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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

CINA: IL DRAGO AFFILA GLI ARTIGLI: quale economia post-pandemia?

CINA: IL DRAGO AFFILA GLI ARTIGLI: quale economia post-pandemia?

Che Europa ci attenderร  quando tutto sarร  finito? Eโ€™ difficile descrivere oggi, nel marzo 2020, quella che sarร  lโ€™Europa del marzo 2021, ma รจ facile immaginare che sarร  unโ€™Europa piรน povera, attraversata da tensioni sociali piรน forti e da una mordace instabilitร  economica, e le crisi, si sa, attirano i pescecani. Esattamente come il crack della Russia eltsiniana degli anni โ€™90 attrasse torme di pescecani occidentali ansiosi di comprarsi infrastrutture e materie prime a prezzo di saldo, cosรฌ potrebbe accadere, da Est verso Ovest, dopo la crisi economica del Coronavirus. Non sarebbe perรฒ la Russia a restituirci il colpo.

La decisione รจ infine arrivata: lโ€™intera Italia si trova in lock-down. Il virus Covid19, ormai pandemico su scala globale, รจ ormai impossibile da circoscrivere ai suoi focolai iniziali, e lโ€™obbiettivo del governo Conte รจ quello di ridurre quanto prima la curva dei contagi per evitare un ulteriore sovraccarico del Sistema Sanitario Nazionale tra circa due settimane, quando si cominceranno a notare i primi effetti del distanziamento sociale imposto tramite provvedimenti dโ€™emergenza emanati dallo stesso Consiglio dei Ministri. Lโ€™Italia adotta quindi per tutto il territorio dello Stato il cosiddetto Protocollo Codogno.

Gran parte del Paese si trova quindi confinato nel proprio domicilio, i locali sono chiusi e vige il divieto di uscire di casa se non per ragioni di assoluta necessitร  (cibo e farmaci). Lโ€™impatto economico di queste misure, che sono appena cominciate in gran parte del Paese, ma che andranno avanti almeno fino al 3 Aprile, sarร  durissimo: la recessione รจ praticamente assicurata, nonostante le misure che governo ed Unione Europea hanno promesso di attuare a sostegno delle imprese italiane. Secondo Il Sole 24 ore, che cita uno studio dellโ€™Ufficio Parlamentare per il Bilancio, se anche lโ€™epidemia dovesse essere totalmente arginata entro il mese prossimo (obbiettivo che appare molto difficile), il 2020 si concluderร  quasi certamente con una contrazione del PIL italiano. Non sembra portare molto ottimismo lโ€™avvicinarsi di Pasqua, che questโ€™anno cade il 12 Aprile: il settore del turismo รจ in deprivazione pressochรฉ totale, e le prenotazioni, sia nazionali che dallโ€™estero sono praticamente azzerate, senza contare che molti paesi hanno sospeso in toto i voli verso i nostri aeroporti. Se anche lโ€™Italia vedesse una curva calante dei contagi attorno alla data delle festivitร  pasquali non cambierebbe molto, dato che per quel giorno saranno gli altri paesi europei ad essere nel pieno del picco pandemico, con una popolazione quindi pressochรจ impossibilitata a muoversi. Lโ€™impatto tuttavia rischia di estendersi, proprio per via del diverso stadio di avanzamento da stato a stato della pandemia, anche allโ€™estate. Anche se tutti ce lo auguriamo, non รจ detto che lโ€™Italia sarร  completamente libera dal virus durante i mesi estivi, che costituiscono il grande serbatoio del turismo nazionale, nรฉ รจ detto che lo saranno gli altri Paesi di provenienza dei turisti che solitamente frequentano il nostro Paese; lโ€™Italia potrebbe anzi essere costretta a tenere fuori volontariamente questi turisti a causa di un possibile contagio di ritorno, come sta facendo la Cina in questi giorni.

La produzione industriale inoltre non se la passerร  meglio: al blocco totale attuato dallโ€™Italia, che anche se non ferma le industrie ne sta molto penalizzando il lavoro quotidiano, si somma lo stesso blocco cinese tuttโ€™ora in corso. Sono moltissime infatti le aziende italiane che abbisognano delle fabbriche cinesi per componentistica elettronica, pezzi di ricambio e materie plastiche. Lo stop dellโ€™Hubei ha giocoforza causato lo stop anche di molte industrie del Belpaese. Annullate inoltre decine di Fiere (lโ€™80% delle quali concentrate in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto), con un danno economico e dโ€™immagine di miliardi di euro. Il tutto tacendo delle piccole attivitร  e dei piccoli negozi, ovvero quelle piccole partite IVA, spesso con uno o due dipendenti, che sono quasi totalmente scoperte dalle misure di tutela del governo, che invece privilegiano la tutela del lavoro dipendente. Se il blocco totale dovesse andare per le lunghe รจ probabile che, a fronte delle spese che non cessano mai, una volta ritiratasi la marea dellโ€™emergenza sanitaria ci troveremo di fronte a cittร  completamente desertificate, dove rischiano di essere pochissimi i piccoli negozi e le attivitร  sopravvissute ad un cosรฌ lungo periodo di serrata forzosa. Una crisi di cosรฌ vaste proporzioni, anche se limitata alla sola Italia, avrebbe giร  conseguenze devastanti sullโ€™economia della stessa, ma la pandemia non รจ destinata ad arrestarsi ai nostri confini. Francia, Germania e tutto il resto dellโ€™Unione Europea cominciano in questi giorni a venire seriamente colpite dal contagio. Germania e Francia in particolare sono i primi due paesi per volume di export italiano, cui seguono Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito, Spagna, Belgio e Polonia. Soltanto in nona posizione troviamo, malgrado tutto, la Cina, davanti di soli 0,2 punti percentuali ai pur piccoli Paesi Bassi. Eโ€™ quindi evidente che dei primi dieci Paesi verso cui lโ€™Italia esporta, ben sei sono membri dellโ€™Unione Europea, e ben nove sono ancora (e lo saranno per mesi) allโ€™interno dellโ€™emergenza Covid-19. Lโ€™impatto di una crisi di simili proporzioni su tutta lโ€™Unione Europea sarebbe giร  devastante in caso di contagio della sola Italia, dato che lโ€™UE non puรฒ permettersi il collasso di unโ€™economia di sessanta milioni di abitanti senza serie conseguenze per gli altri stati membri, e sarร  dunque ancor piรน devastante, con fallimenti a catena di industrie e delocalizzazioni selvagge.

