GERMANIA: volata SPD, Verdi arrancano. Quale coalizione dopo il voto?
Laschet (CDU) non convince, Baerbock (Verdi) in confusione, tiene Lindner (FDP), mentre i partiti radicali (AfD e Die Linke) sono al palo. SPD rischia di essere l’usato sicuro che vince e convince.

Infine ci siamo, a poco meno di una settimana dal voto la grande macchina amministrativa e logistica incaricata di raccogliere e registrare i voti di sessanta milioni di tedeschi si è messa in moto. Le elezioni che si terranno il prossimo 26 Settembre nella locomotiva d’Europa e che ci diranno molto del futuro dell’Unione Europea si svolgeranno in un’unica giornata, dalle 8.00 del mattino alle ore 18.00 del pomeriggio, quando i seggi chiuderanno e cominceremo a conoscere i dati in tempo reale.
I partiti in volata
Nonostante la Germania viva i rituali delle campagne elettorali in maniera molto meno intensiva rispetto a paesi come l’Italia o la Francia, il tour de force propagandistico che ha portato alle Elezioni Federali del 26 è durato più del solito. L’interminabile filotto di importanti appuntamenti elettorali locali che va avanti fin dallo scorso inverno non ha praticamente mai dato tregua, nel campo del dibattito sui media, all’opinione pubblica tedesca. La fine dell’ultimo inverno ha visto tenersi le tornate elettorali in Baden-Württemberg e Renania-Palatinato, mentre la tarda primavera ha visto rinnovarsi parlamento e presidenza del Land orientale della Sassonia-Anhalt, l’unico risultato positivo recente ottenuto dalla CDU della pensionanda Angela Merkel. La giornata di domenica 12 Settembre ha invece ospitato tornate elettorali municipali in Bassa Sassonia, dove sono state coinvolte importanti città e distretti industriali quali Hannover, Wolfsburg, Göttingen, Braunschweig, Osnabrück e Oldenburg, per un totale di oltre sei milioni e mezzo di elettori. La kermesse che tra sei giorni concluderà l’anno elettorale includerà inoltre anche le elezioni per il rinnovo di parlamenti e presidenza dei Länder di Meclemburgo-Pomerania Anteriore e Berlino.
Un anno impegnativo, per l’elettorato tedesco, chiamato alle consultazioni più importanti della sua storia recente. Al termine del secondo annus horribilis di pandemia l’elettorato tedesco chiederà chiarezza e programmi solidi, ma gli esiti, almeno secondo i sondaggi, sembrano andare in tutt’altra direzione. La situazione, va detto, si è comunque fatta meno ambigua negli ultimi mesi. Lo scenario sondaggistico, totalmente caotico durante la scorsa primavera, quando sembrava che tutti e tre i principali partiti (CDU-CSU, SPD e Verdi) avessero eguali chances di portare a casa la prima posizione, e dunque il cancellierato, è andato via via chiarificandosi. La compagine ambientalista guidata dalla candidata Annalena Baerbock, che a Maggio contendeva alla CDU-CSU la prima posizione rasentando il 30% dei consensi ha assistito da allora ad una costante picchiata che l’ha riportata a ballare attorno al 15%: un buon risultato, specialmente se rapportato a quello del 2017 (8,9%) ma che di sicuro ridimensiona i propositi di riforme sistemiche (istituzione del limite del doppio mandato all’americana, indebolimento del ruolo del Cancelliere) sognate in primavera. Sorte simile ha conosciuto la coalizione Die Union, che riunisce fin dal 1949 la CDU nazionale ed i cristiano-sociali bavaresi della CSU. Galvanizzata dalla vittoria in Sassonia-Anhalt, la compagine cristiano-democratica sembrava tornata, se non al 33% del 2017, quantomeno ad un buon 29%. I consensi per il debole e discusso candidato merkeliano Armin Laschet, però, sono andati via via scemando fino all’attuale 22% (dati Infranet Dimap del 2 Settembre).
