Bangui, Repubblica centrafricana, 14 maggio 2021. Di fronte a decine di migliaia di persone riunite sulle tribune Barthélemy Boganda Stadium, viene proiettato Turist. La pellicola ripercorre le gesta di Grisha Dmitriev e dei suoi uomini, “consiglieri militari russi” inviati nel paese per impedire il golpe dell’ex presidente François Bozizé, alla guida di uno sgangherato esercito di ribelli sanguinari spalleggiati dai francesi.
Prendendo in prestito gli stilemi dei classici film di guerra americani, Turist restituisce l’immagine eroica di un gruppo di soldati che si trova a combattere una battaglia disperata contro la barbarie e l’imperialismo occidentale. Lo spirito della pellicola è sintetizzata da una frase pronunciata da uno degli uomini di Dmitriev: “Gli americani dicono di combattere per la democrazia, i russi combattono per la giustizia”.
Il riferimento “esplicito” del film è quello degli inquadratori che Mosca ha effettivamente inviato nella Repubblica centrafricana (Car) nel 2018. Quello implicito è agli uomini del Gruppo Wagner, che sebbene non vengano nominati esplicitamente, costituiscono la longa mano del Cremlino nel continente africano e sono attivi in decine di paesi, Car compresa. Nel poster ufficiale di Turist, sotto il titolo, si legge ad esempio “dedicato ai gladiatori russi”, mentre a detta di molti l’attore che interpreta Dmitriev sarebbe stato scelto per la somiglianza con Dmitry Utkin, capo militare del Gruppo.
Ci sono pochi dubbi sul fatto che la produzione sia stata effettivamente finanziata da Evgeny Prigozhin, patron dei mercenari del Cremlino. Sembra che molti dei mezzi militari che appaiono nel film – come gli autocarri Ural e un aereo da ricognizione Cessna – appartengano effettivamente al parco mezzi della compagnia. Un’inchiesta di Meduza, media russo messo fuorilegge dal Cremlino, rivelava che alcuni dei “violinisti” avrebbero addirittura fatto da comparse e avrebbero offerto consulenza e servizi di sicurezza agli attori durante le riprese in Africa.
Il Gruppo Wagner nell’olimpo della propaganda
La realizzazione di Turist – e di un analogo film sul conflitto in Donbass, Solntsepyok – segna un momento particolare del Gruppo Wagner. Sono i primi segnali di quella metamorfosi che vediamo ormai compiuta sui campi di battaglia dell’Ucraina, con i violinisti che da “esercito ombra” si fanno vero e proprio veicolo di propaganda. Un’altra pellicola, dal titolo The Best in Hell, segnala il punto di arrivo di tale sintesi identitaria. Prodotta da Prigozhin e Alexey Nagin – comandante del Gruppo ucciso in Ucraina – racconta di una feroce battaglia tra i “bianchi” (i mercenari) e i “gialli” (gli ucraini) e sembra ispirata agli scontri avvenuti durante la conquista russa di Mariupol.
Scopo di queste operazioni di cinematografia è quello di inserire a forza i mercenari della Wagner – dipinti come eroi belli e maledetti, combattenti per la giustizia e la libertà – tra i simboli costitutivi della propaganda russa. Un’appropriazione del visibile in piena regola, atta a magnificare l’operato degli uomini di Prigozhin, facilitando il reclutamento dei nuovi violinisti e accreditandoli ufficialmente come salvatori della Russia.
Di pari passo all’appropriazione dello spazio narrativo, i mercenari procedono a mettersi in mostra anche in quello fisico. Il 4 novembre a San Pietroburgo – città natale di Prigozhin e di Vladimir Putin – apre il Pmc Wagner Center, la prima sede ufficiale della compagnia. Un edificio avveniristico a più piani, con vetrate e muri a specchio. Il centro è “un think tank dove le persone, unite da uno scopo, lavoreranno per implementare degli aspetti che porteranno beneficio alla Federazione russa”, in cui troveranno posto “sviluppatori, designer, industrie sperimentali e start-up”.
Per il momento il centro ha ospitato, a inizio gennaio, una mostra dal titolo Il nuovo ordine, che comprende alcune installazioni dell’artista Alexey Chizhov. Scopo del progetto è quello di mostrare “il lato oscuro della globalizzazione americana”. Una serie di opere mostra alcuni militari, presumibilmente statunitensi, che posano in mezzo a campi di papaveri da oppio – un rimando alla miseria del commercio di droga nell’Afghanistan occupato.

Poco fuori dall’edificio campeggia un enorme manifesto propagandistico. Un soldato decorato sorride, con sullo sfondo il tricolore russo. Oltre allo slogan “gloria agli eroi della Russia”, sul cartellone è stampato un Qr code che, una volta inquadrato, fornisce informazioni sulla Pmc. Simili manifesti sono stati avvistati in altri luoghi della Federazione. In quelli apparsi a luglio ad Ekaterinenburg, ad esempio, i mercenari sono rappresentati mentre suonano strumenti musicali, sopra la scritta “unisciti all’orchestra”.
