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Il Piano dei Cinque Mari, come la Siria punta a risorgere

Un'eredità difficile e sfide enormi: Damasco ora progetta di rilanciare il settore energetico e commerciale divenendo intermediario necessario nella regione

La regione mediorientale è stata teatro negli ultimi anni di grandi cambiamenti sia di carattere strategico che geopolitico. Tra una maggior influenza cinese e una timida distensione tra vecchi rivali come Iran e Arabia Saudita, lo scacchiere regionale sta diventando sempre più dinamico e complesso.

In quest’ottica, il governo di Bashar Al-Assad ambisce a ricostruire e rilanciare la Siria nel contesto regionale nonostante la difficile situazione interna e le sfide politiche che lo stesso Presidente deve affrontare, che perdureranno durante tutto il processo di pacificazione nazionale.

L’ambizione del Piano dei Cinque Mari si basa sulla possibilità di un rapido sviluppo economico a seguito della decennale guerra civile, grazie al ruolo di investitore internazionale dell’Arabia Saudita, ed alla possibilità di diversificazione economica che gli investimenti sauditi significherebbero per il Paese.

Si tratta di un approccio simile a quello dei pacchetti economici con cui i sauditi hanno finanziato mega-progetti sia in Patria (tra cui spiccano Neom e The Line nell’ottica del programma Saudi Vision 2030); sia all’estero come in Egitto, dove gli investitori di Riyad collaborano nella realizzazione della nuova capitale egiziana.


La Siria: crocevia tra Europa e Asia

La prima proposta del progetto venne presentata durante il 2004 con l’obbiettivo di stabilire relazioni favorevoli e vantaggiose tra Damasco e i suoi vicini, implementando una maggiore interconnessione commerciale e infrastrutturale da permettere alla Siria di accedere più facilmente alle risorse delle zone interessate; ovvero i mari Mediterraneo, Nero, Rosso, Caspio ed il Golfo Persico.

Nel concreto, la Repubblica Araba di Siria ambisce, tramite questo progetto, a ristrutturare il sistema logistico interno del Paese, passando per un ampliamento dei porti mediterranei e degli aeroporti dell’interno, al fine di guadagnare rilevanza sul piano degli scambi commerciali internazionali.

Tuttavia, le ambizioni di Damasco non si fermano al solo settore commerciale, andando a coinvolgere anche il settore energetico che, trascinato dall’aumento dei flussi di scambio da e verso il Paese, diventerebbe obiettivo di un programma di ampliamento della rete di oleodotti e gasdotti che lo collegano sia all’Europa che al Medio Oriente.

Così facendo il Paese potrebbe divenire uno dei principali mercati energetici dell’area. In quest’ottica si coniugano, a conferma di ciò, i colloqui precedenti la Guerra Civile siriana, tra il Paese ed i vicini della regione, per la realizzazione di un network di viadotti energetici che collegasse da un lato Arabia Saudita, Qatar, Giordania e Siria e dall’altro quest’ultima con Iraq e Iran, per collegarsi poi alla Turchia, e quindi all’Europa, sempre in territorio siriano

A cascata, l’implementazione e l’espansione di questi due settori si rifletterebbe a sull’impianto infrastrutturale del Paese, che si vedrebbe essere soggetto ad ampie opere di ammodernamento, al fine di renderlo capace di supportare la mole di trasporti e scambi che la Siria si troverebbe a dover gestire.

La proposta del Piano dei Cinque Mari ha riguadagnato forza grazie al clima politico mediorientale; che di recente si è mostrato favorevole alla Siria grazie anche alla sua recente riammissione all’interno della Lega Araba e la partecipazione attiva del Paese al summit della stessa a Jeddah nel maggio del 2023.

Le sfide per Damasco

Nonostante il potenziale nella politica siriana, il piano presenta alcune profonde criticità per il Paese, derivate dall’eredità della guerra civile. Il Paese mediorientale, già prima dello scoppio del conflitto interno, era in procinto di costruire due gasdotti necessari per la connessione dei network mediorientale e anatolico.

Un primo passo verso la realizzazione del progetto siriano è necessariamente la realizzazione della nuova rete energetica nazionale, che ora si presenta come un’occasione per il Governo di Damasco che potrebbe offrirsi come nuovo intermediario per la fornitura di risorse all’Europa, ancora colpita dalla situazione derivata dal conflitto in Ucraina. Tuttavia, indipendentemente da ciò, la Siria convive con una complessa situazione interna che non permettono di poter condurre lo sviluppo nel prossimo futuro.

La Repubblica Araba di Siria si trova ancora in difficoltà nel controllo del suo territorio, Damasco non è ancora riuscita a riaffermare il proprio dominio sul Nord del Paese, frammentato tra i ribelli e le truppe filo-turche nel circondario di Idlib e le Syrian Defense Forces oltre il fiume Eufrate, controllando ancora le città di Al-Raqqa e Deir ez-Zor. Benché le SDF siano forze siriane, il difficile rapporto con la leadership centrare rende difficile poter condurre un piano di sviluppo ampio e strutturato come questo, evitando anche che la gestione del progetto venga assorbita direttamente da Paesi esteri.

