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L’Italia dei Sonnambuli: leggere l’ultimo rapporto del Censis
I dati del rapporto del Censis descrive gli italiani come sonnambuli, appiattiti sul presente e impauriti dal futuro

Il rapporto del Censis pubblicato il primo dicembre restituisce un quadro desolante della società italiana, delle sue numerose paure, delle sue poche speranze e del sentimento di decadenza e rassegnazione che aleggia nel Paese, un Paese di sonnambuli, come viene definito dall’istituto.

È un ritratto che ha destato scalpore non tanto per la potenza dei dati economici, demografici e sociali esposti, quanto per la terminologia utilizzata che rimanda più ad un’analisi psicologica che sociale. Nel documento si parla infatti di sonnambulismo, emotività, rapporto con il tempo, quasi a scandagliare la dimensione intimistica dell’Italia. Il risultato è un Paese depresso, privo di fiducia in sé stesso, appiattito sul presente, incapace di pensare al futuro.

La prima questione da mettere in evidenza riguarda la demografia: l’Italia è un Paese che perde abitanti. Il Censis prevede che entro il 2050 gli italiani saranno circa 4,5 milioni in meno rispetto ad oggi. Non solo, la popolazione, oltre a contrarsi, sta anche inesorabilmente invecchiando.

Nello stesso lasso temporale, infatti, gli italiani sotto i 65 anni diminuiranno di 9,1 milioni di unità mentre quelli sopra i 65 anni aumenteranno di 4,6 milioni di unità. Con conseguenze deleterie sul piano della sostenibilità del sistema di welfare del nostro Paese, specie per quel che riguarda la spesa pensionistica.

Non solo. Una popolazione più vecchia è anche una popolazione meno “affamata”, meno disposta a compiere sacrifici, meno propensa a pensare al futuro, a investire. In ogni società sono le fasce giovanili, per disposizione naturale, a ricercare iniziative e opportunità per migliorare la propria condizione di vita e quella della propria comunità.

In Italia, oltre all’invecchiamento anagrafico della popolazione pare si debba scontare anche un invecchiamento “cerebrale”. Il rapporto del Censis descrive degli individui isterici che, se da un lato risultano preoccupati da cambiamento climatico, catastrofi ambientali ed economiche, dall’altro, anziché affrontare tali problemi, preferiscono ripiegare su loro stessi, ricavandosi alcove di benessere psichico ed emotivo, rifugiandosi nell’intimo del proprio io.

A un 84% degli intervistati che sono molto preoccupati per il clima impazzito, fa da contraltare un 80% che dichiara che in passato si è chiesto troppo ai lavoratori e che è giusto pensare più a sé stessi. A riprova che gli italiani sono sì preoccupati dell’avvenire ma sembrano incapaci di immaginare un orizzonte comune per affrontare quei pericoli che vedono avvicinarsi.

E, dunque, se pensare ad un futuro incerto, irto di problemi di difficile soluzione risulta troppo pesante, ecco emergere negli italiani un appiattimento al presente, alla cura degli interessi particolari di ogni giorno. Il 94,7% degli intervistati considera molto importante la felicità quotidiana delle piccole cose e il 62,1% la usa per combattere l’ansia di ogni giorno, percentuale che sale fino al 70% nelle fasce più giovani. 

Un dato interessante che si incrocia con quelli raccolti dal Censis e ci aiuta a spiegare meglio l’evoluzione della società italiana è quello riguardante i consumi. Nell’ultimo anno si è registrata un’impennata del consumo di esperienze e servizi (eventi, ristoranti, alloggi, ecc…) a discapito delle cifre che riguardano i beni materiali.

Tale slittamento nelle abitudini dei consumatori si inserisce perfettamente nel quadro di una popolazione sempre più propensa a godersi il momento, a ricercare la soddisfazione di un piacere immediato piuttosto che ad acquistare un bene duraturo.


Il rapporto del Censis: i pericoli dell’Italia dei sonnambuli

Tale atteggiamento è chiaramente del tutto legittimo e comprensibile. Ma è anche un campanello d’allarme su quanto sia disgregata e sfilacciata la società italiana. Una società stanca e disillusa, incapace di profondersi in un moto collettivo che non sia il tifo sportivo o la commozione dopo una grande tragedia.

Una società sempre più formata da monadi, ciascuna dedita alla propria nicchia di benessere personale, sempre più priva di reti, associazioni e forme di aggregazioni che uniscano gli individui, che creino connessioni e dialogo.

