Negli ultimi decenni il Medio Oriente è diventato un laboratorio di idee architettoniche e ingegneristiche e centro sempre più importante di sviluppo dei cosiddetti “megaprogetti”: dai grattacieli e le isole artificiali di Dubai agli stadi per la Coppa del Mondo di calcio in Qatar fino a Neom, l’ambiziosa città futuristica in costruzione in Arabia Saudita per volontà del noto principe ereditario Mohammed bin Salman.
In questa lista troverà presto spazio anche l’Egitto grazie al progetto d’investimento Egypt Vision 2030, la cui punta di diamante sarà la costruzione della Nuova Capitale Amministrativa (abbreviata in NAC dall’acronimo in inglese New Administrative Capital, ancora oggi il nome ufficiale con cui è nota la città in attesa dell’inaugurazione).
La città – la cui costruzione è stata annunciata nel marzo 2015 e che dovrebbe diventare la nuova capitale del paese entro il 2030 – è stata pensata, ufficialmente, per decongestionare il traffico dell’attuale capitale, Il Cairo, che si trova a fronteggiare degli annosi problemi di traffico, inquinamento e sovraffollamento dei suoi quartieri più centrali. Sotto la superficie delle motivazioni ufficiali, però, si possono vedere delle dinamiche di potere ben più intricate che rischiano di remare contro gli stessi interessi del paese nordafricano sul lungo periodo.
I problemi del Cairo offrono ad al-Sisi il pretesto per la costruzione della nuova capitale
L’idea di dare respiro alla sovrappopolata capitale egiziana non è nuova: già agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, quando il numero di abitanti dell’intera area metropolitana ammontava a 5,5 milioni di persone, il governo dell’allora presidente Anwar Sadat aveva avanzato l’ipotesi di costruire delle nuove città satelliti alla periferia del Cairo.
Fu in questo contesto che, in un arco di tempo di tre anni tra il 1977 e il 1979, videro la luce la Città del decimo Ramadan, la Città del 15 maggio e la Città del 6 ottobre che aprirono la strada alla costruzione – negli anni ’90 – di altri centri periferici come la città di Obour, la Città Sheikh Zayed e il Nuovo Cairo.

Nonostante questi sforzi i problemi della capitale non sono stati risolti. Oggi la popolazione del Cairo supera le 10 milioni di persone mentre l’intera area metropolitana ne conta 22 milioni, con quartieri, come il centrale Hadaiq al-Qubbah, che superano la soglia degli 80mila abitanti per chilometro quadrato.
I problemi di traffico e di inquinamento sono ben lontani dell’essere risolti e l’aumento della popolazione – che va di pari passo con la desertificazione dell’area attorno alla città dovuta al cambiamento climatico, con conseguenti problemi di approvvigionamento idrico – rendono la capitale egiziana tra le città meno vivibili del mondo.
Il quadro critico in cui versa la capitale ha offerto al governo di al-Sisi una buona retorica da seguire per giustificare la costruzione della Nuova Capitale Amministrativa. Essa sorgerà a 45 km a est del Cairo, occuperà un’area desertica di più di 700 chilometri quadrati ed è stata progettata per accogliere tutti i palazzi del governo, un distretto commerciale e 21 distretti residenziali; a pieno regime essa dovrebbe diventare la nuova casa di circa 6 milioni di persone.