Nonostante il Piano dei Cinque Mari si presenti come un grande programma per la rinascita siriana, il suo punto di forza si basa sui possibili vantaggi che anche gli altri Paesi coinvolti otterrebbero. La Turchia riuscirebbe ad accedere più facilmente alle linee commerciali ed energetiche mediorientali, mentre il Governo del Cairo, presente su due dei mari coinvolti nel piano siriano; sarebbe in grado di espandere il proprio network commerciale verso il Caucaso, già di rilievo grazie alla sua posizione tra Europa e Asia.

Anche l’Arabia Saudita otterrebbe grandi vantaggi, riuscendo a velocizzare la diversificazione delle rotte commerciali staccandosi dalle insidie geopolitiche e logistiche rappresentate dallo Stretto di Hormuz, divenendo così in grado di rafforzare la propria posizione all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG).

Gli spettri del passato, le difficili relazioni con l’Occidente

Su una scala più ampia, l’implementazione del progetto siriano avrebbe il potenziale di costruire e aumentare le partnership strategiche necessarie tra Medio Oriente ed Europa, nonché altri Paesi Occidentali, tra cui gli stessi Usa i quali però, fino ad ora, non hanno fatto passi indietro rispetto alle sanzioni, sottintendendo che prima che ciò si verifichi è necessario un cambio di passo da parte di Damasco.

Tuttavia, su questo tema si configura una delle più grandi difficolta che il governo siriano si trova a dover affrontare: sul piano esterno la necessità di ricucire le relazioni con l’Occidente, mentre sul piano interno l’ostilità che la popolazione siriana prova rispetto agli Stati Uniti a causa proprio delle sanzioni applicate al Paese. Caso analogo a quello dell’Unione Europea, rea anch’essa di non essersi mai opposta alla politica sanzionistica, così come non si è risparmiata nell’intervenire unitamente agli USA all’interno del conflitto siriano.

Sul piano economico e mercantile, il progetto siriano offre un concreto vantaggio appunto dal punto di vista commerciale altre Potenze come le stesse Russia e Cina. Se applicato con efficacia, il piano ha la potenzialità di migliorare il commercio mondiale oltre che fortificare le supply chain globali.

Un particolare interesse per il piano potrebbe giungere proprio da Pechino, che potrebbe vedere nell’iniziativa siriana una possibilità di integrazione con la più ambiziosa Belt and Road initiative. La rilevanza del piano permetterebbe al Medio Oriente di porsi come nuovo, importante, interlocutore sullo scenario globale e a Damasco di riacquisire prestigio e credibilità sia agli occhi della Comunità Internazionale e degli investitori privati.

Un ulteriore partner che ha presentato il proprio interesse nel progetto sono gli Emirati Arabi Uniti, che per primi hanno avuto il ruolo di riabilitare la Siria nella Lega Araba e nel CCG, già nel 2022, promuovendo relazioni più strette tra Abu Dhabi e Damasco.

Nell’interesse degli Emirati, sarebbe l’accesso al mercato anatolico e, di riflesso, europeo; e ciò sarebbe facilmente coniugabile con l’ampio network portuale che il regno possiede tra Asia, Europa e Africa, e che già gli garantisce una posizione di rilievo nella gestione della logistica internazionale.

Indubbiamente, l’implementazione del Piano dei Cinque Mari pone rischi strutturali e sfide anche di carattere politico. Tra essi primeggia la condizione della sicurezza e stabilità regionale. Il panorama geopolitico della regione è stato segnato, negli ultimi decenni, da conflitti interni nei vicini di Damasco, nonché nella stessa Repubblica.

Rimane dunque difficile immaginarsi una risoluzione in tempi brevi del fenomeno terroristico così come delle situazioni di tensione regionale che coinvolgono Israele e i propri vicini, eredità delle dispute del secolo scorso e che coinvolge anche la Siria stessa.


Al netto di ciò, rimane negli interessi del Paese riuscire ad appianare e superare le sfide poste dall’instabilità della regione, in un’ottica di normalizzazione dei rapporti sia con la Turchia che con la Lega Araba, cosa che permetterebbe al governo di Damasco di riuscire a ramificare il progetto in maniera concreta anche al di fuori dei confini nazionali.

In conclusione, con questo ambizioso progetto, la Repubblica Araba di Siria spera fortemente a un ritorno da protagonista sulla scena internazionale e se riuscirà ad affrontare le sfide politiche e tecniche che questo ambizioso programma presenta, Damasco sarebbe in grado di porsi come intermediario di rilievo, nonché necessario, nella regione mediorientale.

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