Di un vero e proprio exploit ha invece beneficiato la SPD dell’attuale Ministro dell’Economia Olaf Scholz. Partito che sembrava condannato ad una progressiva irrilevanza, quello dei socialdemocratici tedeschi ha invece convogliato verso di sé i consensi della sinistra moderata inizialmente più orientata a sostenere i Verdi. Nel corso dei mesi, e mano a mano che i programmi elettorali delle forze in campo venivano resi pubblici, i propositi dell’ala radicale del partito ambientalista, decisa ad alzare le imposte green e ad imporre sensibili cambiamenti di stile di vita ai cittadini, hanno infatti spaventato gli elettori di sinistra più prudenti; la stessa candidata, più volte apparsa come in confusione, oltre che profondamente ideologizzata, ha portato molti progressisti a ripiegare sull’usato sicuro della vecchia socialdemocrazia. I sondaggi confermano la tendenza: i quasi quindici punti percentuali perduti dai Grünen hanno traslocato in blocco nella SPD, senza arricchire di mezzo punto l’altra sigla di sinistra, la radicale Die Linke, che probabilmente uscirà con le ossa rotte da queste elezioni. Lo scenario assomiglia quindi sempre di più a quello che la Germania ha sempre conosciuto: Union ed SPD padroni del campo, con le altre forze liberaldemocratiche (FDP ed Verdi) nel ruolo di eventuali rispettive stampelle, e l’esclusione delle ali estreme (AfD per la destra e Die Linke per la sinistra). Attualmente, secondo l’ultimo sondaggio diffuso da Infratest Dmap, la SPD sarebbe in testa al 26%, seguirebbero l’Union al 22% e i Verdi, come già ricordato, al 15%. I liberaldemocratici della FDP sarebbero all’11%, in lizza per il quarto posto con la destra identitaria di Alternative für Deutschland, anch’essa al 11%, seguita da Die Linke al 6%, in forte calo al 9,2% del 2017, quando sopravanzava addirittura i Verdi.

Quali coalizioni possibili?
Con i due partiti dell’attuale governo al 48%, la possibilità che si assista alla formazione di una nuova Grosse Koalition a parti invertite è alta. In Germania, infatti, non esistono premi di maggioranza, e per formare un nuovo governo occorre disporre della maggioranza assoluta degli eletti. È vero che mancherebbe all’appello un 2% di consensi, ma il problema sarebbe superabile grazie ai collegi uninominali a mandato diretto. Dei 759 parlamentari che formeranno il nuovo Bundestag, ben 299 saranno eletti con il cosiddetto Direktmandate uninominale. Il gioco rimarrà principalmente a somma zero per quanto riguarda i collegi che la SPD riuscirà a strappare alla CDU, ma i collegi che i socialdemocratici riusciranno a strappare a terze forze, in particolare ai Verdi, potrebbero pesare moltissimo sulla composizione della nuova coalizione. La battaglia tra SPD e Verdi, che potrebbe significare anche l’esclusione dal governo per gli ambientalisti, si combatterà principalmente nelle città: è lì che i Verdi sono più forti ed è lì che, in una ristretta porzione di territorio, si concentra un numero importante di collegi uninominali: dodici per Berlino, sei per Amburgo, quattro per Monaco, tre per Colonia ed Essen, e due rispettivamente per Francoforte sul Meno, Brema, Hannover, Düsseldorf, Dortmund, Duisburg, Bochum, Wuppertal, Stoccarda, Norimberga, Lipsia e Dresda.
Un bottino di oltre cinquanta seggi, quasi tutti verdi fino alla scorsa primavera, e che oggi secondo gli ultimi sondaggi sarebbero in gran parte di un rosso marcato. In un parlamento poco soggetto a cambi di casacca come il Bundestag, riuscire a portare via agli ambientalisti anche solo una ventina di questi seggi potrebbe voler dire il riuscire o meno a dare alla Germania una nuova grande coalizione, questa volta a guida SPD. Secondo l’ultimo sondaggio diffuso da Forsa, dopo mesi nei quali i numeri sono sempre mancati, ora SPD e Die Union disporrebbero di 386 seggi, sei in più di quanti ne servono avere la maggioranza assoluta e formare un governo; certo, il raggiungimento della soglia dei 380 non è per nulla scontato, specialmente se i Verdi dovessero andare meglio del previsto. I seggi, chiaramente, non sono però sufficienti. Occorre anche una volontà politica, e qui il discorso si fa più complicato. I segnali che SPD e Union si sono lanciati durante la campagna elettorale sono contradditori: ancora nel “Triell” di ieri sera Olaf Scholz ha affermato di essere convinto che “la maggioranza dei tedeschi vuole che la CDU sia all’opposizione durante la prossima legislatura”, ma si è allo stesso tempo detto, pochi giorni prima, “onorato” all’idea di proseguire nel solco di Angela Merkel, una figura che però è stata madrina proprio delle grandi coalizioni rosso-nere.