Che Europa ci attenderร  quando tutto sarร  finito? Eโ€™ difficile descrivere oggi, nel marzo 2020, quella che sarร  lโ€™Europa del marzo 2021, ma รจ facile immaginare che sarร  unโ€™Europa piรน povera, attraversata da tensioni sociali piรน forti e da una mordace instabilitร  economica, e le crisi, si sa, attirano i pescecani. Esattamente come il crack della Russia eltsiniana degli anni โ€™90 attrasse torme di pescecani occidentali ansiosi di comprarsi infrastrutture e materie prime a prezzo di saldo, cosรฌ potrebbe accadere, da Est verso Ovest, dopo la crisi economica del Coronavirus. Non sarebbe perรฒ la Russia a restituirci il colpo: โ€œsanificataโ€ da imbelli sanzioni europee e dal cordone sanitario del gruppo di Visegrad la Russia non ha infatti nรฉ la potenza geopolitica nรฉ la ricchezza per tentare una simile scalata al know-how ed agli asset strategici dellโ€™Unione Europea. Li ha perรฒ Pechino, sulla quale non gravano sanzioni, che ha unโ€™economia ben piรน forte e strutturata di quella russa e che, fattore forse ancor piรน decisivo in questo momento, sta giร  uscendo dalla crisi virale da essa stessa innescata.

La penetrazione economica nellโ€™UE da parte della Cina di Xi Jingping non รจ una novitร : dal 2012 al 2018 gli investimenti cinesi in Unione Europea sono passati da 1,6 a 35 miliardi Euro. Basti come esempio il settore portuale: approfittando della crisi greca, la Cina ha acquisito per trentacinque anni il controllo totale del principale porto ellenico, quello del Pireo, tramite la China Ocean Shipping Company, che ne detiene il 100%, ma sorte analoga hanno subito anche il porto spagnolo di Valencia e quello belga di Zeebrugge, tutti detenuti dai cinesi tramite quote superiori al 50%. Ma anche altri importantissimi porti dellโ€™UE sono pesantemente condizionati dal controllo cinese di loro terminali. I cinesi โ€œpossiedonoโ€ infatti il 35% del piรน importante porto dellโ€™Unione, quello olandese di Rotterdam, il 20% di quello di Anversa (terzo porto dellโ€™Unione), il 40% di quello di Vado Ligure (nel silenzio dei sovranisti italiani). Questo per fare un elenco dei piรน importanti, a cui si possono aggiungere importantissime quote dei francesi Marsiglia, Nantes, Le Havre e Dunkirk, dello spagnolo Bilbao e del maltese Marsa Scirocco. Quando la marea del coronavirus si sarร  ritirata, รจ facile immaginare dove la Cina andrร  a far valere la sua valuta pregiata.

Anche nel settore industriale la Cina continua ad acquisire asset strategici in Europa Occidentale ed Orientale. Il decantato paradiso della sovranitร , il gruppo di Visegrad, รจ allโ€™avanguardia nella penetrazione cinese in Unione Europea. Mentre infatti la Germania e la Francia cercano da qualche anno di contenere i danni e proteggere i propri know-how, paesi come Polonia e Repubblica Ceca, dove il lavoro costa poco ma il know-how industriale รจ elevato, attirano la mosca cinese come farebbe un vasetto di marmellata. Un processo che mette in allarme non solo la Russia, che in Europa Orientale nutre da sempre ambizioni egemoniche, se non economiche quantomeno politiche, ma anche la stessa Germania, abituata a considerare i paesi Visegrad come il proprio naturale cortile di casa. Scendendo nel piano piรน squisitamente quotidiano basti invece pensare a quanti spazi delle nostre cittร , italiane ma non solo, sono oggi proprietร  di cittadini cinesi: ristoranti, bar, centri benessere, intere chinatowns, sorte spesso al posto di imprese e piccoli negozi locali falcidiati alla crisi giร  serpeggiante da almeno una dozzina dโ€™anni. Si puรฒ stare certi che lโ€™occhio del dragone abbia giร  al centro della propria pupilla tutti questi patrimoni che, alla fine della crisi sanitaria del Covid-19 si troveranno, purtroppo, in vendita a prezzi ribassati. La crisi economica che si sta profilando allโ€™orizzonte (oggi Piazza Affari ha avuto la chiusura peggiore della sua storia, con un tonfo di oltre sedici punti percentuali) trasformerร  lโ€™Italia e lโ€™UE in un grande outlet per il capitalismo di Stato cinese.  Saprร  lโ€™Europa tutelarsi con leggi specifiche che la proteggano dallโ€™imperialismo economico del dragone di Pechino?


Marco Malaguti

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Marco Malaguti

Marco Malaguti (Bologna, 1988), appassionato di giornalismo, filosofia e civiltร  orientali, vivo, lavoro e studio a Bologna. Da oltre dieci anni collaboro con testate, blog e think tanks che raccontano la politica europea ed il panorama culturale attuale. Mi occupo prevalentemente di politica estera e dirigo il portale culturale Essenzialismi.it

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