Kharkiv è la seconda città più grande d’Ucraina. Appollaiata sul confine orientale, luogo del cuore della Russia perché capitale del paese sotto i bolscevichi e perché abitata da un’elevata percentuale di russofoni. Qui Mosca ha tentato un colpo di mano la sera del 24 febbraio, arrivando in armi fin dentro al centro cittadino – tanto che la propaganda russa ha annunciato la presa della città la presa almeno due volte nel corso della prima notte di guerra. Tentativo speculare a quello coronato dal successo nel sud dell’Ucraina, a Kherson, fallito a causa della resistenza della cittadinanza e dello scarso coordinamento delle operazioni.
Relegato a fronte negletto del conflitto nello spazio di qualche settimana, in favore del nord e del Donbass, le truppe russe si sono attestate a distanza di tiro dalla città e lì sono rimaste, tentando sempre più di rado nuove sortite, tanto che in primavera gli ucraini lanciano una serie di controffensive che in alcuni casi arriva a lambire il confine con la Federazione. Allora, vedendo le linee di rifornimento per il Donbass messe a rischio – che passano su territorio russo – i russi rispondono con una nuova fase di operazioni che riporta la linea del fronte a pochi chilometri da Kharkiv città, dove tutt’ora giace.
Le battaglie per Kharkiv
“La difesa territoriale ha giocato un ruolo importante”, spiega ad Aliseo Pavlo Fedosenko, comandante della 92esima brigata meccanizzata dell’esercito ucraino. “I membri della difesa territoriale, a Kharkiv, erano preparati ed erano ben armati”, prosegue. Le unità della Teroborona (difesa territoriale), qui come altrove, sono state coinvolte specie nei primi giorni di guerra in scontri violentissimi, allo stesso modo delle truppe regolari. Oltre a conoscere il terreno – sono reclutati su base territoriale – avevano già esperienza militare e un equipaggiamento proprio: “Molti di loro hanno servito nell’esercito durante la guerra nel Donbass e dopo aver lasciato le armi nel corso degli anni, si sono arruolati nella difesa territoriale alla vigilia del conflitto”, spiega ancora il comandante.

Un ruolo importante è stato giocato anche dai cittadini comuni. Molti di loro avevano ricevuto armi e munizioni prima dello scoppio della guerra, nei giorni convulsi che hanno preceduto l’invasione. E se è vero che all’interno della città i russi erano riusciti a infiltrare spie e sabotatori – alcuni ancora attivi, come conferma l’amministrazione regionale – la maggior parte dei cittadini ha scelto di resistere ai russi, combattendo o passando alle forze armate ucraini informazioni vitali sull’ubicazione delle colonne russe. La grande quantità di armi anticarro fatta pervenire ai difensori, unita a queste segnalazioni e all’avanzata sprovveduta da parte delle forze russe, si è risolta nel fallimento dell’operazione di occupazione della città – una dinamica molto simile a quella riscontrata nel nord dell’Ucraina.
Il confronto delle artiglierie
La difesa di Kharkiv ha permesso la tenuta del fronte nord-orientale e il cristallizzarsi della guerra nella regione – i cui assetti sono sempre stati meno fluidi che nel resto del paese. Durante le ultime settimane il conflitto ha assunto la forma di un duello di artiglierie, con le operazioni delle truppe a terra relegate a ruolo secondario. Adesso i russi sono tornati a premere sulle linee ucraine nel distretto di Dementiivka, forti della superiorità nell’artiglieria convenzionale, ma è improbabile che nel breve periodo assisteremo a un nuovo tentativo di occupare la città. Sia Kiev che Mosca ora guardano al sud come il campo di battaglia decisivo e difficilmente i russi possono distogliere da lì e dall’oblast di Donetsk forze sufficienti per un assedio.
Per rispondere al fuoco gli ucraini hanno schierato nei dintorni della città alcune delle forniture occidentali più sofisticate, a partire dagli obici americani da 155mm M777. Secondo i report diffusi da Kiev alcuni depositi di munizioni sarebbero stati colpiti in profondità nelle linee russe a luglio – un possibile indicatore del fatto che, almeno nelle scorse settimane, le batterie ucraine siano state rinforzate dai lanciarazzi multipli Himars (la cui ubicazione è segretissima). Le rivendicazioni di Mosca in merito alla distruzione di alcuni di questi lanciatori che nel distretto di Pyatigorskoye, non suffragate da testimonianze video, potrebbe illuminare quantomeno sulla loro presenza nell’oblast.
Nella battaglia dell’artiglieria i russi hanno il vantaggio della gittata. Molto spesso gli attacchi che colpiscono la città provengono dal territorio di Belgorod, oltre il confine, da cui i lanciarazzi russi come i Bm-30 smerch possono sfruttare il raggio superiore per colpire senza rischiare rappresaglie. Nonostante l’artiglieria ucraina abbia dato buona prova di sé grazie ad un’integrazione con l’intelligence migliore rispetto alla controparte russa, la disparità nel numero di pezzi rende molto difficile un fuoco di controbatteria efficace. Non è un caso che queste armi siano in cima alle richieste di Kiev almeno dal mese di aprile. Come ci conferma Fedosenko, “in questo momento abbiamo bisogno di artiglieria a lunga gittata, molto più delle armi anticarro che ci sono servite all’inizio”.

