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Il softpower religioso dell’India: un’arma nelle mani di Delhi

Il softpower religioso dell’India: un’arma nelle mani di Delhi

Il governo Modi e il softpower religioso dell'India. Come Delhi sfrutta la cultura Hindu e il Buddismo per affascinare l'estero vicino

รˆ impossibile pensare allโ€™India senza essere invasi nella mente da immagini di asceti erranti, di terribili divinitร  teriomorfe o dalle acque di fiumi sacri inondate da schiere di devoti. Questa concezione, per quanto a tratti verosimile, non rappresenta tutti i volti โ€“ quasi il Paese ne avesse piรน dโ€™uno come il demiurgo Brahma โ€“ di una nazione che fatica ancora a scrollarsi di dosso il pregiudizio di etichette ormai scomode.

Gli stereotipi, si sa, sono i figli prediletti dellโ€™ignoranza. La cultura indiana non รจ una realtร  organica e la varietร  che la compone non รจ semplice da interpretare.

In epoca coloniale, va dato atto ai primi ricercatori britanni della diffusione in Europa di innumerevoli testi sanscriti e della creazione di ambienti intellettuali dove la cultura indiana era vivacemente discussa. Tuttavia, la mentalitร  inglese del XVIII e XIX secolo ha partorito gli stereotipi diffusi ancora oggi, retaggio del paternalismo occidentale che fa male tanto allโ€™accademico quanto allโ€™appassionato di geopolitica.

Lโ€™India, dunque, va osservata con occhi disposti a mettere in dubbio le categorie di pensiero che conosciamo, occhi dinamici pronti a seguire il percorso di un Paese che sgomita, silenzioso, per emergere.

Un Paese sospeso nel tempo, immobile e immutabile che volge lo sguardo solo alla trascendenza, questa, in sostanza, la percezione generalmente interiorizzata. Non si deve perรฒ nemmeno cadere nellโ€™errore di osservare Bharat in modo asettico, scevro del contesto e di quelle dinamiche cosรฌ complesse di cui si diceva sopra.

Questa trappola sarebbe fatale tanto quanto subire lo stereotipo coloniale: lโ€™India non prescinde dal proprio passato ma lo trasforma costantemente per inserirlo nel mosaico delle necessitร  presenti, anche e soprattutto in quelle politiche.


La comunicazione del governo e la centralitร  della religione

Subrahmanyam Jaishankar รจ il celebre Ministro degli Esteri del governo Modi che ha fatto della comunicazione caustica il proprio marchio di fabbrica. In realtร  le uscite โ€œinfeliciโ€ del braccio destro di Narendra Modi sono state puntuali e pungenti proprio nei confronti delle ipocrisie dei bersagli: dagli Stati Uniti allโ€™Europa, passando per Pakistan e Cina, nessuno รจ rimasto fuori dal mirino.

Allโ€™Unione Europea รจ stato ricordato il fatto di comprare ingenti quantitร  di gas dalla Russia nonostante la condanna della condotta politica di Putin; agli States รจ stato rimproverato di finanziare la spesa militare pakistana destabilizzando lโ€™Asia meridionale.ย 

Solo alcune delle frecce scoccate da Jaishankar, che, in unโ€™intervista per The Indian Express, proprio in riferimento a Cina e Pakistan ha utilizzato due celeberrime figure della religione hindu per sintetizzare la linea diplomatica da tenere con le due nazioni.

Lโ€™intervistatore gli chiede, potendo inviarli come ambasciatori, chi tra Hanuman e Krishna invierebbe in Cina e in Pakistan. Jaishankar risponde divertito ad una domanda che ci dice piรน di quanto si potrebbe pensare. Il ministro degli Esteri, infatti, risponde che nella Repubblica Popolare invierebbe Krishna, mentre Hanuman lo preferirebbe in Pakistan.

Krishna, una figura centrale nella religione hindu, considerato da molti indiani la divinitร  suprema, ha tra le sue innumerevoli doti quella di essere un diplomatico eccezionale, in grado di dialogare per la pace persino con gli statisti piรน agguerriti.

