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Kirghizistan e Tagikistan: la guerra dimenticata dell’Asia Centrale

Biškek e Dushanbe sono da anni in una lenta guerra per appropriarsi delle risorse agricole e idriche di cui necessitano

Nonostante le diversità etniche dei due popoli, Tagikistan e Kirghizistan condividono un passato comune, avendo formato parte del Khanato di Kokland prima, dell’Impero Russo poi, per divenire parte infine dell’Unione Sovietica. Da questo momento però, il destino dei due Paesi prese strade contrastanti destinate, prima o poi, a portare a uno scontro:

L’amministrazione russa, infatti, divise a tavolino il confine tra i due Paesi, già di difficile controllo a causa delle vette delle catene del Pamir e del Tien Shan che attraversano la regione. Tale partizione però, come altre attuate dall’Unione Sovietica, non era volta all’appianare le divergenze e i possibili punti di frizione tra i due Paesi, ma piuttosto a facilitare il governo di Mosca sull’area. Una chiara applicazione dell’idea latina di divide et impera, che ha portato alla presenza di numerose enclave dell’una e dell’altra parte in territorio “straniero”.

Le dispute tra Kirghizistan e Tagikistan e la geografia dell’Asia Centrale

La regione dell’Asia Centrale non si presenta come una zona di facile demarcazione territoriale, controllo e divisione frontaliera; a causa della presenza di due imponenti catene montuose del più vasto sistema himalayano che la tagliano in due. Ciò ha modificato, nel corso dei secoli, l’insediamento umano delle zone causando la presenza, giunta fino ad oggi, di numerosi villaggi di etnia kirghisa, tagika e uzbeca all’interno del territorio di altri Stati sovrani.

La complicata geografia politica dell’Asia Centrale | da Wikimedia Commons

Tra essi in particolare spicca la valle di Sokh e l’enclave di Shohimardon, entrambi abitati da popolazioni di etnia uzbeca (e anche di amministrazione, successivamente alla divisione sovietica), all’interno del Kirghizistan e al centro della disputa territoriale tra i due Paesi. 

La condizione geografica si riflette anche sulla gestione dei collegamenti stradali; basti pensare che dal villaggio di confine uzbeco di Lakkon, benché contiguo al Paese, per raggiungere i vicini villaggi di Dahana e Chilgazi, tutti in Uzbekistan, bisogna necessariamente attraversare il confine kirghiso presso il valico di Kara-Bak. A ciò si collega anche la difficoltà di movimento lungo l’esigua rete ferroviaria di epoca sovietica, la quale permette di raggiungere Biškek dalla capitale del Tagikistan solo attraversando l’Uzbekistan e il Kazakistan.

Un’ulteriore complicazione del delineamento del confine ed alla relativa gestione delle relazioni tra i due vicini è dovuta alla presenza di numerose dispute territoriali tra gli stessi, a partire da quella della valle del fiume Isfara, dove Dušanbe e Biškek si contendono i villaggi di Ak-Sai e Khodzhai-Aalo.

La risorsa più importante per lo sviluppo e la gestione dell’agricoltura nella regione è l’acqua, che viene fornita dai bacini idrici del Kyzylsu e del Soh. Il controllo dei villaggi che si sviluppano su questi bacini è perciò di primaria rilevanza per entrambe le Nazioni, le quali ambiscono al controllo delle risorse idriche a danno del proprio vicino sviluppando una delle più note water wars attualmente in atto. 

La rilevanza di tale risorsa è dettata anche dalla presenza di un’area estremamente fertile tra le due catene montuose: la valle di Fergana, dove gli interessi di Tagikistan e Kirghizistan si incontrano per lo sviluppo della produzione agricola interna e per diminuire l’interdipendenza dai vicini.


Due anni tra guerre e tensioni

Sporadici scontri sono iniziati già nella primavera del 2021, quando, con la scusa dell’installazione di telecamere di sorveglianza lungo il confine, il Tagikistan ha compiuto rappresaglie contro il Kirghizistan. Ma la vera ragione è da attribuirsi all’interesse di ottenere una posizione di maggior rilievo nella valle di Fergana. 

