leone singalese.
Il golpe in Myanmar continua a generare violenza
La stessa etnia Tamil che festeggia ogni anno il Puthandu รจ stata, dagli anni 1983 al 2009, alla base dei conflitti etnici interni dello Sri Lanka. In questi anni, una vera e propria guerra civile ha sconvolto il paese: da un lato le forze governative, di etnia singalese, dallโaltro i ribelli del Tamil Eelam, regione settentrionale dellโisola.
La minoranza tamil, immigrata dallโIndia, ha impegnato lโesercito nazionale in una radicale, ma irrimediabilmente violenta, resistenza allโoppressione governativa per oltre trentโanni compiendo piรน di 80 attacchi suicidi (come riportato dal Sad, โSuicide Attack Databaseโ dellโUniversitร di Chicago) e innumerevoli altre operazioni terroristiche ai danni di sedi governative e forze dellโordine.
Le Tigri tamil, come si facevano chiamare i guerriglieri indipendentisti del Tamil Eelam, non sono state le uniche belve che hanno macchiato di sangue le terre del Golfo del Bengala. Negli stessi giorni del Capodanno tamil, infatti, in Myanmar si piangono le vite di oltre cento civili uccisi lโ11 aprile in un villaggio nella regione nord-orientale di Sagaing. Stavolta perรฒ i mandanti e gli esecutori della strage non sono ribelli o minoranze, ma le stesse istituzioni governative e lโesercito birmano, il Tatmadaw, che dal 1ยฐ febbraio 2021, a seguito di un golpe, governa la nazione in un clima di terrore.
Lo stato di guerriglia civile alimentato dalle numerose faglie etniche allโinterno del paese ha caratterizzato la storia del paese nel dopoguerra e, dal โ62 una serie di dittature militari hanno animato la scena politica birmana. Nonostante ciรฒ, dalla fine degli anni โ80 si รจ visto lโemergere di figure politiche come quella della leader democratica Aun San Suu Kyi. Il Premio Nobel per la pace รจ infatti da ormai trentโanni a difesa dei diritti umani e voce potente contro i regimi dittatoriali nel proprio paese, in grado di contrastare almeno ideologicamente lo strapotere del Tatmadaw e dei golpisti.
Il raid aereo dellโ11 aprile non รจ che lโennesima forma di violenza, giudicata โinammissibileโ e condannata duramente dallโASEAN (LโAssociazione delle nazioni del sud-est asiatico), da parte dellโesercito birmano sulla popolazione civile dal 2021 ad oggi. Proprio a seguito del golpe sia Aun San Suu Kyi che le migliaia di civili che hanno manifestato in protesta contro la neonata dittatura sono stati arrestati con lโaccusa di sedizione, e condannati attraverso processi sommari e arbitrari in seguito allโistituzione della legge marziale nel paese.
Il regime dittatoriale militare inoltre non ha fatto che esacerbare le questioni etniche che riguardano la societร birmana e le regioni vicine: lโesodo dei rohingya verso il Bangladesh รจ risultato in una vera e propria emergenza umanitaria. Dal โ62, come ricordato, i regimi militari, e persino gli stessi governi democratici come quello di Aun San Suu Kyi, animati da nazionalismo e promotori di una versione deviata dellโideologia buddhista, hanno usato il pugno di ferro contro le minoranze del paese, primi tra tutti i musulmani di etnia rohingya o cinese.
Decine di migliaia di persone sono state uccise e circa 700mila, private della cittadinanza, sfollate e costrette ad emigrare verso il Bangladesh dove si trovano a vivere in estrema povertร in sterminati campi profughi.
Per quanto il Primo Ministro del Bangladesh Sheikh Hasina stia affrontando con estrema empatia e umanitร la situazione migratoria, anche mossa da spirito di fratellanza tra popolazioni di fede musulmana, il paese sunnita oggi ospita, secondo le stime, oltre un milione di profughi e necessita dellโaiuto da parte della comunitร internazionale per fronteggiare la crisi umanitaria in corso. Facendo da cuscinetto allโIndia ed attuando la stessa Cina delle politiche repressive contro la minoranza rohingya, ai migranti non resta altro che cercare salvezza in Bangladesh, lโunica terra vicina accogliente verso un popolo senza pace.
Il Golfo del Bengala รจ uno specchio dโacqua tinto di rosso dal sangue di guerriglie terroristiche, dagli etnocidi e dalle violenze istituzionalizzate. La democrazia e la pace sembrano idee lontane laddove regnano governi instabili presieduti da funzionari corrotti e capi militari violenti che dividono popolazioni spingendole ad interminabili cicli di rancore e guerre civili. Se lo Sri Lanka si affaccia su un domani difficile, in salita, ma di rinascita, il futuro del Myanmar sembra ancora avvolto dallโincertezza e dal caos che ne hanno da sempre caratterizzato la storia politica e sociale.
Immagine in evidenza: “Our Lady – Aun San Suu Kyi” by imke.sta is licensed under CC BY-SA 2.0.