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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

Come l’Italia e i suoi porti possono guadagnare dalla de-globalizzazione

Come l’Italia e i suoi porti possono guadagnare dalla de-globalizzazione

La de-globalizzazione orienta le catene del valore verso il Mediterraneo. Un'occasione per la Penisola e i suoi porti

I media dellโ€™era post Covid parlano continuamente diย โ€œdeglobalizzazioneโ€, come se nel giro di un anno le regole dellโ€™economia mondiale fossero cambiate drasticamente. Non รจ esattamente cosรฌ. Negli ultimi 15 anni il processo di globalizzazione, iniziato allโ€™indomani delย 1989, ha conosciuto un graduale rallentamento, concretizzatosi nella riduzione del peso del commercio internazionale sulย PIL mondialeย e nellโ€™esaurimento del processo di frammentazione delle catene globali del valoresupply chainย per gli esterofili.

Questa tendenza in atto tra la sua ratio da due elementi fondamentali: il primo consiste nellโ€™ambizione del Celeste Imperoย (Repubblica Popolare Cinese) di affermarsi come potenza industriale sempre meno dipendente da tecnologie importate e dallโ€™export; il secondo invece รจ il ripensamento da parte dellโ€™Occidente delle dipendenze estere inย filiere strategicheย per ragioni sicurezza nazionale.

Su ambo le sponde dellโ€™Atlantico,ย USAย (con grande convinzione) eย UEย (con consueta lentezza) hanno implementato delle politiche economiche dirette a favorire processi selettivi sia diย re-industrializzazioneย (reshoring), sia di ripensamento nella collocazione delle filiere produttive, puntando su partner geopoliticamente affidabili, se non occidentali almeno affini alla nostraย rule of lawย (friendshoring).

La deglobalizzazione vista dall’Italia

Il cambio di paradigma nel pensare lโ€™industria, anche in ottica strategica oltre che meramente economica, sta determinando unaย progressiva regionalizzazione della produzioneย e degli scambi, che in ambito europeo permetterebbero di rafforzare la cooperazione economica nel Mediterraneo, al centro del quale cโ€™รจ una certa Penisola…ย 

I Paesi affacciati sulle sponde extra-europee del fuย Mare Nostrum, rappresentano una buona occasione per ridefinire la configurazione delle filiere produttive dei Paesi UE, essendo presenti in questi contesti una buonaย specializzazioneย in ambiti industriali di particolare interesse per le imprese europee a valle, un costo del lavoro mediamente inferiore a quello cinese e infrastrutture logistiche e (soprattutto) portuali in crescita.ย 

Le opportunitร  offerte dai paesi rivieraschi, specie quelli collocati in quella che Limes definisce Caoslandia, non possono prescindere, tuttavia, da un attento monitoraggio dellโ€™instabilitร  economica e sociale che caratterizza tutta lโ€™area, essendo necessaria anche unaย politica attivaย per stabilizzare lโ€™area. Certamente un ruolo di primissimo piano dovremmo averlo (prendercelo) noi italiani, che per collocazione geografica, interessi economici e geostrategici siamo i piรน direttamente coinvolti.ย 

Il riassetto degli equilibri commerciali verso il Mediterraneo rappresenta unโ€™opportunitร  per la portualitร  italiana, che puรฒ sfruttare la sua posizione di netto vantaggio nel traffico marittimo a corto raggio. La collocazione strategica dellโ€™Italia perรฒ non basta, per sfruttare al meglio la centralitร  della penisola nel bacino mediterraneo occorre lavorare per rafforzare la competitivitร  degli scali, puntando su: efficientamento dei servizi portuali, potenziamento delle infrastrutture per lโ€™intermodalitร , sviluppo di aree retroportuali e transizione green.

Purtroppo, stante la centralitร  nel bacino mediterraneo, oggiย lโ€™Italiaย fa fatica a intercettare i flussi di traffico marittimi a lungo raggio, come evidenziato dal progressivo calo dellโ€™incidenza delย trafficoย transhipment โ€“ cioรจ la movimentazione di container da nave a nave โ€“ scesa dal 48% al 36% del totale nazionale tra 2004 e 2021.

