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ECONOMIA ISLAMICA: cosa ha da insegnare all’Occidente

ECONOMIA ISLAMICA: cosa ha da insegnare all’Occidente

Una delle civiltร  del mondo contemporaneo che piรน puรฒ essere considerata come instabile e tumultuosa se osservata con la lenti politiche o religiose rappresenta anche una delle piรน interessanti dal punto di vista economico, per le proprie caratteristiche intrinseche.

La tradizione islamica dei paesi del Medio Oriente, del Sud Est Asiatico e dellโ€™Africa Settentrionale ha permesso la nascita di un fenomeno del tutto particolare nel corso del secondo dopoguerra: lโ€™economia islamica. Probabilmente la religione di Maometto ed Allah rappresenta quella piรน capace di modellare la vita politica, la vita economica e la societร  in generale in base a criteri di sincretismo socio-religioso scavalcando totalmente il limite intimo del rapporto tra credente e divinitร , comune invece a molte altre religioni.
La vita della comunitร , lโ€™Umma, da considerarsi nel suo senso piรน ampio di โ€œComunitร  di fedeliโ€, รจ strutturata sulla base dei principi della legge islamica, la Sharia, i cui dettami si rivolgono sia alla vita privata del fedele sia alla vita pubblica della societร  nel suo totale. Diventa cosรฌ difficile individuare il confine tra ciรฒ che รจ pubblico e ciรฒ che non lo รจ, data lโ€™importanza fondamentale della visione comunitaria allโ€™interno mondo islamico, come si vedrร  nel corso di questa breve analisi.


Ilย Corano, [โ€ฆ], fu sufficiente per fondare una religione mondiale, per soddisfare il bisogno metafisico di milioni e milioni di uomini, per definire il fondamento della loro morale [โ€ฆ].

– Arthur Schopenhauer

Breve storia dellโ€™economia islamica

Il concetto di economia islamica (moderna) si sviluppa formalmente negli anni โ€™70 del secolo scorso, dopo alcune prime esperienze risalenti agli anni โ€™40 in Pakistan e, soprattutto, agli anni โ€™60, con la creazione della Banca di Risparmio Mit Ghamr da parte dellโ€™economista Ahmad el-Najjar nel 1963.
I primi contatti che il mondo musulmano ebbe con lโ€™economia moderna sono quelli veicolati dallโ€™espansione coloniale nel Medio Oriente, principalmente grazie alle due punte di diamante del colonialismo europeo: Francia e Gran Bretagna. Si instaurรฒ cosรฌ il comune rapporto Centro-Periferia tra colonizzatore e colonizzato, approssimativamente riscontrabile โ€“ ed รจ la storia a parlare โ€“ in ogni scenario in cui un paese occidentale sia venuto a contatto con uno meno sviluppato. Con lโ€™avvento della decolonizzazione del secondo dopoguerra, rosi dai morsi della fame di indipendenza politica, culturale ed economica, i paesi a tradizione islamica sfruttarono (o piรน precisamente, recuperarono) una delle caratteristiche principali della loro religione: la capacitร  di essere mito fondante e aggregatore.

