Il protrarsi delle tensioni europee con Cina e Russia rafforza la “regionalizzazione” del commercio. Nuove filiere produttive si stanno aggiungendo a quelle esistenti secondo un processo denominato decoupling, volto a limitare l’interferenza economica dei rivali geopolitici. All’interno di esso confluiscono sia il nearshoring, cioè la prevalenza di attori geograficamente prossimi, sia il friendshoring, ossia il coinvolgimento di Paesi politicamente alleati. Queste dinamiche potrebbero far rivestire al Mare Nostrum un ruolo di primo piano nel panorama internazionale.
La recente decisione cinese di sospendere l’export di “terre rare” verso Stati Uniti, Europa e Giappone in ritorsione ai dazi di Trump, dimostra quanto l’industria automobilistica ed energetica europea (turbine eoliche, batterie) che da esse dipende sia influenzata dagli “umori” di uno scomodo avversario.
Oltretutto, la capacità di lavorazione di oltre l’80% delle “terre rare” da parte di Pechino, anche di quelle estratte al di fuori del Paese quindi, esprime l’entità della pressione politica a cui può sottoporre l’economia mondiale. Un fatto che rafforza l’urgenza di creare alternative catene di estrazione, produzione, trasporto di queste materie prime e dei prodotti a cui sono indispensabili.
In termini attuativi, lo sviluppo di queste nuove filiere avverrà integrando economicamente Paesi “non ostili”, preferibilmente a distanze contenute, attraverso flussi stabili di energia, materie prime, prodotti finiti e semilavorati. Un processo che, se si considera l’asse Europa-Africa-Medio Oriente che si sta delineando, accentuerà la rilevanza del sistema portuale, in particolare mediterraneo, e di quegli scali definiti “gateway”, ossia “di arrivo”, in cui le merci si proiettano nell’entroterra o “di origine”, quindi partenza.
I porti gateway di Genova e Trieste, a forte proiezione atlantica e connessi all’Europa continentale, potrebbero rappresentare la chiave di volta di questo processo.
Un decoupling selettivo
Si va definendo uno scenario ibrido dove la dipendenza europea da Pechino, soprattutto nel settore manifatturiero, contribuisce a preservare le filiere tradizionali passanti per i principali chokepoints marittimi (Gibilterra, Suez, Bab-el-Mandeb). Di fatto, le importazioni europee dalla Cina sono aumentate di quasi il 5% tra il 2014 e il 2023, secondo il rapporto di Italian Maritime Economy del 2024.
Tuttavia, per rafforzare la propria sicurezza, l’Unione Europea ha disposto piani orientati a sviluppare le proprie industrie nei settori strategici quali digitale, semiconduttori, energia, prevedendo la creazione di impianti di produzione di chip elettronici in Europa e il riciclaggio di materie prime come le terre rare, di cui l’Europa è dipendente dalla Cina per il 39% del totale importato.
In questi settori si inserisce il processo di decoupling, centrato sulla prevalenza di attori locali e sull’estraneità di Mosca e Pechino alle nuove filiere produttive. Il rafforzamento del traffico marittimo intra-mediterraneo e la competizione euro-russa in Nord Africa sono importanti segnali del tentativo di mantenere un’amicizia politica con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo al fine di inserirli nelle nuove catene economiche.
Nonostante, al 2024, l’Italia continui a detenere il primato europeo nel traffico marittimo a corto raggio (short sea shipping) con il protagonismo dei porti del Sud come Catania, Palermo e Salerno, i dazi minacciati da Trump hanno provocato un crollo delle spedizioni. In particolare il traffico dei container, in buona parte movimentato nel porto meridionale di Gioia Tauro nel contesto italiano, ha subito una contrazione globale del 49% nei primi giorni di aprile.
Il vantaggio strategico di Genova e Trieste
I porti di Genova e Trieste, pur sempre colpiti dalle politiche trumpiane, potrebbero compensare le perdite sfruttando la loro posizione su tre fondamentali direttrici geopolitiche che si stanno affermando nel quadro del decoupling: Stati Uniti-Europa, Europa-Africa e Europa-India. Sono direttrici che, essendo chiamate a servire mercati ampi, richiedono sistemi portuali altamente efficienti e ben collegati con l’entroterra come quelli delle città del Nord Italia.
La prima (Stati Uniti-Europa) si è affermata con la guerra in Ucraina, che ha portato a una maggiore integrazione dell’economia statunitense con quella europea raggiungendo il picco di 1600 miliardi di euro tra beni e servizi nel 2023. In conseguenza della riduzione degli approvvigionamenti russi, quasi il 45% delle importazioni europee di gas naturale liquefatto (Gnl) proviene dagli Stati Uniti nel 2024.
Considerando che 2.3 milioni di posti di lavoro in America sono sostenuti dalle esportazioni verso l’Ue, il trend non può che aumentare, come dimostrano le intenzioni della premier Giorgia Meloni di rafforzare le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti.
