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Direttiva Hannibal: la questione degli ostaggi e l’equilibrio tra sicurezza e diritti

Direttiva Hannibal: la questione degli ostaggi e l’equilibrio tra sicurezza e diritti

La Direttiva Hannibal di Israele tra implicazioni etiche, aspetti operativi e l'equilibrio tra la sicurezza nazionale e il rispetto dei diritti umani

Il rapimento di soldati e civili da parte dei militanti palestinesi ha riacceso la discussione riguardo alla strategia della gestione degli ostaggi di Israele; unโ€™ombra che si insinua nei recessi piรน oscuri della memoria collettiva di un popolo la cui tradizione รจ quella di fornire un rifugio sicuro agli ebrei di tutto il mondo. Israele si confronta con un evento senza precedenti, anche se la sua storia รจ punteggiata da episodi analoghi che hanno forgiato la sua identitร  e la sua tenacia.

Il timore di Israele per la sorte degli ostaggi affonda le sue radici nelle tradizioni storiche e religiose ebraiche. Il principio del riscatto รจ un pilastro dellโ€™ebraismo, simbolo di solidarietร  e riconoscimento. Il riscatto, perรฒ, secondo il Talmud โ€“ testo sacro e colonna portante della vita spirituale e culturale ebraica โ€“ non dovrebbe in alcun caso rinforzare il nemico o rendere gli ebrei obiettivi privilegiati.

Vi รจ un solenne impegno morale che lega le Forze di Difesa Israeliane (Tsahal) alla comunitร : la salvaguardia dei propri compagni รจ considerata la piรน sacra delle prioritร . Qualsiasi mancanza in questo dovere รจ percepita sia come una macchia di disonore oltre che come una minaccia alla sicurezza nazionale. In una nazione dalle dimensioni contenute ma dalla grande unitร  di spirito, lโ€™evento di un rapimento di un suo cittadino scuote lโ€™intero tessuto sociale, con i media che risuonano di questa tensione collettiva e invocano una risposta pubblica immediata e risoluta.

Alcuni israeliani credono fermamente nella politica di intransigenza, basata sulla difesa degli interessi statali, altri propendono per il dialogo. La risolutezza nel non piegarsi di fronte a rapimenti si fonda sullโ€™obiettivo di sventare ogni tentativo di estorsione e di non potenziare lโ€™oppositore, evitando sia concessioni che la liberazione di detenuti. Il timore che palestinesi precedentemente imprigionati possano tornare a colpire i cittadini di Israele rafforza il concetto di non alimentare la forza antagonista.

Lโ€™esultanza per il rientro dei prigionieri palestinesi, spesso strumentalizzata per scopi propagandistici, รจ percepita come una minaccia tattica ben maggiore rispetto allโ€™obbligo morale verso i militari sequestrati, e il senso di umiliazione di concessioni fatte in passato ad Hamas ed Hezbollah รจ tuttโ€™oggi un vivido ricordo nella Terra di Davide.

Ciononostante, non si puรฒ affermare che ogni scarcerazione porti inevitabilmente a nuovi atti di violenza. Visioni riduttive e superficiali di questo tipo non possono catturare lโ€™intera complessitร  delle dinamiche in gioco.

La direttiva Hannibal

Per comprendere a fondo la posizione di Israele sulla gestione degli ostaggi, occorre fare un passo indietro e richiamare lโ€™attenzione verso un particolare modus operandi di Tsahal: la Direttiva Hannibal. Si tratta di un protocollo militare istituito nel 1986 e finalizzato a precludere la cattura di soldati israeliani durante i combattimenti. Lโ€™intento principale era evitare che il nemico potesse portar via i prigionieri, benchรฉ questo implicasse rischi per la sicurezza dei militari e dei civili nelle vicinanze.

La direttiva รจ stata esplicitamente attuata a livello tattico durante i conflitti con il Libano e Gaza con lโ€™obiettivo di prevenire che i terroristi catturassero civili o soldati israeliani per utilizzarli come merce di scambio. In tali contesti bellici, le risposte di Tsahal sono state caratterizzate da un uso della forza eccessivo secondo lโ€™opinione di molte testate internazionali.

Questa ferocia ha purtroppo portato ad un numero indiscriminato di vittime civili, mentre i militanti cercavano di ottenere prigionieri, dato che non potevano competere in termini di equipaggiamento militare con lโ€™esercito israeliano e necessitavano di una โ€œvalutaโ€ valida.

Non sorprende, quindi, che allโ€™epoca la filosofia del Generale di Brigata Tzvika Fogel fosse: โ€œTra una madre israeliana che versa lacrime e 1.000 madri palestinesi che piangono, scelgo la secondaโ€.
Il dibattito sullโ€™etica e lโ€™uso effettivo di tale dottrina si รจ intensificato, portando alla sua abrogazione non ufficiale da parte delle forze armate israeliane nel giugno 2016.

