I media dellโera post Covid parlano continuamente diย โdeglobalizzazioneโ, come se nel giro di un anno le regole dellโeconomia mondiale fossero cambiate drasticamente. Non รจ esattamente cosรฌ. Negli ultimi 15 anni il processo di globalizzazione, iniziato allโindomani delย 1989, ha conosciuto un graduale rallentamento, concretizzatosi nella riduzione del peso del commercio internazionale sulย PIL mondialeย e nellโesaurimento del processo di frammentazione delle catene globali del valore – supply chainย per gli esterofili.
Questa tendenza in atto tra la sua ratio da due elementi fondamentali: il primo consiste nellโambizione del Celeste Imperoย (Repubblica Popolare Cinese) di affermarsi come potenza industriale sempre meno dipendente da tecnologie importate e dallโexport; il secondo invece รจ il ripensamento da parte dellโOccidente delle dipendenze estere inย filiere strategicheย per ragioni sicurezza nazionale.
Su ambo le sponde dellโAtlantico,ย USAย (con grande convinzione) eย UEย (con consueta lentezza) hanno implementato delle politiche economiche dirette a favorire processi selettivi sia diย re-industrializzazioneย (reshoring), sia di ripensamento nella collocazione delle filiere produttive, puntando su partner geopoliticamente affidabili, se non occidentali almeno affini alla nostraย rule of lawย (friendshoring).
La deglobalizzazione vista dall’Italia
Il cambio di paradigma nel pensare lโindustria, anche in ottica strategica oltre che meramente economica, sta determinando unaย progressiva regionalizzazione della produzioneย e degli scambi, che in ambito europeo permetterebbero di rafforzare la cooperazione economica nel Mediterraneo, al centro del quale cโรจ una certa Penisola…ย
I Paesi affacciati sulle sponde extra-europee del fuย Mare Nostrum, rappresentano una buona occasione per ridefinire la configurazione delle filiere produttive dei Paesi UE, essendo presenti in questi contesti una buonaย specializzazioneย in ambiti industriali di particolare interesse per le imprese europee a valle, un costo del lavoro mediamente inferiore a quello cinese e infrastrutture logistiche e (soprattutto) portuali in crescita.ย
Le opportunitร offerte dai paesi rivieraschi, specie quelli collocati in quella che Limes definisce Caoslandia, non possono prescindere, tuttavia, da un attento monitoraggio dellโinstabilitร economica e sociale che caratterizza tutta lโarea, essendo necessaria anche unaย politica attivaย per stabilizzare lโarea. Certamente un ruolo di primissimo piano dovremmo averlo (prendercelo) noi italiani, che per collocazione geografica, interessi economici e geostrategici siamo i piรน direttamente coinvolti.ย
Il riassetto degli equilibri commerciali verso il Mediterraneo rappresenta unโopportunitร per la portualitร italiana, che puรฒ sfruttare la sua posizione di netto vantaggio nel traffico marittimo a corto raggio. La collocazione strategica dellโItalia perรฒ non basta, per sfruttare al meglio la centralitร della penisola nel bacino mediterraneo occorre lavorare per rafforzare la competitivitร degli scali, puntando su: efficientamento dei servizi portuali, potenziamento delle infrastrutture per lโintermodalitร , sviluppo di aree retroportuali e transizione green.
Purtroppo, stante la centralitร nel bacino mediterraneo, oggiย lโItaliaย fa fatica a intercettare i flussi di traffico marittimi a lungo raggio, come evidenziato dal progressivo calo dellโincidenza delย trafficoย transhipment โ cioรจ la movimentazione di container da nave a nave โ scesa dal 48% al 36% del totale nazionale tra 2004 e 2021.
Iย porti italianiย affrontano la durissima competizione del Pireo, degli scali spagnoli (Valencia e Algeciras) e di quelli nord-africani di Port Said e Tanger Med, che hanno visto un netto miglioramento della loro appetibilitร nei commerci e movimentazioni merci internazionali.
Le prospettive di riassetto degli equilibri commerciali e industriali con la c.d. deglobalizzazione aprono nuove opportunitร ย per cui la portualitร italiana si trova in una posizione favorevole. La progressiva regionalizzazione degli scambi e delle filiere produttive, infatti, comporterร un ingente aumento dei numeri delย traffico marittimoย interno allโarea mediterranea.
Questa nuova globalizzazione dal sapore rรฉtrรฒ, reminiscente di quando le Repubbliche Marinare gestivano i traffici nel Mediterraneo, non puรฒ che fare perno sulla posizione strategica dellโItalia, naturalmente propensa al ruolo diย hub logisticoย per i flussi commerciali tra Nord Africa ed Europa continentale.ย
Come si perde (o no) un’occasione
Tuttavia, per poter sfruttare le potenzialitร esistenti nella portualitร nostrana, occorre intervenire su alcuneย criticitร ย che limitano la competitivitร del sistema portuale. Questioni che, in parte, trovano un appoggio anche nelle progettualitร finanziate dalย PNRR. Di primaria importanza รจ lรฌefficientamento deiย servizi portuali, andando a ridurre le tempistiche di stazionamento delle navi in porto che risultano molto piรน elevate rispetto ai principaliย peer, si pensi che il tempo medio di attesa nei porti italianiย risulta essere di 1,34 giorni contro 0,62 nei Paesi Bassi e 0,9 in Spagna.ย
Ulteriore criticitร puรฒ essere affrontata potenziando servizi e infrastrutture per lโintermodalitร , essenziali per il veicolare e smistare leย merciย sul suolo nazionale e verso lโEuropa settentrionale. Necessitร molto urgente: basti pensare che oggi, tra i principali porti italiani solo due su cinque sono collegati direttamente alla rete ferroviaria.
Lโintermodalitร ย da sola non basta a rendere efficiente unโarea portuale, perchรฉ risulta fondamentale lavorare anche sulle aree retroportuali, attraverso la piena implementazione delleย Zone Economiche Speciali (ZES) e le Zone Logistiche Speciali (ZLS), cruciali per incoraggiare gli investimenti e lโinsediamento di imprese in vaste aree del Paese. I casi delle ZES Ionica e dellโAdriatico meridionale rappresentano tra lโaltro una grande occasione per lo sviluppo economico delย Mezzogiorno.
Da ultimo ricordiamo laย transizione ecologica,ย perchรฉ, anche a ragione del PNRR, serve realizzare degli scali โgreenโ in ottica di affinamento energetico, realizzando ilย cold ironing,ย ossia lโelettrificazione delle banchine per alimentare le navi una volta in porto. A fine 2021, in Italia cโerano solo due banchine dotate di servizi di alimentazioneย onshore contro le 145 dei Paesi Bassi. Necessitano di sviluppo anche le infrastrutture per lโaccosto di navi GNL/dual-fuel o alimentate daย combustibiliย alternativi (ammoniaca, metanolo, idrogeno).
Pensare lโItalia come hub commerciale del Mediterraneo e snodo centrale per i flussi commerciali per il nord Europa non sembra essere solo una suggestione, perรฒ occorre lavorare, superare lโannosa politica dei โnoโ e investire con coscienza le finanze pubbliche.