La necessitร  di raggiungere lโ€™autosufficienza e di coniugarla con lโ€™assicurare un determinato livello di benessere alla popolazione spinse gli studiosi ed i policy makers a tentare di disegnare un sistema economico che fosse efficace sia nel fornire sussistenza e moralitร  ai fedeli dellโ€™Umma, sia nel tener testa agli avversari capitalisti. Trovandosi, quindi, catapultati in un mondo in rapido cambiamento, negli anni della Golden Age del capitalismo, i paesi islamici mirarono a strutturare la propria โ€œNuovaโ€ realtร  socioeconomica sulla base dei principi del Corano e su di un latente e velato panislamismo. La creazione del sistema economico islamico prese piede grazie alle spinte nazionaliste, residuo della reazione al colonialismo europeo, e allโ€™accentramento del potere nelle mani dello Stato. Dโ€™altronde, quale modo migliore per indirizzare in senso politico e religioso lโ€™economia del paese? Egitto, Iraq, Libia, Siria sono solo alcuni dei paesi in cui ciรฒ avvenne e che, inevitabilmente, assorbirono parte delle caratteristiche dei sistemi economici piรน sviluppati, in particolare socialisti, che tanto venivano avversati. Nel corso del tempo questi paesi acquistarono sempre piรน autonomia e coscienza di sรฉ e del potere che si trovavano in mano: gli shock petroliferi degli anni โ€™70 rappresentano lโ€™emblema di come essi stessero raggiungendo una posizione strategica estremamente rilevante nel rapporto con il resto del mondo, tanto da costringerlo a battere le strade delle proprie sfavillanti cittร  a dorso di cavallo o con pattini e biciclette. Contestualmente si fondarono i primi istituti finanziari islamici, inizialmente legati alla spinta sviluppatrice statale, poi sempre piรน decentralizzati. Questo processo culminรฒ negli anni โ€™90, in un mondo in cui gli equilibri di potere si rimescolavano e il capitalismo vinceva finalmente la battaglia con il suo grande nemico.

Anche lโ€™economia islamica si piegรฒ lentamente verso lโ€™accoglimento di principi laici e occidentali, liberandosi di parte dei residui religiosi che avevano contribuito alla sua nascita, venendo cosรฌ integrata a mano a mano nei sistemi economici del resto del mondo.
Gli aspetti teorici che saranno messi in luce tra poco si declinano in modo diverso a seconda del paese preso in esame. Per ora ci concentreremo sul delineare brevemente un quadro attuale della diffusione e delle dimensioni dellโ€™economia islamica nel mondo. รˆ evidente come la maggior parte dei sistemi economici di questo tipo rientrino nella categoria delle economie emergenti e, come tali, si trovano a percorrere la strada di un comune processo di convergenza verso la maturitร . Nella seconda metร  del secolo scorso buona parte di esse presentava altissimi tassi di crescita del PIL (lโ€™Iraq raggiunse circa il 60% annuale nel 1990, secondo i dati della Banca Mondiale) con livelli assoluti di prodotto che rimanevano relativamente bassi, oscillanti tra i 50 miliardi di Filippine, Egitto e Malesia a i 120-170 miliardi di Arabia Saudita, Iran e Iraq. Ad oggi i โ€œgruppiโ€ sono rimasti gli stessi, con il prodotto assoluto aumentato a dismisura, oscillando tra i 200 e gli 800 miliardi a seconda del paese, e con i tassi di crescita ben piรน bassi (in media 3-4% annuo). รˆ importante sottolineare come il settore petrolifero abbia avuto senza dubbio un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita di questi paesi ma che, con il passare del tempo, soprattutto quelli piรน sviluppati (Arabia Saudita, Qatar, Kuwait) stiano strutturando le proprie economie in direzioni sempre piรน diversificate. Lโ€™integrazione con i sistemi economici occidentali, in particolare attraverso il canale della finanza, ha permesso agli attori principali, pubblici o privati, di queste economie di concentrarsi sullโ€™espansione in settori come quelli della tecnologia e della moda.

