A dispetto del suo passato glorioso, da molti secoli la Grecia è ormai un Paese marginale. 10 milioni di abitanti, 18esima nell’Ue per Pil pro-capite e tanti problemi economici: se negli ultimi anni abbiamo sentito parlare della culla della civiltà europea è stato quasi solamente per le vicende che l’hanno portata sull’orlo del fallimento. Questo almeno fino all’anno scorso, quando l’attivismo (nel bene e nel male) del suo primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha riportato Atene spesso al centro del dibattito.
Tutti i “gate” di Atene
L’ultimo caso è quello del cosiddetto “Predator Gate”. Il viceministro degli Esteri Miltiadis Varvitsiotis ha ammesso che il governo ellenico ha approvato l’esportazione dello spyware illegale Predator a vari Paesi, tra cui il Sudan. Il viceministro ha sottolineato come questo sia avvenuto prima dello scoppio della guerra civile nel Paese africano e come questo non l’abbia in nessun modo favorita, ma lo scandalo rimane anche per una faccenda di possibile evasione fiscale.
Al Predator, un software in grado di spiare dispositivi praticamente senza lasciare tracce, è legato un altro clamoroso scandalo, che per le sue dimensioni ha travalicato i confini della Grecia. Nikos Androulakis, il leader del partito socialista di opposizione Pasok, aveva il telefono intercettato con il Predator dai servizi segreti greci.
Oltre ad Androulakis, è poi emerso che erano in molti ad avere un Predator installato nel proprio cellulare. Giornalisti e politici non solo di opposizione, ma anche del partito del governo di centrodestra Nuova Democrazia che, si dice, non fossero in ottimi rapporti con gli uffici del primo ministro. Mitsotakis, che con una delle sue prime mosse da premier aveva messo i servizi sotto il suo diretto controllo, non ha mai del tutto chiarito la sua posizione.
La parabola di Mitsotakis
Gli scandali legati ai Predator non sono gli unici problemi per Mitsotakis in vista delle prossime elezioni previste per il 21 maggio. Il 28 febbraio un treno passeggeri e un treno merci si sono scontrati in Tessaglia, provocando 57 morti e 85 feriti. È il peggior disastro ferroviario della storia greca.
La causa è un errore umano, ma appare evidente che la situazione delle ferrovie elleniche è pessima. Il ministro dei Trasporti si è dimesso e Mitsotakis si è scusato “sia a titolo personale, sia per coloro che hanno governato la Grecia negli ultimi anni”. Questo ha dato un colpo più grave alla popolarità del primo ministro rispetto ai Predatorgate: il leader di Nuova Democrazia è considerato un uomo spregiudicato, ma in grado di risolvere almeno in parte i gravi problemi in cui versa il Paese.
Già, perché Mitsotakis fino a pochi mesi fa era considerato uno dei più apprezzati leader europei e la sua rielezione era considerata poco più che una formalità. La sua gestione del Covid, ferma ma votata alla salvaguardia della stagione turistica da cui l’economia greca trae molto del suo sostentamento, gli era valsa l’approvazione della maggior parte dei suoi concittadini. Per la prima volta dopo anni di austerità era riuscito a tagliare le tasse, mentre in politica estera ha tenuto il punto con una Turchia sempre più aggressiva.
La Grecia verso le elezioni
Non che tutti i problemi della Grecia siano stati risolti, anzi. Il Paese mantiene il tasso di disoccupazione più alto dell’Ue, un’economia che rimane debole e ha un tasso di inflazione elevato, specialmente per quanto riguarda i beni alimentari. Ora il Paese entra nel pieno di una campagna elettorale che probabilmente durerà almeno altri tre mesi.
Nel 2016 infatti, il governo di sinistra guidato da Alexis Tsipras ha cambiato la legge elettorale, eliminando il premio di maggioranza di 50 seggi per il partito più votato. Al suo posto c’è un cervellotico sistema proporzionale: al primo turno è un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 3%: i voti dei partiti che non l’hanno raggiunta vengono suddivisi proporzionalmente tra quelli che invece ce l’hanno fatta. In questo modo per ottenere la maggioranza assoluta serve circa il 46% dei voti: una soglia lontanissima per qualsiasi partito ellenico secondo gli attuali sondaggi.
Se non si trovano accordi di coalizione, viene convocata una nuova elezione, che prevede a questo punto un sistema semi-proporzionale, con premi di maggioranza crescenti a seconda del risultato ottenuto. Questa seconda elezione, data per certa dagli analisti, si dovrebbe tenere all’inizio di luglio. A sfidare Mitsotakis ci sarà ancora Alexis Tsipras, l’ex enfant prodige della sinistra europea che, nonostante i bellicosi proclami iniziali, si accordò con l’Unione europea per salvare la Grecia.
Il leader di Syriza oggi si presenta con un programma sì progressista, ma lontano dagli eccessi del passato. Nei giorni scorsi si è recato a Berlino a incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in una mossa vista come una mano tesa anche verso le istituzioni di Bruxelles. Tsipras ormai parla spesso di classe media, il che fa un certo effetto per un ex (?) anticapitalista.
Dal canto suo lo slogan della campagna di Mitsotakis è “continuiamo a cambiare la Grecia, coraggiosamente e non convenzionalmente”. Tra le varie scelte non convenzionali del primo ministro c’è quella di candidare la Grecia a ospitare il mondiale di calcio nel 2030. La scelta sarebbe malvista in un Paese che, non a torto, accusa gli sprechi legati alle Olimpiadi di Atene del 2004 di essere concausa della grave crisi scoppiata negli anni successivi.
In questo caso però la Grecia ospiterebbe il torneo insieme a Egitto e Arabia Saudita, con quest’ultima che secondo rumors sarebbe pronta ad accollarsi tutti i costi anche per gli altri due Paesi. Una situazione win-win per Atene, se non fosse che la monarchia dei Saud, con la quale il premier greco da tempo cerca di tessere rapporti in chiave anti-turca, non è esattamente un esempio in fatto di diritti umani. Se non si fosse capito, Kyriakos Mitsotakis è un tipo piuttosto spregiudicato.
Foto in evidenza: “Kyriakos Mitsotakis- time to fight for our European identity and stability – 52196033450” by European Parliament is licensed under CC BY 2.0.