In questa dinamica il porto di Genova riveste un ruolo di primo piano. Secondo il direttore generale di Spediporto Giampaolo Botta, il 65% dei container italiani diretti verso gli Stati Uniti parte da Genova: sono esportazioni dall’alto valore aggiunto come macchinari, prodotti farmaceutici e beni di lusso. Mentre sul versante dell’import, i porti liguri gestiscono il 40% delle merci provenienti dagli Stati Uniti.
La seconda (Europa-Africa), pur limitata da un crescente sentimento antioccidentale in Africa e dalla competizione con la Cina, si sta delineando con il Global Gateway, un piano di investimenti europeo che coinvolge soprattutto il continente africano negli ambiti delle infrastrutture, dell’energia e delle materie prime. Il programma, integrato dall’italiano Piano Mattei, costituisce attualmente il principale dispositivo di connessione economica tra i due continenti, con particolare attenzione alle filiere di minerali critici.
Il contestato accordo Ue-Ruanda mira all’estrazione e alla lavorazione di litio, terre rare, stagno e oro nella zona dei Grandi Laghi. Il percorso, tuttavia, appare in salita, poiché simili accordi sono stati conclusi anche con il Congo (Rdc), il quale ha accusato l’Europa di opportunismo, essendo il Ruanda uno dei finanziatori dei movimenti congolesi ribelli al governo del Paese.
Da una prospettiva energetica, la Roadmap to Connect Africa to Europe for Clean Energy Production, inquadrata nel Global Gateway, prevede l’incremento della produzione di energie rinnovabili tra Algeria e Tunisia, con la possibile esportazione di idrogeno verde verso l’Europa attraverso il corridoio South H2 passante per Africa, Italia, Austria e Germania, per un totale di 40Gw entro il 2030.
Tuttavia, problemi di stoccaggio e trasporto, come il costo eccessivo dei mezzi gommati, renderanno indispensabile l’adozione di una soluzione mista capace di includere le navi, che si sono dimostrate ottimi vettori per le tratte più lunghe, come quelle previste per spostare l’idrogeno dal Nord Africa al cuore dell’Europa.
Anche a scopo di diversificazione, è probabile lo sviluppo di un sistema di trasporto integrato, in cui sia il gasdotto South H2 sia le navi contribuiranno all’export dell’idrogeno verso l’Europa, accrescendo la rilevanza delle tecnologie di stoccaggio in futuro presenti nelle infrastrutture portuali di Genova e Trieste.
La terza direttrice (Europa-India), in fase di definizione con il progetto India-Middle East-Europe Economic Corridor (Imec), sfrutta la connotazione “medio-oceanica” del Mediterraneo, ossia di “ponte” tra Oceano Indiano e Atlantico. L’Imec è forse l’infrastruttura più avanzata e completa, ideata per il trasporto di merci, connessione digitale ed energetica tra India, Eau, Arabia Saudita, Israele e Grecia. Il corridoio si inserisce nella strategia di decoupling estromettendo la Cina e includendo Paesi tra loro non ostili, anche grazie agli Accordi di Abramo.
A decretare il potenziale ruolo protagonista di Trieste è Fabrizio Zerbini, presidente del circolo marittimo Propeller Club, secondo cui «L’Imec rappresenta un’opportunità unica per consolidare il ruolo strategico di Trieste nel panorama logistico internazionale, intercettando i traffici commerciali tra l’India e l’Europa centrale ed orientale.».
Una prospettiva condivisa anche da Francesco Parisi, presidente del Trieste Summit, associazione orientata a promuovere i rapporti commerciali con l’indo-Pacifico, dalle cui riunioni di marzo è emerso il generale sostegno a Trieste quale il naturale sbocco del corridoio verso l’Europa continentale.
Migliore “performance” ambientale e logistica
Le regioni più industrializzate d’Italia continuano a essere quelle del Nord. Questa è la principale ragione per cui circa metà dei traffici marittimi nazionali coinvolge i porti nell’arco tra Savona e Livorno, sul versante tirrenico, e tra Ravenna e Trieste, su quello adriatico. Cifre che al 2022 superano il 70% del traffico container “gateway” a livello nazionale, cioè di approdo definitivo o di partenza, secondo i dati di Srm.
Al vantaggio “produttivo” nell’attrarre traffici marittimi si somma quello logistico, poiché l’incremento di quasi il 17% in cinque anni (fino al 2021) dei traffici ferroviari e intermodali degli interporti ha coinvolto prevalentemente i siti marittimi del Nord Italia. I porti di Genova, Savona, La Spezia, Trieste, Venezia, Ravenna sono in linea con i Paesi maggiormente virtuosi a livello europeo per trasporto container su rotaia e sono destinatari di investimenti per il potenziamento dell’”ultimo miglio”, ossia della tratta ferroviaria di collegamento tra la banchina del porto e il punto di carico/scarico merci.
Il collegamento con l’Europa continentale è un aspetto cruciale per le tre direttrici geopolitiche: spicca il porto di Trieste, con il 50% di merci movimentate su rotaia al 2022 e la penetrazione di mercati a medio/lungo raggio attraverso il valico di Tarvisio, verso la Slovenia. Un cospicuo incentivo regionale (30 milioni di euro) viene erogato agli operatori che associano una tratta ferroviaria o marittima in alternativa a quella più inquinante su strada così da contribuire al rispetto delle normative ambientali europee.
