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Scopri L’America dopo l’egemonia

L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

La guerra industriale silenziosa tra Europa e Stati Uniti

La guerra industriale silenziosa tra Europa e Stati Uniti

L'inflation Reduction Act varato dall'amministrazione Biden aumenta il margine di competitivitร  dell'industria americana su quella europea. Preoccupazioni e contromosse di Berlino, Parigi e Bruxelles

Se la guerra economica contro laย Federazione Russaย non accenna a placarsi, neanche allโ€™interno del fronte occidentale la situazione รจ meno tesa. La vecchia Europa si trova presa tra due fuochi: da un lato la Rusia, dall’altro gliย Stati Uniti, dove lโ€™energia costa un quarto rispetto allโ€™Ue e il Congresso ha approvato lโ€™Inflation Reduction Act o Ira (cioรจ il Green Deal statunitense), un massiccio sistema di sovvenzioni per favorire le tecnologie verdi.ย 

Un ammontare di circa 370 miliardi di dollari per incentivare il reshoring delle catene di produzione, tra cui quelle di energia rinnovabile, batterie e auto elettriche, in Nord America โ€“ Canada e Messico inclusi โ€“ lasciando a bocca asciutta lโ€™Europa che teme la desertificazione industriale. La mossa di Washington ha giร  messo a rischio un importante investimento di Intel su suolo tedesco, di ben 17 miliardi per una nuova fabbrica di semiconduttori, facendo adirare Berlino tanto da spingere lโ€™ad del colosso statunitense, Pat Gelsinger, a rassicurare il governo tedesco a Davos. Gelsinger ha dichiarato che con il progetto โ€œstiamo andando avantiโ€ ma ha anche ricordato la lentezza europea nellโ€™approvazione del Chips Act.

Berlino teme la deindustrializzazione

Berlino vorrebbe da una parte modificare le norme in materia di aiuti di stato, che attualmente limitano la capacitร  dei paesi membri di sovvenzionare le imprese, per evitare lโ€™inasprirsi della concorrenza allโ€™interno dellโ€™Unione e con gli USA. Lโ€™ammontare delle risorse introdotte dallโ€™amministrazione americana, infatti, potrebbe indurre (se non lo stanno giร  facendo) molte imprese a delocalizzare e varcare lโ€™Atlantico, senza considerare il considerevole aumento della competitivitร  delle stesse imprese americane, foraggiate da cosรฌ consistenti risorse pubbliche.

Se anche la Germania, culla di rigore e austeritร , teme lo spettro della deindustrializzazione, significa che il pericolo รจ concreto, specie se il fronte occidentale non รจ lโ€™unico aperto. Ricordiamo lโ€™annosa questione della concorrenza “sleale” a Oriente: i tedeschi sono ormai consapevoli del pericolo rappresentato dallโ€™altro grande concorrente, nonchรฉ “rivale sistemico”, che oltre a sussidiare le proprie industrie da decenni controlla anche le filiere delle terre rare, su tutte il litio: la Cina

In opposizione alla dura (e spesso miope) dottrina mercantilista che ha portato il cancelliere Olaf Scholz e una delegazione di industriali a visitare il presidente Xi Jinping appena dopo la sua terza nomina (di fatto unโ€™incoronazione), il governo tedesco sta lavorando con altri soggetti geopolitici come India e Giappone, mentre le aziende stanno rivalutando i rischi di fare affari in Cina e intensificando le loro attivitร  in altri Paesi, spingendo il fenomeno del friendshoring.

Possiamo dire da quanto sta avvenendo in questi giorni che lโ€™Unione Europea si รจ dimostrata decisa a rispondere con fermezza (almeno a parole) allโ€™Ira del governo Biden, per fermare sul nascere unโ€™emorragie di competitivitร  e imprese e investimenti. Nel consesso dellโ€™Ecofin bene ha fatto il ministro dellโ€™economia Giancarlo Giorgetti a sottolineare il pericolo di un semplice allentamento delle regole in materia di aiuti di stato, con il risultato di avvantaggiare gli stati membri che godono di un margine di bilancio piรน ampio, aggravando cosรฌ le divergenze economiche allโ€™interno dellโ€™Unione.