Questo non fa altro che sottolineare la linea cauta nelle relazioni sino-indiane che punta a sciogliere i nodi delle dispute territoriali sullโ€™Himalaya, piรน che ad esacerbare le ostilitร . Lโ€™interpretazione della risposta in merito al Pakistan รจ invece poco rassicurante.

Hanuman รจ il devoto per eccellenza, saldo nella mente e forte nel corpo. Cosรฌ forte da essere al centro, nel poema epico Ramayana, dellโ€™episodio che lo vede distruggere il regno di un demoniaco sovrano malvagio. Una figura pia, dunque, ma in grado di scatenarsi come una furia in battaglia contro il proprio nemico.

La risposta di Jaishankar non รจ da leggersi letteralmente, nemmeno alla luce di questa interpretazione, ma รจ tuttavia rilevante e coerente con le apparentemente insanabili fratture che dividono Delhi e Islamabad. In ogni caso, la comunicazione del Governo indiano รจ intrisa di richiami alla cultura religiosa, fondamentali per stimolare le menti degli elettori.

Va ricordato che la filosofia indiana ha partorito le scuole di pensiero piรน spietatamente materialiste, ed รจ proprio ad un autore indiano che si deve la composizione del primo trattato ascrivibile al realismo politico della storia dellโ€™umanitร , lโ€™Arthashastra.

Lโ€™inclinazione mistica non puรฒ oscurare la pragmaticitร  del popolo indiano che dagli albori del proprio sviluppo ha pensato ai problemi piรน concreti dellโ€™uomo prima che alle astrazioni di complessi artifici retorici. Cosรฌ, non sorprende che persino la religione possa essere utilizzata come arma al servizio della diplomazia internazionale per rimarcare la propria indissolubile influenza culturale sulle nazioni vicine.

Il fermento in Nepal รจ un fuoco destinato a divampare

Il Nepal รจ da settimane sferzato da proteste cariche di rabbia e nostalgia. Lโ€™oggetto di questi sentimenti contrastanti รจ il regime monarchico abolito nel 2008 dopo un decennio di instabilitร  e dissapori interni.

Il massacro della famiglia reale, gli Shah, avvenuto nel giugno 2001 per mano โ€“ parrebbe โ€“ del principe ereditario Dipendra, รจ stato il sanguinoso epilogo della giร  turbolenta storia dei reali nepalesi. Dalla metร  del XIX secolo, infatti, il Nepal ha vissuto fra golpe silenziosi e malcontento popolare, dovendo inoltre fare i conti con le striscianti ingerenze straniere.ย 

Le poco trasparenti dinamiche del massacro reale hanno portato lโ€™opinione pubblica nepalese a ricamare sullโ€™esistenza di una mano straniera dietro la tragedia: secondo il Partito Comunista Nepalese il mandante della strage sarebbe il governo statunitense.

Un’ipotesi formulata per screditare gli Stati Uniti e non sostenuta da prove convincenti. Oggi il problema delle ingerenze, siano esse cinesi o americane, รจ passato in secondo piano di fronte alle surreali proteste del popolo nepalese che chiede a gran voce un ritorno del monarca alla guida del Paese.ย 

La secolarizzazione del Nepal ha la firma degli stessi maoisti che attribuivano le cause del cambio di regime a Washington. Oltre lโ€™80% dei nepalesi รจ di religione hindu e la famiglia reale รจ strettamente legata alle costumanze e ai protocolli dellโ€™induismo, e in un cocktail fatto di instabilitร  politica e corruzione dilagante, il risultato รจ unโ€™esplosiva ondata di estremisti pronti a combattere per un Nepal hindu e monarchico.

Le proteste che vediamo oggi nelle maggiori cittร  nepalesi sono veri e propri campanelli dโ€™allarme per il fragile equilibrio dellโ€™Asia Meridionale. Ma si puรฒ dire che ci sia lo zampino dellโ€™India?

No, non ancora almeno. Lโ€™India di oggi sta virando in una direzione non lontanissima da quella auspicata dagli estremisti nepalesi per la propria nazione, eppure al centro rimane salda, ed รจ fortemente rivendicata, la natura democratica di Bharat.