In quel periodo, le opinioni discordanti tra i militari riguardo la validitร  di un approccio cosรฌ draconiano erano palpabili. Vi sono sostenitori della tesi per cui diversi civili uccisi durante il Nova Festival del 7 ottobre siano morti direttamente per mano di soldati israeliani per evitare che Hamas potesse farli prigionieri, secondo quel principio per cui โ€œlโ€™unico prigioniero buono รจ un prigioniero mortoโ€.

Le interpretazioni che si evincono da questa dottrina tracciano quadri di grande complessitร . La prima lettura propone che Hannibal costituisca un estremo sforzo di salvare lโ€™ostaggio attraverso lโ€™intenzionale generazione di disordine. Lโ€™intento dovrebbe essere quello di scompigliare i sequestratori, fornendo alla vittima lโ€™opportunitร  di evadere. Da questa angolazione, la sicurezza dellโ€™ostaggio si pone come una prioritร .

Una seconda lettura, invece, evidenzia la potenziale accettazione del sacrificio del militare, viste anche le dichiarazioni di alcuni soldati israeliani che esprimono la preferenza di morire piuttosto che essere utilizzati come merce di scambio. Secondo questa linea di pensiero, la morte di un militare รจ vista come alternativa piรน tollerabile rispetto alle complicate dinamiche di interminabili negoziazioni.

Di fronte a richieste di rilascio giudicate eccessive, spetta allo Stato di Israele la responsabilitร  di esplorare vie alternative al dialogo o di rifiutarlo completamente. Lโ€™intenzione di Hamas pare voler saturare profondamente il tessuto del conflitto, intessendo con destrezza le sue molteplici sfumature. Il sequestro su larga scala porta lโ€™azione di Hamas a un inedito livello temporale, con la possibilitร  di estendere il conflitto per anni, erigendo un muro al lutto finchรฉ ogni prigioniero di guerra non tornerร  a casa.

Come Hamas tenterร  di sfruttare gli ostaggi

Il grande numero di prigionieri rende difficile per Israele accordare compensazioni paragonabili a precedenti accordi, come lo scambio di molti detenuti per un unico cittadino israeliano. Hamas, ben consapevole di questa sfida, sta giocando le proprie carte con sagacia. Un intervento di salvataggio diretto rimane complesso, e le tregue in questโ€™area del mondo non sono destinate a durare a lungo, quasi a sottolineare che sono talmente abituati a combattere che smettere รจ impensabile.

Netanyahu ha annunciato che lโ€™intesa per la liberazione di alcuni dei sequestrati โ€œรจ una scelta ardua, tuttavia necessariaโ€, e la necessitร  di pervenire ad un accordo in tempi brevi รจ chiara, vista lโ€™inefficacia delle azioni manu militari.

รˆ essenziale per lo Stato ebraico negoziare una sospensione delle ostilitร  di lunga durata, non solo per placare lโ€™inquietudine di una vasta porzione dellโ€™opinione pubblica preoccupata per la sorte dei sequestrati, ma anche per rispondere alle pressioni internazionali visto che tra gli ostaggi figurano anche cittadini stranieri.

Si puรฒ presumere che Hamas tenterร  di capitalizzare la liberazione parziale per ottenere ulteriori vantaggi, possibilmente tramite interruzioni temporanee delle battaglie. La fazione palestinese, conscia dei propri limiti bellici, appare incline a una tattica dilatoria, contando sulla pressione globale, aggravata dalle preoccupazioni per le vittime civili, per forzare la mano a Israele affinchรฉ cessi gli scontri.

Insomma, gli ostaggi sono da sempre una moneta di scambio potente, capace di piegare la volontร  altrui e ottenere concessioni. La minaccia alla vita di un individuo funge da elemento di costrizione psicologica che spinge alla capitolazione di fronte al carico emotivo e morale.

Lโ€™utilizzo di vite umane come merce di scambio in negoziati solleva dilemmi etici profondi che toccano la dignitร  umana, i diritti individuali e i principi di giustizia, aprendo un variegato panorama di riflessione. Non si puรฒ escludere che alcuni prigionieri rimangano in ostaggio della situazione per anni, trascinando nel tempo le loro famiglie in un percorso di angoscia e incertezza.

Resta ora da vedere se lโ€™ombra di Hannibal sia stata veramente dissolta, poichรฉ, a giudicare dal triste tributo di vite innocenti fino ad oggi, sembra che la sua presenza si perpetui. Un interrogativo che invita alla riflessione sul peso di un passato che รจ piรน presente che mai.

Foto in evidenza: By IDF Spokesperson’s Unit, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=125999991

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Ilya D'Antonio

Ilya D'Antonio

Mi occupo di intelligence operativa con l'obiettivo di anticipare le mosse e capire il gioco mentre gli altri stanno ancora leggendo il regolamento. Mi appassionano lโ€™analisi, lโ€™intuito e la capacitร  di trovare soluzioni prima che servano, perchรฉ chi aspetta la mossa dellโ€™avversario ha giร  perso un turno.

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