Trump non ha impiegato molto tempo a diramare i primi ordini esecutivi, inclusi quelli riguardanti la politica commerciale, e dunque i dazi. Lo ha fatto annunciando lโExternal Revenue Service, organo deputato a gestire le entrate (solo in teoria aggiuntive) derivanti dalle tariffe applicate ai prodotti in ingresso nel mercato statunitense. Il meccanismo sembra lo stesso della prima amministrazione: far rivalutare il peso internazionale degli Stati Uniti adoperando la carota o, piรน prevedibilmente, il bastone.
Lโevidenza empirica (Amiti et al, 2019, 2020; Flaaen, 2019, 2020; Cavallo et al., 2021; Grossman, 2021; Fajgelbaum, 2020, 2022; Houde et al., 2023) ha tracciato in maniera netta gli effetti in campo economico dei dazi introdotti dal 2018. Lโaumento dei prezzi derivante dalle misure protezionistiche รจ stato interamente trasferito ai consumatori e alle imprese importatrici (con lโunica parziale eccezione del mercato dellโacciaio), portando ad una sostanziale redistribuzione degli introiti dai consumatori allo Stato americano e solo marginalmente ad alcuni produttori locali.ย
Similmente a un contrappasso dantesco, tale aumento dei costi derivante anche dalle ritorsioni cinesi ha gravato maggiormente sulle contee a guida repubblicana, favorendo invece i cittadini delle aree politicamente contese. Complessivamente, le stime (Amiti et al, 2020; Fajgelbaum, 2020) misurano una perdita del welfare economico in diversi miliardi, la quale sembra dunque aver superato in valore i pochi posti di lavoro creati.
Almeno per ora, il principale caveat delle ricerche รจ quello di essere limitate allโesclusivo breve termine. Non vengono dunque considerati nel medio-lungo periodo i potenziali investimenti diretti negli States con i relativi linkages, gli aggiustamenti contrattuali nei rapporti commerciali e gli effetti del nuovo livello di retribuzioni e costi di produzione.
Per quanto riguarda strettamente lโItalia, gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco extra-Ue e la maggior parte dei settori manifatturieri vanta un surplus nei confronti degli States. Le categorie piรน esposte ai dazi risultano essere i mezzi di trasporto, i macchinari, la farmaceutica e le bevande.
Gli stessi, dal momento che importano significativi volumi di merci da Oltreoceano, sarebbero anche quelli piรน soggetti ad eventuali manovre di ritorsione da parte europea. Secondo unโanalisi di Prometeia, a livello territoriale le province piรน minacciate sono quelle sarde di Sassari e Nuoro, quella di Grosseto, le aree portuali di Genova e Trieste e poi lโabruzzese de LโAquila, la molisana di Isernia e la lucana di Potenza.
Memore forse delle grigie conseguenze della prima amministrazione, in questo secondo round protezionistico lโapproccio di Trump verso la Cina pare essere lievemente differente, a partire dal fatto che in molti si aspettavano verso il Dragone tariffe ben piรน elevate del 10%. Sono diverse le voci che parlano di un tacito accordo di non belligeranza direttamente tra Trump e Xi Jinping, ma nonostante ciรฒ la solida risposta di Pechino ai dazi โ misure dal 10% al 15% โ ha prontamente allontanato tali sussurri.
Questa volta invece sembra che una superiore dose di attenzione (e obbedienza) sia richiesta ai Paesi โalleatiโ, in primis quelli che compongono lโUnione Europea. Questi ultimi sono infatti stati piรน volte accusati da Trump di essere avidi opportunisti nei confronti degli Stati Uniti, avendone sfruttato innanzitutto la protezione militare e il vorace mercato per far crescere le proprie economie tramite le esportazioni.
Tale lieve scostamento del mirino delle tariffe americane delinea una diversa strumentalitร dei dazi stessi, intesi non come mero strumento di politica commerciale ma come ricatto da usare in tavoli a tema politico e militare. Infatti, rispondono a questa logica quelli imposti al Messico โ volti a diminuire gli afflussi di Fentanyl e migranti dal confine meridionale โ e quelli minacciati nei confronti dellโEuropa.
Rispetto a questโultima la posta in gioco sarebbe in primis un rapido aumento della spesa militare oltre il 2% del Pil (standard Nato), non raggiunto da molti Paesi, Italia inclusa. Tuttavia, valori sbandierati oltre il 5% del Pil sembrano una meta troppo distante, pur in una situazione di ebollizione globale considerata da molti Stati europei come preoccupante, ma non urgente.
Accertato il ritorno di fiamma delle misure protezionistiche adottate da Trump, esse non creerebbero una tale psicosi se il Vecchio Continente non guardasse alle relazioni internazionali con logiche meramente economicistiche. UnโEuropa blasรฉ, attratta dallโesclusivo ritorno economico e non interessata a farsi portatrice di una propria visione politica del mondo, รจ infatti decisamente piรน esposta a minacce economiche.