Anche il porto di Genova, collegato alla Svizzera dal corridoio merci Reno-Alpi, è destinato ad accrescere la sua proiezione continentale con la tratta “Terzo Valico dei Giovi” che consentirà di ridurre le tempistiche verso Milano e Torino attraverso un trasporto su rotaia ad alta velocità e minore pendenza, con una riduzione di Co2 del 55% rispetto all’attuale tratta su gomma.
Da una prospettiva ambientale, il regolamento europeo Afir del 2023 impone ai porti dell’Unione inclusi nella rete Ten-t di istituire punti di rifornimento di Gnl e, dal 2030, di garantire l’accesso alla rete elettrica in banchina, che consente di evitare l’uso di generatori a bordo alimentati a combustibili fossili. In tal senso il porto di Genova, in cui i lavori elettrificazione sono iniziati prima di Gioia Tauro, si distingue per i progetti di installazione di colonnine elettriche sostenute da 1.048 pannelli fotovoltaici.
Il porto di Trieste si spinge anche oltre: all’Hydrogen Mediterranean Summit svoltosi a febbraio al Cairo, è stato presentato il progetto dell’Hydrogen Valley, che prevede la conversione dei moli triestini in un centro di produzione, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno in collaborazione con l’Egitto. Un aspetto che renderebbe la città un hub energetico lungo la direttrice Europa-Africa, grazie alla possibilità di immagazzinare la risorsa prodotta da fonti rinnovabili egiziane, oltre che dalle proprie, ed esportarla altrove.
Sfide future
Il sistema portuale rappresenta a oggi il punto di incontro tra il processo di decoupling e il programma di transizione energetica europeo, poiché costituisce lo snodo delle nuove filiere produttive ma al contempo favorisce lo stoccaggio e la distribuzione di carburanti green.
Dagli ultimi sviluppi economici si evince che il ruolo dell’idrogeno verde sia destinato a crescere e con esso quello della portualità italiana, sempre più proiettata verso l’Africa e il Medio Oriente. Infatti questa fonte può essere immagazzinata nei siti costieri una volta acquisita via mare o via pipeline, può essere prodotta in sede dando origine a una filiera autonoma oppure impiegata come carburante navale, aumentando l’attrattività di quei porti, come Trieste o Livorno, dove sarà fruibile per le navi in sosta.
Tuttavia, nonostante la versatilità dell’idrogeno lo renda un combustibile ideale per trasporti e industrie, la produzione è per il 90% ancora legata ai combustibili fossili a causa dell’infiammabilità e dell’elevato costo del procedimento di elettrolisi, che divide le molecole d’acqua. Per questo la costruzione di una filiera internazionale di idrogeno richiederà sinergie industriali e tecnologiche notevoli.
Anche l’estrazione delle terre rare e di altre materie prime, necessarie alla filiera delle fonti rinnovabili da cui l’idrogeno verde verrà prodotto, si scontra con le rivalità politiche africane (Ruanda-Congo) e con le violazioni dei diritti umani nei siti minerari. Non si può pertanto escludere che le pressioni del parlamento europeo per il rispetto di standard umanitari possano portare alla sospensione degli accordi.
Da ultimo, problemi di natura logistica e politica gettano ombre sul consolidarsi di queste nuove filiere. Sebbene maggiori traffici richiedano sistemi portuali più efficienti, il livello italiano (salvo le eccezioni nel Nord), continua ad attestarsi sotto la media dei concorrenti: al 2023 il tempo medio di attesa in porto è di 1.28 giorni, contro lo 0.54 dei Paesi Bassi e lo 0.86 della Spagna. Tra i principali porti italiani solo 2 su 5 sono collegati alla rete ferroviaria con conseguenti difficoltà di penetrazione nell’Europa continentale.
Se dunque la Spagna rischia di “soffiare” all’Italia il ruolo di protagonista nella direttrice Africa-Europa, la Francia potrebbe farlo in quella Europa-India proponendo, come ha già fatto, il porto di Marsiglia quale naturale sbocco dell’Imec. Rimangono allora validissime le esortazioni di Francesco Parisi, direttore del Trieste Summit: «sostenere la candidatura di Trieste quale terminale europeo del corridoio Indo-mediterraneo».
Immagine in evidenza: By Ozren Cuculic, https://unsplash.com/it/foto/una-grande-nave-da-carico-nel-mezzo-di-uno-specchio-dacqua-x6T6MF87hLI. Immagini nell’articolo: 1) By Bonaventura Enzo Pizzoferro, https://www.pexels.com/it-it/foto/mare-cielo-porto-barca-a-vela-20034633/. 2) By Alexander Kirch, https://www.istockphoto.com/it/foto/gasdotto-di-produzione-di-energia-rinnovabile-green-hydrogen-gas-idrogeno-verde-per-gm1404665457-456823862.