La lunga coabitazione con la CDU in qualità di partner di minoranza ha sì logorato i consensi di cui un tempo i socialdemocratici godevano, ma non è affatto detto che una convivenza con gli ambientalisti darebbe esiti diversi; se infatti i Verdi, in una ipotetica coalizione “Semaforo” o Rossa-Verde-Rossa (SPD, Verdi e Linke), riuscissero ad imporre la loro agenda, la SPD potrebbe col tempo perdere nuovamente consensi sia a favore del centro (i moderati), sia a favore degli stessi Verdi (da parte delle frange più di sinistra, che tendono a “preferire l’originale” all’imitazione). Al contrario, una nuova coabitazione con i cristianodemocratici, ricoprendo però stavolta il ruolo di partito-guida, potrebbe rafforzare l’identità più tradizionalmente socialdemocratica del partito. Eredità che sarebbe difficile però portare avanti se, per ragioni di seggi, occorresse coinvolgere altre sigle nella formazione del governo. La cosiddetta coalizione Kenya (SPD+ CDU +Verdi) sarebbe di gran lunga la più popolare in termini di consensi assoluti (63%) e di seggi (527, quando l’asticella della maggioranza assoluta si ferma a 380) ma è difficile, ad oggi, credere che i cristianodemocratici, già provati nei consensi da una lunga stagione di allontanamento dalle origini conservatrici, possano accettare di fare i terzi incomodi tra due partiti di sinistra.
SPD e Verdi dal canto loro non avrebbero sufficienti suffragi per governare in coppia in una coalizione rossoverde, riedizione di quella che fu la composizione dei due governi di Gerhard Schröder dal 1998 al 2005: i seggi a disposizione dell’ipotetica coalizione rossoverde sarebbero infatti, secondo i sondaggi, soltanto 349, ben trentuno in meno di quelli richiesti, un dato questo che potrebbe rendere necessario l’invito a prendere parte al governo per la FDP (91 seggi ipotizzati) che però mal digerirebbe le politiche di solidarietà sociale delle sinistre, o per la sinistra radicale del Die Linke (circa 50 seggi). Proprio il partito erede della vecchia SED di Berlino Est ha però più volte manifestato scetticismo a proposito di eventuali alleanze con le altre componenti della sinistra, in particolare nei confronti della SPD, accusata di essere troppo moderata e appiattita sulle posizioni della Merkel, ma in parte anche verso i Verdi, giudicati troppo appiattiti su di una agenda filo-atlantica. Un’eventuale coalizione Rossa-Verde-Rossa sarebbe, in poche parole, costantemente dipendente dai voti dei parlamentari della Linke, che userebbero tale leva per portare avanti un’agenda massimalista che, si teme, genererebbe una forte reazione di destra, specialmente nell’Est del Paese.
La stessa coalizione Semaforo (SPD+Verdi+FDP) causerebbe notevoli attriti in sede europea, dove i falchi gialli Liberaldemocratici si oppongono strenuamente ad ogni proposito solidaristico di SPD e Verdi verso il sud dell’Europa. Vero è che sussisterebbe anche l’ipotesi di una cosiddetta coalizione Germania (SPD+CDU+FDP), che radunerebbe 477 seggi e che riunirebbe i tre più antichi tedeschi, ma è difficile che i socialdemocratici, soprattutto nel caso conquistino la prima posizione, accettino di essere minoranza nella loro stessa coalizione finendo al traino di due sigle vicine alla destra economica. Stessa cosa dicasi per i Verdi in un’eventuale coalizione Giamaica (CDU+Verdi+FDP), che godrebbe però di un solido patrimonio di 410 seggi. Totalmente tramontate, a causa dell’ormai acclarata mancanza di consensi, le altre ipotesi, a cominciare dalla coalizione Kiwi (CDU+Verdi, 319 seggi), senza dimenticare la coalizione social-liberale (SPD+FDP, 299 seggi) e cristiano-liberale (CDU+FDP), una coalizione vista altre volte nella storia tedesca (l’ultima volta con il governo Merkel II dal 2009 al 2013), ma che oggi si fermerebbe a soli 269 seggi. La situazione è quindi assolutamente caotica ed è difficilissimo per gli analisti trarre previsioni affidabili, nonostante una situazione di stallo, specialmente in tempo pandemici, potrebbe portare a riconsiderare l’attuale coalizione rossonera, magari proprio con la benedizione di Mutti. Che SPD e Union stiano recitando una sorta di collaudato “gioco delle parti” è un sospetto sempre più forte tra gli elettori, ma i tempi difficili che attendono la Germania e l’Europa dopo la pandemia sembrano aver smorzato, almeno per ora, avventure massimaliste a destra, a sinistra o tra i cespugli dei Verdi.
Marco Malaguti
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