Questo atteggiamentoย asettico infatti vede i dazi come pure isterie antieconomiche (descrizione vicina alla realtร , se li si considera appunto nel solo campo commerciale) e impedisce di ragionare sul problema da un punto di vista piรน elevato. Nel concreto, pur aggirando i dazi, resterebbe il problema di unโEuropa dallโaspetto fragile, politicamente ingessata, divisa e male armata. In sostanza, tuttโaltro che preparata a gestire lo scenario internazionale che minaccia alle porte del continente. Lโesclusione da ogni tavolo di trattativa sulla questione ucraina ne รจ la triste riprova.
In aggiunta, la considerazione dei dazi come strumento di ritorsione in campo politico e militare โ e solo marginalmente economico โ ne modifica lโorizzonte di utilitร . Infatti, imponendo misure protezionistiche per lungo tempo a una platea piuttosto ampia di Paesi, lโeffetto sullโeconomia americana sarebbe quasi certamente negativo, come dimostrato dalla letteratura economica.
Ma se invece lโobiettivo del tycoon รจ quello di piegare in breve tempo determinati Stati, presi di volta in volta singolarmente o a piccoli gruppi, allora il meccanismo, assimilabile ad un bluff, potrebbe funzionare e lo ha giร fatto nei confronti di Messico, Canada e Colombia. LโEuropa potrebbe sfruttare in anticipo questa situazione per rivedere โ a proprio vantaggio โ lโapproccio alla spesa militare, schivando cosรฌ le minacce dโoltreoceano e dando prova di integritร .
Nonostante sia stato Trump ad aver innescato la guerra commerciale, Biden ha mantenuto una certa parte delle misure, alcune delle quali poste in vigore giร dallโamministrazione Obama. Pur con modalitร e magnitudo differenti, il confronto economico con il Dragone รจ ormai tema trasversale alle amministrazioni americane e per questo probabilmente troverร ampio spazio nei prossimi scenari geoeconomici.
Si รจ osservato che questo, unito alle difficoltร del periodo pandemico, ha giร stravolto lโorganizzazione geografica delle catene globali del valore (Cgv), fenomeno descritto dal termine decoupling. Coniata inizialmente da parte americana per descrivere il desiderio di indipendenza economica dalla Cina in settori strategici, questa espressione oggi indica piรน in generale la frammentazione dei commerci e delle Cgv a livello mondiale.
Come risposta ai dazi, molti esportatori cinesi hanno sfruttato con beneficio altri Stati – Vietnam e Messico in particolare – aggirando le tariffe. Solo le imprese di maggiori dimensioni hanno invece potuto incrementare gli investimenti diretti negli States, aumentando la produzione o creando nuovi stabilimenti, evitando cosรฌ gli ostacoli del commercio.
Soluzioni come queste sono certamente costose e di conseguenza indirizzate solo verso mercati considerati irrinunciabili, ma permettono maggiori garanzie in una stagione economica in cui analizzare โ a breve, medio e lungo termine โ appare sempre piรน simile ad una scommessa.
In Europa, tali tensioni geopolitiche e strumenti economici considerati finora inadoperabili hanno interrotto il sogno di armonia e prevedibilitร di molte imprese, rendendo necessario ripensare le modalitร di esposizione internazionale.
Le attivitร europee, giร vessate da spaventosi aumenti nei costi dellโenergia e delle materie prime, hanno il maggior rischio di rimanere stritolate nella morsa tra i blocchi. Il ripensamento della strategia di crescita tedesca export-led, basata su bassi costi energetici โ del gas russo innanzitutto โ e mercati decisamente accoglienti โ specialmente quello cinese โ ne รจ un esempio.
Le soluzioni per le imprese rivolte ai mercati internazionali potrebbero essere la ricerca di maggiore flessibilitร nelle modalitร di esportazione o fare perno saldamente su mercati-paese ritenuti โprotettiโ anche nella prossima stagione economica.
In questo senso, conoscere in anticipo differenti mercati di sbocco, valutare stati-piattaforma o puntare a investimenti diretti in mercati chiave sono infatti misure che hanno permesso e permetteranno di moderare gli effetti negativi di sconvolgimenti, conflitti e atteggiamenti protezionistici sul commercio. Purtroppo, il problema demografico e di produttivitร che caratterizza il Vecchio Continente e lโItalia in particolare non permettono di contare sul mercato interno.
Indipendentemente dalla risposta delle imprese, va infine sottolineata lโimpossibilitร tecnica per lโamministrazione americana di perseguire entrambi gli obiettivi: riportare la produzione negli Stati Uniti ed abbassare le tasse โ giร virtualmente aumentate dal trasferimento dei dazi ai consumatori americani โ tramite lโExternal Revenue Service.
Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:President_Donald_J._Trump_signs_executive_orders.jpg