A partire dall’invasione dell’Ucraina, i canali social sono stati inondati da locandine propagandistiche, meme e immagini dei violinisti all’opera. Canali telegram come The Grey Zone sono probabilmente controllati in maniera diretta dal Gruppo e la loro attività è stata fondamentale per costruire e diffondere il mito della compagnia. Pochi mesi dopo, sono state create vere e proprie piattaforme ufficiali, a partire dal canale dello stesso Prigozhin, dove lo “chef” si diletta a rispondere a giornalisti e diffonde le sue comunicazioni.
Sui media filorussi il mito del Gruppo circolava da un po’, sull’onda delle operazioni condotte in terra d’Africa, ma l’apertura di canali ufficiali ha schiuso nuove possibilità. A partire dal reclutamento diretto di nuovi operatori: un annuncio del 2 settembre scorso, ad esempio, forniva tutte le specifiche e i relativi contatti a quanti si volessero candidare come tiratori scelti per essere impiegati “nell’estero vicino”.
Martelli, violini: i simboli del gruppo Wagner
Il 26 novembre del 2022 un curioso presente viene consegnato al Parlamento europeo, mentre l’eurocamera si appresta a votare una risoluzione (non vincolante) per il riconoscimento della Russia come sponsor del terrorismo. Nel pacco c’è un martello da carpentiere racchiuso in una custodia di violino, il manico macchiato di sangue finto. Il mittente è il Cyber Front Z, un gruppo di estremisti filorusso che in questo caso agisce su mandato di Evgeny Prigozhin.
Il “regalo” racchiude i due simboli alla base del nuovo “brand” dei mercenari del Cremlino. Sempre più spesso gli uomini della Wagner si fotografano tra le rovine delle città ucraine conquistate mentre impugnano violini e altri strumenti musicali, il teschio nero-rosso simbolo della Pmc bene in vista. In alternativa, brandiscono grosse mazze da carpentieri o utensili simili.
Violini e chitarre rimandano goliardicamente al nome della compagnia, ispirato al famoso compositore tedesco – si pensa che “Wagner” fosse il nome di battaglia di Dmitri Utkin, uno dei fondatori del Gruppo, e che lo abbia scelto per la simpatia di cui godeva la sua musica durante il regime nazista.

Il martello rimanda invece al fato riservato ai traditori. In un video girato in Siria, forse nel 2017, alcuni uomini uccidono e torturano quello che si pensa possa essere un disertore dell’esercito siriano proprio con questo strumento. Secondo un’inchiesta di Novaya Gazeta gli aguzzini, che parlano in russo, sono uomini del Gruppo Wagner. Negli ultimi mesi, sembra che la pratica di giustiziare i “traditori” a colpi di martello sia assurta a pratica identitaria del gruppo.
Il 12 dicembre il canale Grey Zone diffonde un nuovo video, che mostra l’esecuzione, con le stesse modalità, di Yevgenny Nuzhin. Nuzhin, 55 anni, è un ex mercenario che durante le operazioni in Ucraina avrebbe cambiato schieramento, disertando le fila dei violinisti. Gli uomini di Prigozhin lo avrebbero rapito mentre si trovava a Kiev. Interrogato sulla questione, Prigozhin ha di fatto rivendicato la paternità del gesto, affermando che le immagini ritraessero “un cane che riceve una morte da cane”. Un altro video, non verificato, è stato pubblicato il 13 febbraio, ma non si conosce l’identità della vittima.
Al netto della truculenza del messaggio – o forse proprio per quella – il martello è diventato uno degli elementi simbolici più efficaci della propaganda russa. Poco prima di Natale, ad esempio, alcuni uomini incappucciati hanno lanciato dei martelli contro l’ambasciata finlandese a Mosca. Sergei Mironov, politico ultranazionalista russo, ha pubblicato il 20 gennaio una foto in cui brandisce sorridente un martello decorato con i simboli della Pmc, donatogli proprio dai mercenari. Cosplay, meme e foto propagandistiche fanno il resto.

Per quanto imbandita di goliardia, la diffusione visiva dei “ferri del mestiere” del Wagner Group contribuisce all’affermarsi di una cultura della violenza nello spazio metapolitico della Federazione. Si tratta di un’identità truce, ma affascinante, capace di sedurre – specie i giovani che popolano la rete – allo stesso modo dell’ultraviolenza su cui lo Stato islamico e altri gruppi jihadisti hanno imperniato le loro efficaci strategie di reclutamento negli anni passati.
Gli uomini di Prigozhin
Il passaggio dalle tenebre alla luci della ribalta segna anche la crescita del peso politico di Evgeny Prigozhin nel complesso sistema del potere russo. Il cuoco del Cremlino, esplicitamente alla guida del Gruppo, manda a Mosca un messaggio inequivocabile: i violinisti sono i suoi uomini. Suoi, prima che della Russia, del Cremlino o del ministero della Difesa. Si erge a patron di quegli uomini dimenticati dallo Stato – molti di loro sono detenuti il cui lasciapassare è vincolato al servizio nella compagnia – e a cui la vita ha dato poco o nulla.