รˆ certo che una tale presa di posizione in favore di un governo hindu, lontano dal maoismo che strizzava lโ€™occhio alla Cina, sarebbe gradita a Delhi, a conferma di quanto lโ€™influenza storica della propria cultura religiosa sulle nazioni vicine sia ancora forte. Intanto, una mossa diplomatica piรน diretta ha in questi giorni stretto i rapporti tra lโ€™India e la Thailandia.

Il softpower religioso dell’India naviga sullโ€™Oceano

Proprio in una cittร  dellโ€™odierno Nepal, intorno al VI-V secolo a.C, nasceva il Buddha storico. Il suo insegnamento, sublime e universale, ha affascinato tanto gli uomini e le donne dellโ€™India antica quanto quelli del mondo contemporaneo.

La predicazione del Buddha รจ penetrata nel sud-est asiatico, nellโ€™estremo Oriente e, in epoca moderna, ha spopolato persino tra gli occidentali. รˆ bene sapere, perรฒ, che la dottrina del Buddha nasce come risposta filosofica in aperta polemica nei confronti dellโ€™establishment religioso dellโ€™India classica, quello brahmanico.

La linea diplomatica indiana, in grado di tenere aperti fronti di dialogo distanti e di danzare โ€“ come il Dio Shiva โ€“ sullโ€™ambiguitร  di una posizione apparentemente neutrale e aperta, รจ tale anche nella sfera religiosa.

La stessa ortodossia brahmanica che combatteva ideologicamente le questioni esposte dal Buddha, nel corso dei secoli ha sapientemente bollato il buddhismo come mera appendice del sapere hindu, e persino inglobato la figura del Buddha nel proprio pantheon di divinitร . Una mossa tipica della religione e della cultura hindu, che furbescamente โ€œannetteโ€, direbbe Dalhousie, la diversitร  senza tentare di sradicarla.ย 

Il buddhismo quindi, pur essendo paradossalmente il prodotto di una visione distante da quella dellโ€™induismo, diventa parte della cultura hindu e, dunque, unโ€™arma della diplomazia indiana.

Alcune reliquie del Buddha e di due arahant (i liberati in vita, i โ€œsantiโ€) sono state trasportate pochi giorni fa dallโ€™Air Force indiana fino a Bangkok. In Thailandia il buddhismo, cosรฌ come in gran parte del sud-est asiatico e in Sri Lanka, รจ ancora oggi incredibilmente vivo e parte integrante delle abitudini di vita di tutti i cittadini, e poter custodire delle reliquie cosรฌ importanti รจ prestigioso e fonte di grande entusiasmo.ย 

Una gran folla di cittadini, il re Rama X e il PM Strettha Thavisin hanno atteso lโ€™arrivo delle reliquie testimoniando lโ€™importanza di un simile dono. Un dono che cementifica le relazioni tra i due Paesi e rafforza la presa culturale nellโ€™Asia sudorientale di Bharat, che imponendosi come referente religioso e culturale puรฒ indebolire le aspirazioni cinesi nellโ€™area.


Se infatti la Cina puรฒ apparire come un interlocutore autoritario, al contrario lโ€™India puรฒ guadagnare nel presentarsi come voce tollerante e aperta sulla quale fare affidamento, risuonando per lโ€™occasione in piena armonia con i valori buddhisti.

Il disegno indiano, non sempre supportato da sostegni letterari validi, altera la percezione interna โ€“ le censure nei programmi scolastici, la โ€œsanscritizzazioneโ€ dei nomi delle cittร , ecc. โ€“ e quella internazionale, utilizzando la fede e lโ€™influenza culturale come strumenti di softpower.

Foto in evidenza: By Adityamadhav83 – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16130748

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Matteo Borgese

Matteo Borgese

Nato a Roma nel 1996. Ho frequentato il Liceo Classico per poi proseguire in un percorso di crescita e studio delle discipline umanistiche che mi ha avvicinato sempre piรน alla filosofia orientale. Mi occupo del subcontinente indiano e di tutto quello che riguarda la cultura e la storia antica e contemporanea dell'India. Appassionato di storia delle religioni, di mistica e del rapporto tra l'uomo e il divino nella sua totalitร , cerco di scorgere nella politica contemporanea gli echi delle dottrine filosofiche antiche.

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