Questo sfilacciamento si ripercuote su un dato molto tangibile della nostra sfera politica: l’affluenza elettorale. Alle elezioni del settembre 2022 è andato a votare soltanto il 67% degli aventi diritto, ultimo di una serie di record negativi che, a detta degli opinionisti, rivelano la disaffezione dell’elettorato per la politica.

Ma forse questi dati nascondono qualcosa di più profondo e inquietante, qualcosa di più radicato nell’animo degli italiani. Oltre alla disaffezione per il ceto politico, forse questo allontanamento della popolazione dalle istituzioni democratiche è dovuto proprio alla perdita di prospettive che viene evidenziata dal report del Censis.

La democrazia è una forma di governo faticosa che ritiene ai cittadini impegno, coinvolgimento, partecipazione. Non sono parole vuote. Significa informarsi, leggere, ascoltare programmi noiosi, prendere coscienza del mondo che ci circonda, tentare di capire i problemi e poi, in base a questo bagaglio che ci si è fatti, esprimere un voto.

La democrazia responsabilizza i cittadini. O almeno dovrebbe. Ma una popolazione così appiattita sul presente, ripiegata su sé stessa e composta da individui così isolati, come può sobbarcarsi l’onere di decidere del proprio futuro? Come può avere gli strumenti per accettare quella responsabilità che la democrazia gli richiede? Non solo gli strumenti, come può avere la voglia, il pathos, lo spirito, il senso del dovere per accettare quella responsabilità?

Andando su cose più concrete che riguardano l’attualità di tutti i giorni, un quadro sociale di questo tipo mina anche la posizione internazionale dell’Italia. La guerra in Ucraina, il riaccendersi della questione palestinese, le sfide dell’allargamento dell’Ue ai Balcani, la battaglia sul nuovo patto di stabilità: sono tutti temi di importanza cruciale che definiranno le nostre vite per i prossimi decenni.

Ma un’opinione pubblica che pensa principalmente al proprio benessere psico-fisico hic et nunc come può essere sollecitata su questioni che appaiono così lontane? E senza il sostegno della popolazione, come possono i governi italiani portare avanti con forza una strategia sullo scacchiere internazionale?

Si può provare a svegliarsi?

Sono degli interrogativi inquietanti che solcano non solo la società italiana ma anche quella di molti paesi occidentali. Per tentare di rispondere, è necessario sicuramente agire con politiche demografiche ed economiche per affrontare l’inverno delle nascite in corso. Esempi di queste politiche possono essere la costruzione di più asili nido, accompagnata da sostegno ai redditi più bassi, la previsione di bonus per le famiglie che mettono al mondo i figli ecc.

Al fine di riavvicinare i cittadini alla politica, potrebbe essere opportuno modificare il sistema di governo nella direzione di una maggiore accountability dei governi e di maggiore trasparenza dei meccanismi che trasformano il voto degli elettori in seggi parlamentari (un esempio potrebbero essere le tanto invocate preferenze nella legge elettorale). La riforma del governo Meloni, con l’elezione diretta del Premier, potrebbe andare in questa direzione seppur presenti numerose criticità. Ma al di là delle azioni pragmatiche che si possono intraprendere, sembra comunque mancare qualcosa.

Si possono pensare tutti i correttivi che si vogliono ma è necessario compiere un passetto ulteriore. E forse per risvegliarci da questo sonno descritto dal Censis è necessario provare a ritrovare un geist che guidi le nostre azioni non solo come individui ma come comunità.


Quel “soffio profetico” che per Max Weber era appannaggio delle antiche civiltà, destinato a sparire nell’epoca moderna, e che ha animato, nelle sue diverse forme, le società umane dall’alba dei tempi. Un anelito comune, un qualcosa verso cui proiettare aspettative e speranze, qualcosa che ci induca ad alzare lo sguardo verso l’orizzonte futuro. Per non rimanere soli, sonnambuli nel presente.

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Davide Masciocchi

Davide Masciocchi

Appassionato di politica e storia sin da ragazzino, lavoro a Roma in BMTI (Borsa Merci Telematica Italiana) e studio alla Scuola di Geopolitica di Limes. Sono un lettore accanito, amante della letteratura e della cultura classica, amore che cerco di riversare anche nei miei scritti. Tra le mie passioni, mi piace sempre citare quella per gli scacchi e i giochi di strategia in generale.

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