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Gli scontri tra tribù e la criminalità scuotono la Papua Nuova Guinea

Gli scontri tra tribù e la criminalità scuotono la Papua Nuova Guinea

Il Paese si ritrova ad affrontare una crisi senza precedenti. Dopo il fallimento delle elezioni del 2022, si cerca una via per affrontare il problema della sicurezza. Il nuovo alleato potrebbe essere la Cina

In Papua Nuova Guinea la violenza tra tribù è ormai un fenomeno che prosegue da decenni ma solo l’ultimo scontro è riuscito ad attirare l’attenzione internazionale sulla questione nel Paese. Il conflitto è avvenuto lo scorso 18 febbraio nella provincia di Enga, a circa 600 chilometri a nord della capitale Port Moresby, causando dozzine di vittime. Il commissario della polizia David Manning ha subito confermato l’inizio di alcune operazioni per ripristinare la situazione. 

Una promessa che negli ultimi decenni le autorità non sono riuscite a mantenere. Non solo gli scontri tra clan rivali non accennano a diminuire, soprattutto nelle aree più rurali della Papua Nuova Guinea, ma sono diventati anche più cruenti. L’accesso ad armi da fuoco – tra cui modelli di fucili automatici come l’AK-47, l’M4, l’AR15 e l’M16- ha reso difficile anche l’intervento della polizia, portando a un’escalation dei conflitti. 

Povertà e violenza politica in Papua Nuova Guinea

Ma per comprendere le motivazioni dietro agli scontri, è necessario fare un passo indietro e analizzare alcuni elementi che contraddistinguono il Paese. La Papua Nuova Guinea ottenne l’indipendenza solo nel 1975. Nel ventesimo secolo parte del territorio, principalmente l’area nord-est e alcuni arcipelaghi circostanti, era stato sotto il controllo dell’Impero tedesco. Dopo la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, tutti i suoi possedimenti passarono nelle mani dell’Australia, che già controllava formalmente il resto del Paese grazie all’accordo con l’Impero britannico. 

Ad oggi la Papua Nuova Guinea conta quasi 10 milioni di abitanti, centinaia di tribù e oltre 800 lingue parlate diverse. Nonostante la ricchezza di materie prime presenti nel Paese, buona parte della popolazione vive al di fuori dei centri urbani e sotto la soglia di povertà. Le conseguenze: un difficile accesso ai servizi di base – tra cui quelli sanitari ed educativi – e un elevato livello di disoccupazione. Secondo un report di Humans Right Watch un bambino su 13 ancora muore di una malattia curabile e nel 2020 – anno a cui risalgono gli ultimi dati disponibili – solo il 30% dei giovani è riuscito a finire la scuola media.

Numeri che, insieme all’indebolimento della polizia, stremata dalla carenza di personale e di fondi adeguati, hanno alimentato la criminalità e, quindi, gli episodi di violenza. Solo lo scorso anno, almeno 150 persone avevano perso la vita negli scontri tra tribù. Un risultato a cui aveva seguito un lockdown di tre mesi nella provincia di Enga, per evitare un ulteriore incremento dei conflitti. A testimoniare la brutalità delle lotte anche un video, diffuso lo scorso agosto, che mostrava tre corpi nudi, trascinati da un furgone, mentre alcune persone festeggiavano l’accaduto. 

Il primo ministro papuano James Marape durante una conferenza a Port Moresby insieme al segretario della Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin

Se per molti Paesi la politica non è altro che lo specchio della società, anche la Papua Nuova Guinea non rappresenta un’eccezione. La violenza, che per decenni si è diffusa come un virus in diverse realtà dello Stato, ha toccato anche le elezioni del 2022. In un clima tutt’altro che sereno si è infatti decisa la composizione del parlamento nazionale per un mandato di cinque anni,

E nonostante sia stato registrato un numero inferiore di morti, circa una cinquantina secondo le fonti ufficiali, rispetto ai 200 del voto del 2017, non si può parlare di elezioni libere. Sabotaggio delle urne, liste elettorali non complete, intimidazioni sono solo alcune delle parole chiave che possiamo utilizzare per descrivere il fenomeno. Lo stesso intervento delle forze dell’ordine è stato messo in discussione. Le autorità avrebbero infatti sparato e ucciso una donna in attesa di votare. Secondo alcune testimonianze la reazione della polizia sarebbe stata “ingiustificata”. 

La condotta delle elezioni non ha però impedito la formazione di un governo. Con 39 seggi vinti è stato il partito Pangu a prevalere tra il resto dei candidati. Lo stesso a cui appartiene l’attuale primo ministro James Marape, riconfermato nel suo ruolo. Un risultato che l’esecutivo rischia di non mantenere se non interverrà su quelle che sono state le sue promesse, ovvero una maggiore sicurezza nel Paese. 

Tra Cina e Australia

L’inefficienza delle autorità ha costretto la Papua Nuova Guinea a fare affidamento su altre potenze per tentare di proteggere la popolazione. A dicembre, il Paese aveva sottoscritto un patto storico con l’Australia, dove si prometteva di rafforzare la polizia e il sistema giudiziario papauano. Sebbene quindi la “terra dei canguri”, insieme agli Stati Uniti, abbia da tempo mantenuto un certo controllo sulla zona, ad oggi il Paese sembra avvicinarsi sempre di più a un’altra Nazione: la Cina.

A settembre Pechino avrebbe avvicinato la Papua Nuova Guinea offrendo di affiancare le forze di polizia dello Stato oceanico attraverso la fornitura di nuovi equipaggiamenti, tecnologie più avanzate, unite a corsi di addestramento mirati. Il ministro degli esteri papuano Tkachenko ha però dichiarato che ancora nessuno accordo è stato sottoscritto, sostenendo di non voler minare i rapporti in corso con le potenze anglosassoni.


Non è tardata la risposta americana. Il vice segretario di Stato Richard Verma ha, infatti, dichiarato al Sydney Morning Herald che l’alleanza con la Cina porterebbe con sé un alto prezzo da pagare. Quello che si teme è una modifica delle sfere di influenza nel Pacifico, soprattutto dopo che la Cina ha siglato un patto, sempre sul tema della sicurezza, con le Isole Salomone.

La scelta della Papua Nuova Guinea potrebbe, dunque, modificare gli equilibri interni e la geopolitica della zona.

Foto in evidenza: “People Of Papua New Guinea Part 17” by Trey Ratcliff is licensed under CC BY-NC-SA 2.0.
Secretary of Defense Lloyd Austin and Papua New Guinea Prime Minister James Marape at a press confefence in Port Moresby, Papua New Guinea on July 27, 2023 – 230727-D-TT977-0240” by U.S. Secretary of Defense is licensed under CC BY 2.0.

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Alessandra Neri

Alessandra Neri

Giornalista praticante da sempre appassionata di geopolitica.

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