La nuova città vuole diventare un rifugio per i potenti del paese
Nonostante al-Sisi abbia presentato il progetto come salvifico e a beneficio della collettività, la realtà è ben diversa e mostra la natura del potere autocratico che si è imposto nel paese dopo il colpo di stato del 2013. I quartieri residenziali in costruzione sono, di fatto, appannaggio dei soli ricchi: il prezzo di partenza di un appartamento nella nuova capitale si aggira sulle 1,5 milioni di sterline egiziane, equivalenti a circa 49mila dollari.
In un paese dove lo stipendio medio annuo si aggira attorno alle 70mila sterline egiziane, cioè 2300 dollari, significa, di fatto, creare un’oasi per ricchi, una città popolata solamente da membri dell’élite che sono gli unici in grado di permettersi un immobile nell’area. Inoltre, lo spostamento delle istituzioni governative nella Nuova Capitale Amministrativa significa anche, e soprattutto, allontanare il potere dalla pericolosa Cairo, più suscettibile a manifestazioni antigovernative che potrebbero minare le fondamenta del potere costituito, come successo con le proteste del 2011 che portarono alla caduta del dittatore Hosni Mubarak.
Chi finanzia il megaprogetto di al-Sisi?
La costruzione della Nuova Capitale Amministrativa avrà un costo complessivo che, a seconda delle fonti, oscilla tra i 40 e i 60 miliardi di dollari. Il paese, però, sta vivendo un periodo di grande crisi economica, aggravata negli ultimi anni dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, paese dal quale importava la maggior parte del grano consumato. L’inflazione ha superato il 30% su base annua – triplicata rispetto allo stesso mese del 2022 – e il valore della sterlina egiziana si è dimezzato in un anno; circa un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
Visto il quadro economico complessivo è naturale chiedersi da dove provengano i fondi per il megaprogetto fortemente voluto da al-Sisi. La risposta a questa domanda si trova analizzando il debito estero del paese: dalla salita al potere di al-Sisi esso è quasi quadruplicato dai circa 40 miliardi di dollari del 2014 ai 155 miliardi di dollari attuali. Di fatto, l’Egitto è diventato un paese dipendente dai capitali esteri e non ci sono dubbi sul fatto che uno dei responsabili di questo processo sia l’ex capo di stato maggiore dell’esercito, ora presidente.
Al primo posto tra i principali creditori del paese si collocano le monarchie del Golfo che da tempo investono con ingenti capitali nel paese dei faraoni. In particolare, a partecipare con le quote più grosse, ci sono Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita a cui il Cairo deve circa 10 miliardi di dollari a testa. Con quote minori, rispettivamente 3 e 4 miliardi di dollari, si collocano Qatar e Kuwait. Il 15% del debito totale, circa 23 miliardi di dollari, è invece con il Fondo Monetario Internazionale che, a partire dal 2016, ha elargito tre grossi prestiti al Cairo, tra cui l’ultimo lo scorso anno.
Tra i maggiori investitori in Egitto figura anche la Cina a cui il Cairo deve 7,8 miliardi di dollari. È in mano a un’azienda cinese, la China State Construction Engineering Corporation, la costruzione della Iconic Tower che dovrebbe sorgere al centro del distretto commerciale della nuova capitale e il cui cantiere è già la costruzione più alta del continente africano.
Questi paesi, tramite i loro investimenti, partecipano anche alla costruzione di altre grandi opere che rientrano tra gli obiettivi del progetto d’investimento Egypt Vision 2030. Tra questi figurano altre sette città di nuova fondazione che vedranno la luce in tutto il paese – tra le quali figurano New Alamein City e Galala City – e l’inaugurazione di una rete di treni ad alta velocità che si snoderà per più di 2mila chilometri per raggiungere tutte le maggiori attrazioni del paese e incentivare così il turismo.

A oggi, le tempistiche riguardanti il trasferimento definitivo di tutte le istituzioni nella nuova capitale sono ancora incerte. Quando venne annunciato il progetto il governo aveva pianificato la conclusione delle pratiche tra il 2020 e il 2022 ma la pandemia ha rallentato i cantieri e ritardato la costruzione di gran parte delle aree cittadine. È stato riportato da fonti del governo che i primi uffici pubblici hanno inaugurato le loro attività nella nuova capitale solamente lo scorso marzo.
Foto in evidenza: https://unsplash.com/photos/qyzo7TDSVQs, Youssef Abdelwahab, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Central_business_district_,_Egypt%27s_new_administrative_capital.jpg “File:President Abdel Fattah Al-Sisi of Egypt speaking at the UK-Africa Investment Summit (49413821551).jpg” by DFID – UK Department for International Development Graham Carlow is licensed under CC BY 2.0.
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