Prigozhin coagula l’identità del gruppo intorno alla sua figura. Lascia intendere ai mercenari che è lui a tutelarli dal resto degli apparati russi, vieppiù sospettosi del nuovo ruolo del Gruppo. Da qui la crociata per donare ai violinisti caduti sul campo una degna sepoltura. A dicembre Prigozhin non esita a attaccare frontalmente il governatore di San Pietroburgo Alexander Beglov quando questo si rifiuta di concedere l’inumazione dei membri della Wagner nella Walk of Fame del cimitero Beloostrovsky – l’area riservata agli eroi di guerra.
Addirittura, in quell’occasione, Prigozhin scrive allo speaker della Duma Vyacheslav Volodin per lamentarsi della “mostruosa burocrazia” che impedisce la sepoltura dei suoi uomini. Gli apparati si muovono. Il 24 dicembre il primo dei caduti della Wagner, Dmitry Menshikov, trova posto nel cimitero pietroburghese. Dall’inizio del conflitto, sembra che il patron del Gruppo abbia personalmente finanziato la costruzione di una rete di cimiteri militari per accogliere le salme dei volontari. Il più grande è quello di Bakinskaya, vicino a Krasnodar, i cui frequenti allargamenti testimoniati dalle foto satellitari illuminano sul conto delle perdite tra le fila dei violinisti.

Allo stesso scopo rimandano i frequenti viaggi al fronte. A gennaio Prigozhin si fa fotografare armato di tutto punto a Soledar, la cittadina che i mercenari hanno appena conquistato, cruciale per l’accerchiamento di Bakhmut. In quell’occasione distribuisce medaglie, visita e parla con i suoi uomini, dimostra plasticamente la differenza con i burocrati della Difesa tanto lontani dai soldati. Poco dopo pubblica, sempre dall’Ucraina (pare), alcuni video che magnificano l’azione del Gruppo e del suo sistema di comando – “Il Gruppo Wagner ascolta tutti, ognuno può dire la sua opinione”, dice – tanto più efficace di quello delle truppe regolari.
E così Prigozhin il cuoco, l’oligarca, il criminale, diventa Prigozhin il patriota. Dal 24 di febbraio l’imprenditore è finito più volte ai ferri corti con altri funzionari russi, trovando spesso la sponda del signore della guerra ceceno Ramzan Kadyrov. Accusa i militari di rubare le vittorie da chi le ha davvero conseguite e indirizza frequenti frecciatine al ministro della Difesa Sergei Shoigu – colpevole, probabilmente, di aver rimosso alcuni dei suoi collaboratori dai ruoli chiave della logistica.
Non ha paura a inimicarsi figure chiave delle milizie popolari del Donbass, come Igor Strelkov, che ne criticava l’ambizione politica. Poco dopo la disputa sul cimitero, arriva a dire che “la rete di corruzione” messa in piedi da Beglov a San Pietroburgo “può solo essere distrutta con un martello” – chi conosce Prigozhin sa bene a cosa si riferisce. Unico tra i funzionari russi, arriva a concedere l’onore delle armi a quei soldati ucraini che la propaganda russa derubrica a “miliziani”, sottolineando che “dobbiamo imparare da loro”, mentre consegna i corpi dei caduti a Kiev.
Prigozhin viola sempre più di frequente quella “legge del silenzio” a cui sono costretti a sottostare gli uomini del cerchio magico di Putin. I suoi mercenari – 50mila secondo il ministero della Difesa britannico – sono fondamentali per la guerra in Ucraina, dove conducono quasi in autonomia le operazioni militari e sono responsabili di ampi settori del fronte. Tra le altre cose, il recente stop agli arruolamenti dei detenuti lascia presagire che i canali “ufficiali” di reclutamento oggi riescono a rimpiazzare le perdite elevate.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Uscendo allo scoperto il Gruppo Wagner, di fatto, viene meno alla funzione per cui era stato concepito. Tutt’altro che creatura accidentale, la Pmc è frutto di una profonda riflessione strategica sull’approccio asimmetrico al conflitto, teorizzato dal generale Makarov e perfezionato dall’attuale capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov. Nato come strumento per condurre operazioni laddove non è possibile schierare uomini in divisa, in quelle situazioni troppo rischiose o compromettenti perchè vengano associate al tricolore russo, il Gruppo oggi assume i tratti di un vero e proprio contropotere.
Rinunciando alla deniability – la possibilità per il decisore di non assumersi alcuna responsabilità – i mercenari pongono le burocrazie di Mosca in una situazione difficile. Oggi assolutamente indispensabili, è possibile che un domani i mercenari saranno ripudiati dagli apparati russi in accordo con Vladimir Putin. Ossessionato dalla verticale del potere, convinto che nessuno eccetto lui abbia le carte in regola per guidare la Federazione e notoriamente paranoico in merito ai suoi collaboratori, non è detto che il signore del Cremlino non abbia già iniziato a pensare a come mettere un freno al suo “cuoco” che si sogna condottiero.