Allโinizio del 1992, in Italia scoppiรฒ lโinchiesta giudiziaria โMani Puliteโ: una mega indagine, con i conseguenti arresti e processi, che scardinรฒ dalle fondamenta un sistema di tangenti pluridecennale, che a partire da Milano si era diffuso in tutto il Paese. I protagonisti principali del gioco erano i partiti, quelli storici, quelli cosiddetti della Prima Repubblica, grandi agglomerati sociali, con una macchina burocratica spaventosa e una solida base di militanti ideologici e fedeli. Un tempo della politica stava finendo e trascinava con sรฉ tutta la credibilitร partitica che aveva imperato nella societร italiana per un quarantennio circa.
La nuova formula bisognava trovarla in qualcosa di alternativo, nelle forme e nelle intenzioni. Si doveva creare un nuovo strumento politico che avrebbe sostituito il partito di massa storico, nato solitamente da una base popolare, con una struttura di consensi che ispirasse fiducia, e quindi in netta contrapposizione con tutto ciรฒ che lโaveva preceduta.
Non รจ un caso infatti che la prima antipolitica della Penisola nasca a cavallo di quegli anni con lโavvento della Lega Nord prima, che sulle ruberie, presunte o reali, dei partiti aveva costruito una parte sostanziosa della propria parabola, e Forza Italia poi che, in maniera autoreferenziale, si presentava come il professionismo imprenditoriale prestato alla gestione pubblica.
Una novitร quindi, il contrario, almeno negli inizi, della politica per nobilitarne nuovamente il senso. Ma quelli erano gli anni Novanta, anni in cui mentre la mafia uccideva Falcone e Borsellino a Palermo, lโItalia si preparava ad affrontare uno dei periodi economici e politici piรน complessi della storia repubblicana. Erano anni di crisi, di inflazione alle stelle, di svalutazioni monetarie, di guerre balcaniche e nel Medio Oriente. Un poโ come oggi, meno la pandemia. Anni in cui una risposta adeguata alle difficoltร era necessaria per la ripresa. Si giocรฒ, per la prima volta in tutta la storia della Repubblica Italiana, la carta dei tecnici.
Il Governo Berlusconi I, nato nel 1994 nel segno del cambiamento, non durรฒ nemmeno un anno: Umberto Bossi โstaccรฒ la spinaโ allโesecutivo del Cavaliere divenuto premier, perchรฉ contrario allโapprovazione del cosiddetto decreto Biondi, passato alle cronache come il โdecreto salva-ladriโ. A sostituirlo, in un clima di incandescenza sociale, arrivรฒ Lamberto Dini, un economista e banchiere โ non parlamentare โ che armonizzรฒ tra di loro varie figure ministeriali, tutte indipendenti ed estranee alla politica attiva, creando il primo Governo tecnico italiano.
Questo unicum non resterร confinato agli anni Novanta. Ciclicamente infatti, date alcune condizioni persistenti e di fondo, la risposta italiana a un mix di fattori piรน o meno presenti a seconda dei casi (instabilitร politica, crisi economica e sociale, inflazione elevata) รจ stata la carta dei tecnici. Un poโ come se nel quadro politico, la politica non bastasse piรน.
Ma invece che una risposta antipolitica, che come รจ ovvio avviene solitamente nella societร o in gruppi privati โ si guardi lโesempio di M5S e Forza Italia โ oggi lโistituzione muove una pedina alternativa, autoritaria ma confortante, sobria ma con un suo specifico carattere.
I governi tecnici in Italia
In principio fu Dini (1995-1996), poi Monti (2011-2013), poi Draghi (2021-โฆ). Tre nomi di alto profilo, tre economisti, tre outsider. Scelti per la loro neutralitร , rispettivamente da tre diversi presidenti della Repubblica (Scalfaro, Napolitano e Mattarella), avrebbero dovuto risollevare le sorti del Paese, gettato in acque torbide da tempi bui e circostanze varie. Il giudizio sullโesito sperato spetta ai cittadini non di certo alla nostra trattazione.
Ma comunque, per dirla con il giornalista Michele Santoro, lโutilitร dei Governi tecnici รจ โdi far funzionare le cose cosรฌ come sonoโ. O meglio, di far quadrare i conti, non di certo di stravolgere progetti economici e sistema sociale in nome di una ideologia o di un partito.
Ma la storia delle crisi italiane non รจ delimitata allโultimo trentennio. Anzi. Durante gli anni Settanta, con il terrorismo dilagante, il prezzo dei carburanti in enorme crescita e una crisi sociale profonda, una maggioranza parlamentare solida ed eterogenea era necessaria per la salvezza della democrazia (giร a partire dal 1969, con lโesplosione della bomba alla Banca dellโAgricoltura a Milano, trame oscure muovevano fili insoliti tra golpe mal riusciti e terrore diffuso).
Fu lโora dellโandreottiana โnon sfiduciaโ. Una mossa politica di spessore, che avrebbe garantito al Governo Andreotti III il disinnescarsi dellโopposizione comunista in Parlamento. Questa iniziale neutralitร del Partito comunista si trasformรฒ, nel 1978, in โappoggio esternoโ al quarto Governo Andreotti, in un voto quindi favorevole alla maggioranza, pur restando fuori dalla compagine dellโesecutivo, blindato da un quadripartito (Dc โ Psi โ Psdi โ Pri) con una costola di ferro laterale volta a sorreggere il tutto.
Era la mattina del 16 marzo 1978. I comunisti votarono la fiducia al Governo. Quella stessa mattina Aldo Moro venne rapito da un commando delle Brigate Rosse. La sua scorta fu trucidata. Fu lโinizio della fine del progetto politico del Compromesso storico, che proprio in quella non scontata fiducia dei comunisti trovava il suo principale atto. Almeno fino ad allora. Il Capo dello Stato allโepoca dei fatti era Giovanni Leone. Affidรฒ lโincarico per la formazione di un Governo unitario e di solidarietร nazionale non a un tecnico, bensรฌ al piรน politico tra i politici: il chiacchierato Giulio Andreotti. Non di certo quindi una personalitร che godeva di una diffusa popolaritร positiva. Fu scelto in quanto simbolo.
Un simbolo politico, anima viva della giovane democrazia italiana pronta a rispondere alle difficoltร del tempo. Lโistituzione, gli eletti dal popolo si riunivano come non succedeva dal 1945, per far fronte comune e difendere lโimpianto democratico della Repubblica. Questa considerazione alta della politica e dei suoi partecipanti attivi oggi non รจ piรน fortemente percepibile. La figura del tecnico irrompe in un mondo a lui estraneo per tentare di โriordinareโ le cose. E in un certo senso รจ il jolly unico ormai nelle mani dellโinquilino del Colle.
Come se la politica si fosse liberata di quel peso, di quella responsabilitร che la nobilitava, e che la rendeva strumento unico per risolvere le questioni del Paese, dal terrorismo alle crisi economiche, dalle guerre alle violente speculazioni.
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