Moral Economy islamica

Ciรฒ che rende necessario coniare unโ€™espressione come โ€œEconomia Islamicaโ€ per descrivere questa realtร  รจ la sua dimensione non strettamente tecnica e materiale: il mondo economico islamico si configura specificatamente come una c.d. moral economy. Per comprendere al meglio il significato (nella nostra analisi) di questโ€™espressione si pensi ad un dipinto: la dimensione economica รจ la tela, la dimensione morale รจ la cornice. Il tracciato della cornice stessa viene stabilito dalle fonti giuridico-religiose dellโ€™Islam, che forgiano, come accennato in precedenza, sia il culto in sรฉ, sia la societร  nel suo aspetto, se possibile, laico.  La fonte primaria รจ rappresentata dal Corano, il testo sacro contenente le rivelazioni di Allah al profeta Maometto, seguito dalla Sunna, lโ€™insieme degli atti e dei detti del profeta stesso, seguita a sua volta dalle fonti minori, di carattere piรน specificatamente giuridico, lโ€™ijmร  e il qiyร s, rispettivamente il consenso dei dotti e lโ€™analogia giuridica. A partire dallโ€™insindacabile Corano, scendendo i gradi della gerarchia aumentano le possibilitร  di interpretazione delle prescrizioni e del contenuto delle fonti poichรฉ ci si allontana sempre di piรน dal Verbo di Dio e ci si avvicina alla defettibilitร  umana. Questo ha comportato, nel corso del tempo, le famose ramificazioni caratteristiche di questa religione e la mancanza di unโ€™unica autoritร  centrale che potesse amministrare e gestire universalmente il mondo islamico. Lโ€™economia stessa viene quindi costruita sulla base dei criteri contenuti nelle fonti religiose. Le risorse della Terra, messe a disposizione dellโ€™umanitร , appartengono ad Allah e lโ€™uomo puรฒ esserne considerato al piรน un possessore, almeno dal punto di vista religioso. Con questo, si badi bene, non si vuole affermare che il diritto di proprietร  non sia riconosciuto negli ordinamenti giuridici islamici bensรฌ che esso sia da esercitarsi entro certi limiti. Come accennato precedentemente, lโ€™Ummah, la comunitร  di fedeli, riveste un ruolo fondamentale allโ€™interno dellโ€™economia e rappresenta esattamente un punto di partenza per individuare uno di questi limiti. Le risorse allโ€™interno della comunitร , essendo fisicamente finite, devono essere destinate ad unโ€™equa distribuzione tale da permettere ad ogni fedele di vivere con dignitร . La redistribuzione delle risorse, tema caro agli economisti dello sviluppo di tradizione occidentale, si presenta anche qui come un elemento fondamentale per garantire una crescita sana e giudiziosa del sistema socioeconomico, per evitare inefficienze e garantire lโ€™equitร  ai cittadini. Forniamo un esempio che mostri come precetti forse fumosi possano essere messi facilmente in pratica: la religione islamica vieta esplicitamente la possibilitร  che nascano monopรฒli, storici generatori di disparitร . Il sistema dellโ€™economia tende quindi a strizzare lโ€™occhio al libero mercato di marca occidentale e alle sue capacitร  equilibratrici, pur riconoscendo allo Stato un ruolo fondamentale nella correzione delle sue inefficienze; da intendersi piรน come dei fallimenti etico-morali dal punto di vista religioso che come i fallimenti del “mercato” di cui siamo abituati leggere nei manuali di economia politica. Si potrebbe affermare, con buona approssimazione, che molti elementi delle economie occidentali siano presenti, seppur in vesti rielaborate, nellโ€™economia islamica. Lโ€™iniziativa imprenditoriale, lโ€™investimento, il risparmio, ad esempio, sono senzโ€™ombra di dubbio strumenti per accrescere la ricchezza individuale ma essa rappresenta al contempo un mezzo di accrescimento del benessere dellโ€™Ummah. Allโ€™Homo oeconomicus occidentale viene a contrapporsi lโ€™Homo islamicus, il quale ragiona in termini di massimizzazione dellโ€™utilitร , non solo individuale, ma anche sociale. Per sottolineare ulteriormente il ruolo della comunitร  รจ possibile citare un istituto delle economie islamiche decisamente originale: la Zakร t. Essa rappresenta probabilmente uno degli strumenti piรน antichi e piรน diffusi per la formazione di un welfare state. In termini pratici si tratta di una tassa da pagare in base allโ€™ottenimento di ricchezza da parte dei cittadini lavoratori, in virtรน della proprietร  di beni che non vengono impiegati nei processi produttivi. Generalmente i proventi vengono poi utilizzati per effettuare quella redistribuzione delle risorse di cui si parlava poco fa ed assicurare vita dignitosa a particolari categorie di fedeli. Si noti come lโ€™esistenza della Zakร t sia conferma pratica del fatto che il lavoro del fedele, svolto sulla base di risorse messe a disposizione da Dio alla comunitร , non sia esclusivamente finalizzato allโ€™accrescimento del benessere individuale ma a quello della comunitร  stessa.  Allo stesso benessere รจ finalizzato il famoso divieto del Ribร โ€™, che si configura come divieto al tasso di interesse o divieto allโ€™usura a seconda delle interpretazioni. Il lavoro e la fatica, oltre a rappresentare elementi di comune sacrificio e di coesione per la comunitร , sono ritenuti particolarmente importanti poichรฉ generano sana crescita e sano arricchimento, moralmente ineccepibili e, anzi, incoraggiati. Lโ€™accrescimento di ricchezza che genera la pratica del tasso di interesse, invece, rappresenta un surplus senza sforzo ottenuto a discapito di un fedele in difficoltร  e come tale non puรฒ essere certamente considerato un mezzo con cui aumentare il benessere dellโ€™Ummah.