Al contrario del fronte del Donbass, qui il fuoco russo non è finalizzato a spianare la via per l’offensiva, quanto a tenere inchiodati i difensori e distruggere, laddove possibile, i punti di fuoco nemici. Il diaframma trai due schieramenti è costituito da una serie di piccole località che portano impressi i segni di cinque mesi di conflitto. Visitando località come Ruska Lozova, al ridosso della terra di nessuno, si incontrano ben pochi edifici che non sono stati danneggiati da schegge e bombardamenti, che in genere vengono adibiti a stazionamenti avanzati dei soldati. Mentre si passa sulle vie divelte dai proiettili si deve essere molto rapidi dato che gli obici russi sono sempre all’opera per distruggere queste fortificazioni improvvisate.
I fantasmi di Kharkiv
Lo sbarramento ha avuto un altro risultato importante. “Prima della guerra tra Kharkiv e dintorni abitavano quasi due milioni di persone, adesso ne restano circa 400mila”, ci spiega Maria Mezentseva, deputa della Verchovna Rada (parlamento ucraino). Non passa giorno a Kharkiv in cui non sentano i colpi in entrata. I distretti settentrionali, esposti per lunghi periodi anche al tiro dell’artiglieria a media gittata, sono di fatto abbandonati e i condomini arsi sono lasciati a loro stessi. Zone come quella di Saltyvka – 300 mila abitanti prima dell’invasione – sono date per irrecuperabili: a guerra finita i palazzi saranno demoliti e ricostruiti da zero. Per il momento qui abitano quasi solo i gatti, che sembrano trovarsi a proprio agio tra crateri e munizioni inesplose abbandonate all’angolo della strada.

La capacità di colpire direttamente l’abitato ed esercitare pressioni sulla popolazione civile è una delle leve più pesanti nella disponibilità di Mosca. In questa fase del conflitto i bombardamenti hanno un significato essenzialmente psicologico. Piuttosto che arrecare danni alle infrastrutture strategiche, hanno il senso di demoralizzare i cittadini e spingerli a lasciare la città, passo obbligato per poter un domani tentare l’occupazione. Da qui l’utilizzo frequente di armi come il sistema antiaereo S-300, assolutamente impreciso nell’attacco al suolo.

Più che la distruzione arrecata dagli attacchi, ai russi interessa creare un clima di insicurezza costante, fare in modo che le esplosioni si sentano in tutta la città così da impedire una normalizzazione della situazione che potrebbe spingere alcuni degli esuli a ritornare. Un cambio di passo rispetto alle prime settimane, quando i centri nevralgici della città sono stati colpiti con missili da crociera e in alcuni casi dai missili balistici Iskander, ben più letali contro i bersagli terrestri.
Il fuoco continuo ha anche un altro scopo. Mezentseva spiega che fino a che la città non sarà messa in sicurezza non potrà iniziare la ricostruzione degli edifici distrutti: “Stiamo usando gli aiuti internazionali per le zone liberate nei dintorni di Kiev, qui al contrario tutto quello che ricostruiamo potrebbe essere distrutto”. Il rischio permanente, insieme all’appropinquarsi della stagione fredda – ora che molti degli edifici non dispongono di riscaldamenti – potrebbe spingere altre persone a lasciare Kharkiv, creando forse condizioni favorevoli – sperano i russi – per un nuovo affondo sui sobborghi, quando le condizioni della guerra permetteranno a Mosca di tornare a concentrarsi sul nord est.