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Il parresiasta, il coraggio di dire la verità

Esiste una virtù antica, di cui per lungo tempo si sono perse le tracce, che vede la propria fioritura in età classica: la parresia.

La parresia, dal greco παρρησία “libertà di dire tutto”, è una virtù che definisce il parlar franco, il diritto dovere di dire la verità indipendentemente dalle ripercussioni che tale azione potrà provocare. Il parresiasta agisce in coscienza, egli è presente a sé stesso e alle possibili conseguenze che potranno presentarsi parlando in maniera esplicita; ma, nonostante il pericolo, egli sceglie la via della verità ritenendo un dovere morale, inderogabile, la critica e la resistenza ad un potere che va discostandosi dalla retta condotta.

Dopo lunghi anni di silenzio fu Michel Foucault, attento e puntiglioso studioso del potere, nell’autunno del 1983 – sei mesi prima della sua prematura dipartita – a riporre l’attenzione sul tema tenendo una serie di seminari presso l’Università di Berkley. Il filosofo e “archeologo dei saperi” francese si espresse così: “La parresia è una specie di attività verbale in cui il parlante ha uno specifico rapporto con la verità attraverso la franchezza, una certa relazione con la propria vita attraverso il pericolo, un certo tipo di relazione con sé stesso e con gli altri attraverso la critica (autocritica o critica di altre persone) e uno specifico rapporto con la legge morale attraverso la libertà e il dovere. Più precisamente, la parresia è un’attività verbale in cui un parlante esprime la propria relazione personale con la verità e rischia la propria vita, perché riconosce che dire la verità è un dovere per aiutare altre persone (o sé stesso) a vivere meglio. Nella parresia il parlante fa uso della sua libertà e sceglie il parlar franco invece della persuasione, la verità invece della falsità o del silenzio, il rischio di morire invece della vita e della sicurezza, la critica invece dell’adulazione e il dovere morale invece del proprio tornaconto o dell’apatia morale”.

Il parresiasta è l’uomo che si estranea dal clamore della folla, non rimane sedotto dal brusio della vulgata dominante, ma, ricercando incessantemente la verità al di là dei discorsi preconfezionati, si erge a monito e sputa in faccia al potere la verità. Egli è conscio della propria posizione di subalternità, è in questa dinamica di soggezione che si avvalora il gesto: il dire la verità nonostante il pericolo, nonostante la sanzione dell’autorità. La parresia non riguarda il becero pettegolezzo, non è un discorso pro domo sua; è un discorso rivolto al potere in difesa della giustizia, una critica che ammonisce e indirizza, ritenendo tale azione un imperativo morale imprescindibile e non ponderabile: la verità non può essere frutto di un compromesso, essa esiste in sé stessa o non esiste. Il parresiasta è interprete di una voce che non cerca consensi, non teme la maggioranza e i suoi pregiudizi, non utilizza artifici retorici per edulcorare il proprio discorso, quel che egli dice basta a sé stesso, è valore in sé.

La ricerca della verità non è una critica che si attua solo all’esterno, come bene ha sottolineato Umberto Galimberti: “Qui la critica diventa “autocritica“, capacità di dire la verità a sé stessi, di scandagliare la propria ombra, le cantine della propria anima, in linea con il messaggio dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”. Forse tutte le pratiche psicoanalitiche, con la complicazione dei loro linguaggi, non hanno ancora raggiunto la semplicità di questo messaggio a cui ci conduce il buon uso della parresia: dire a sé stessi, almeno a sé stessi, la verità.” La forza del parresiasta sgorga dalla chirurgica analisi del proprio io, egli indaga dentro di sé: si interroga e accetta in prima persona il peso del vero ed è grazie a questa perizia antecedente che il parresiasta trova il coraggio di camminare a testa alta ed esporsi in prima persona. Foucault scrisse: “Se c’è una specie di «prova» della sincerità del parresiastes, essa sta nel suo coraggio. Il fatto che un parlante dica qualcosa di pericoloso – qualcosa di differente da ciò che la maggioranza crede – è una forte indicazione del fatto che egli sia un parresiastes.”

In un momento storico dove le opinioni, le voci si moltiplicano, si intrecciano e si sovrappongono, riportare in auge la ricerca e la possibilità di dire il vero è una missione che deve essere compiuta. Ritrovare il coraggio di opporsi al pregiudizio della moltitudine e al diktat del potente di turno. Riscoprire il valore della critica, dell’opposizione, del dubbio e dell’analisi; elementi fondanti la razionalità umana che non possono essere posti nell’ombra dalla logica del pensée unique.

Ci si chiederà: Qual è, in definitiva, la verità? La risposta del parresiasta è lapidaria: “Verità è tutto ciò che dà fastidio al potere”.

  • Lorenzo Della Corte

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