Questa caratteristica mutualistica e comunitaria della societร  musulmana รจ riscontrabile nella presenza e nel funzionamento di ulteriori istituti. Lโ€™articolo 10 del nostro โ€œTesto unico delle leggi in materia bancaria e creditiziaโ€ (T.U.B.) recita: โ€œLa raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attivitร  bancaria. Essa ha carattere d’impresaโ€. Allo stesso modo la banca islamica riveste il ruolo di intermediario finanziario al pari di una qualsiasi banca occidentale, con la differenza della mancanza di tasso di interesse e di un particolare regime di partecipazione agli utili e alle perdite. Il divieto di cui si รจ parlato in precedenza svolge un ruolo fondamentale nel meccanismo dellโ€™attivitร  bancaria: lโ€™utilizzo dei fondi dei depositanti nellโ€™esercizio del credito da parte dellโ€™istituto si configura come una sorta di investimento da parte dei depositanti stessi, che diventano quindi non creditori bensรฌ investitori. Il loro compenso, in qualitร  di โ€œDepositanti atipiciโ€, dipende dalla redditivitร  delle operazioni che la banca porta a termine; in potenza potrebbero anche veder diminuire i propri risparmi. Questo certamente rappresenta un rischio ma anche un incentivo per la banca ad investire su progetti di qualitร  e affidabilitร .

In estrema sintesi, lโ€™economia islamica รจ un chiaro esempio di come un mezzo possa essere messo a servizio di un fine che di tecnico e scientifico ha quasi nulla e di come una narrativa comune, a prescindere dalla dimensione religiosa, se ben sedimentata, rappresenti un collante in grado di mantenere in piedi perfino un sistema economico che si trovi al confronto giornaliero con il potente sistema occidentale capitalistico. Allo stesso modo, tuttavia, essa dimostra come, soprattutto negli ultimi anni, la marmoreitร  delle posizioni sia destinata ad essere messa in crisi, nel lungo periodo, dalle necessitร  derivanti dalle contingenze storiche e dallo scontro con avversari dalle spalle ben piรน larghe. La storia dellโ€™economia islamica, da questo punto di vista, rappresenta quindi un invito ad una riflessione che di economico ha ben poco.

Samuele Gualdaroni





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Samuele Gualdaroni

Samuele Gualdaroni

Laureato in economia. Sono un consulente aziendale. Dopo aver fondato Aliseo, al suo interno mi sono occupato delle attivitร  di account management e di gestione dei progetti. Politica, economia e gestione aziendale sono i miei campi di interesse

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