Iย porti italianiย affrontano la durissima competizione del Pireo, degli scali spagnoli (Valencia e Algeciras) e di quelli nord-africani di Port Said e Tanger Med, che hanno visto un netto miglioramento della loro appetibilitร  nei commerci e movimentazioni merci internazionali.

Il porto del Pireo, di proprietร  della cinese COSCO, รจ il quarto piรน importante d’Europa per Teu | da Wikimedia Commons

Le prospettive di riassetto degli equilibri commerciali e industriali con la c.d. deglobalizzazione aprono nuove opportunitร ย per cui la portualitร  italiana si trova in una posizione favorevole. La progressiva regionalizzazione degli scambi e delle filiere produttive, infatti, comporterร  un ingente aumento dei numeri delย traffico marittimoย interno allโ€™area mediterranea.

Questa nuova globalizzazione dal sapore rรฉtrรฒ, reminiscente di quando le Repubbliche Marinare gestivano i traffici nel Mediterraneo, non puรฒ che fare perno sulla posizione strategica dellโ€™Italia, naturalmente propensa al ruolo diย hub logisticoย per i flussi commerciali tra Nord Africa ed Europa continentale.ย 

Come si perde (o no) un’occasione

Tuttavia, per poter sfruttare le potenzialitร  esistenti nella portualitร  nostrana, occorre intervenire su alcuneย criticitร ย che limitano la competitivitร  del sistema portuale. Questioni che, in parte, trovano un appoggio anche nelle progettualitร  finanziate dalย PNRR. Di primaria importanza รจ lรฌefficientamento deiย servizi portuali, andando a ridurre le tempistiche di stazionamento delle navi in porto che risultano molto piรน elevate rispetto ai principaliย peer, si pensi che il tempo medio di attesa nei porti italianiย risulta essere di 1,34 giorni contro 0,62 nei Paesi Bassi e 0,9 in Spagna.ย 

Ulteriore criticitร  puรฒ essere affrontata potenziando servizi e infrastrutture per lโ€™intermodalitร , essenziali per il veicolare e smistare leย merciย sul suolo nazionale e verso lโ€™Europa settentrionale. Necessitร  molto urgente: basti pensare che oggi, tra i principali porti italiani solo due su cinque sono collegati direttamente alla rete ferroviaria.

Lโ€™intermodalitร ย da sola non basta a rendere efficiente unโ€™area portuale, perchรฉ risulta fondamentale lavorare anche sulle aree retroportuali, attraverso la piena implementazione delleย Zone Economiche Speciali (ZES) e le Zone Logistiche Speciali (ZLS), cruciali per incoraggiare gli investimenti e lโ€™insediamento di imprese in vaste aree del Paese. I casi delle ZES Ionica e dellโ€™Adriatico meridionale rappresentano tra lโ€™altro una grande occasione per lo sviluppo economico delย Mezzogiorno.

Da ultimo ricordiamo laย transizione ecologica,ย perchรฉ, anche a ragione del PNRR, serve realizzare degli scali โ€œgreenโ€ in ottica di affinamento energetico, realizzando ilย cold ironing,ย ossia lโ€™elettrificazione delle banchine per alimentare le navi una volta in porto. A fine 2021, in Italia cโ€™erano solo due banchine dotate di servizi di alimentazioneย onshore contro le 145 dei Paesi Bassi. Necessitano di sviluppo anche le infrastrutture per lโ€™accosto di navi GNL/dual-fuel o alimentate daย combustibiliย alternativi (ammoniaca, metanolo, idrogeno).

Pensare lโ€™Italia come hub commerciale del Mediterraneo e snodo centrale per i flussi commerciali per il nord Europa non sembra essere solo una suggestione, perรฒ occorre lavorare, superare lโ€™annosa politica dei โ€œnoโ€ e investire con coscienza le finanze pubbliche.

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Alessandro Gorgoni

Alessandro Gorgoni

Giurista di formazione, ho sviluppato conoscenze trasversali tra economia e diritto sviluppando unโ€™accurata conoscenza della Pubblica Amministrazione e del settore energetico. Sono dottore di ricerca del Dottorato di Interesse Nazionale per la Pa presso lโ€™Universitร  del Salento e lavoro in unโ€™impresa statale.

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