Una mossa che potrebbe frammentare il mercato interno, perchรฉ paesi come la Germania, che hanno conti pubblici piรน in ordine e dunque maggiore disponibilitร  di cassa, potrebbero mettere sul piatto molte piรน risorse di quanto possa fare lโ€™Italia, il cui debito pubblico impedisce grandi manovre. Da ultimo agevolare solamente gli aiuti di stato senza costruire una strategia comune e organica potrebbe creare i presupposti per unโ€™Europa a due velocitร , con conseguenti, ingiusti, squilibri.

La strategia industriale dell’Eliseo

La Francia, patria dello โ€œstato strategaโ€ in economia, segna un grande attivismo, presentando il piano, chiamato โ€œMade in Europeโ€ i giorni 9 e 10 febbraio prossimi, al vertice dei capi di stato o di governo dei paesi dellโ€™UE a Bruxelles. La strategia dellโ€™Eliseo dovrebbe avere forma quadripartita.

Il primo aspetto riguarderebbe lโ€™imposizione di target comunitari sulle tecnologie chiave per ridurre la dipendenza dai fornitori stranieri e fissare obiettivi di produzione interna entro il 2030, richiamando quanto fatto con il Chips Act in materia di semiconduttori. Vengono richiesti interventi di semplificazione delle procedure autorizzative per i siti industriali e una riforma del mercato energetico comune che garantisca alle imprese energia a prezzi piรน bassi. 

Il secondo aspetto punterebbe ad una modifica della normativa europea sugli aiuti di stato: Parigi sostiene la necessitร  di garantire sostegni emergenziali a settori critici fino al 2030, sottoforma di sussidi o di crediti dโ€™imposta.

Terzo aspetto sarebbe la predisposizione di fondi europei per i settori chiave, in modo da riequilibrare le differenti capacitร  finanziarie dei paesi membri. La Francia ha proposto la creazione di unย โ€œfondo di emergenzaโ€ย che attingerร  alle risorse giร  raccolte per altri scopi (RePowerEU e magari si potrebbe spingere per una riforma del MES in senso di fondo per la transizione energetica), e successivamente lโ€™istituzione di un nuovo strumento, unย โ€œfondo sovranoโ€ย dedicato alle industrie critiche.

Ultima declinazione della strategia francese, una politica commerciale tale da meccanismi appositi per la difesa dalla concorrenza estera (forse avremo finalmente lโ€™implementazione della carbon border tax).

Il Net-Zero Industry Act: una quasi risposta europea

Al tentativo di contrastare la politica industriale aggressiva del governo americano ha risposto anche la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, intervenendo al forum di Davos, chiarendo che lโ€™8 febbraio prossimo, giorno del Consiglio europeo, verrร  presentato il Net-Zero Industry Act. Questo il nome altisonante del pacchetto di misure con cui lโ€™Ue intende rispondere provvedimento dalla chiara natura protezionista dellโ€™Amministrazione Biden, molto poco in linea con le regole del Wto. 

La Commissione propone un piano che punta a ridurre lo svantaggio competitivo dellโ€™Europa rispetto agli Stati Uniti, offrendo alle imprese europee dei sussidi da utilizzare per finanziare la transizione verde dei processi industriali. Questo strumento europeo, dai contorni ancora fumosi, vorrebbe finanziare con prestiti e sovvenzioni programmi strategici.

Se le caratteristiche dello strumento sono ancora poco chiare, ancora piรน dubbi ci sono in merito alla sua dotazione finanziaria. Avremo lโ€™emissione di nuovi eurobond come durante la pandemia? Avremo come nel caso del Next Generation EU la mutualizzazione del debito? Lโ€™unica certezza รจ che la cosa avrร  tempi lunghi, ammesso che ottenga il giusto consenso tra gli Stati membri.

Foto in evidenza di Kateryna Babaieva: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-che-tiene-la-pala-3361230/

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Alessandro Gorgoni

Alessandro Gorgoni

Giurista di formazione, ho sviluppato conoscenze trasversali tra economia e diritto sviluppando unโ€™accurata conoscenza della Pubblica Amministrazione e del settore energetico. Sono dottore di ricerca del Dottorato di Interesse Nazionale per la Pa presso lโ€™Universitร  del Salento e lavoro in unโ€™impresa statale.

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