Le scaramucce di confine sono proseguite sporadicamente durante tutto il 2021, fino a quando, nel gennaio dell’anno successivo, tali scontri hanno provocato la morte di due civili e il ferimento di un numero indefinito di altri (dieci secondo le fonti tagike), oltre al ferimento di sei militari. A seguito dell’azione le autorità del Kirghizistan hanno provveduto a bloccare la strada tra Batken e Isfana.

Tuttavia, ciò non ha impedito il verificarsi, il 10 marzo, di un incidente armato tra le guardie di frontiera dei due Paesi nella zona di Teskey, sempre nel distretto di Batken, dove è avvenuta l’uccisione di una guardia di frontiera tagika.

La situazione, già tesa, si è ulteriormente aggravata a partire dal 14 settembre quando, sempre nel difficile contesto della gestione del confine tra i due Paesi, una guardia di frontiera tagika è stata uccisa e altre due ferite, a seguito di una presunta violazione, stando alle fonti kirghise, di un’area delimitata. Ciò ha portato all’intensificarsi del conflitto anche con l’impiego da ambe le parti di carri armati e veicoli da trasporto truppe (Vtt). L’episodio culmine di questa escalation è stato il bombardamento dell’aeroporto di Batken, nel Kirghizistan meridionale.

Tra i due Paesi si sono rimbalzate accuse reciproche sulla responsabilità della controparte nel degenerare della situazione, ma la mancanza di chiarezza sulla responsabilità e di una mediazione (dovuta all’assenza russa dall’area), ha portato a veri e propri atti di guerra come l’occupazione, da parte tagika, di alcuni villaggi di confine. 

Dopo alcuni mesi di incertezza e scontri, ed a seguito di numerosi cessate il fuoco violati, la prima vera e propria discussione sulla situazione tra i due Paesi si è avuta durante il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai svoltosi a Samarcanda dove i due presidenti (Zhaparov Sadyr per il Kirghizistan e Rahmon Emomali per il Tagikistan) si sono incontrati e hanno discusso sulla situazione del confine.

In seguito all’incontro della Sco il Parlamento kirghiso ha tenuto una riunione per dichiarare lo stato d’emergenza nella regione di Batken e Osh e procedere all’evacuazione delle persone nella zona. Si stima che, secondo le fonti kirghise, più di 135.000 civili siano stati evacuati dalla regione, mentre da parte tagika non è avvenuta nessuna evacuazione. Durante gli scontro sono stati coinvolti armamenti avanzati tra cui, oltre ai Mbt e ai Vtt, alcuni droni Bayraktar TB2 che sono stati impiegati contro obiettivi prevalentemente civili.

Ad oggi il conflitto risulta essersi attenuato, rientrando nella situazione precedente al 2022 dove, pur permanendo tensioni e rivendicazioni tra le due parti, le operazioni su ampia scala sono cessate e rientrate nei confini dei rispettivi Paesi. Tuttavia, numerosi analisti suggeriscono che l’assenza diplomatica russa dovuta al suo impegno nel conflitto in Ucraina, sia stata determinante nella deflagrazione delle assopite tensioni post-sovietiche; non solo nell’area centroasiatica, ma anche nel Caucaso. 

Dal punto di vista Occidentale, tuttavia, il conflitto è stato semplificato come un atto d’aggressione del Tagikistan speculando sull’idea che fosse un tentativo del presidente Rahmon Emomali per preparare suo figlio Rustam Emomali alla sua “successione”. Ciò risulta essere verosimile considerando che negli ambienti militari tagiki il figlio di Rahmon non è benvisto, preferendo la figlia del presidente, Zarina Rahmon, attualmente presidente di Orienbank e, secondo il Capo di Stato Maggiore tagiko, più capace nell’ambito diplomatico.

Il presidente tagico Rahmon Emomali | da Wikimedia Commons

La verità è probabilmente nel mezzo e benché la maggior parte degli atti ostili sia stata condotta dal Tagikistan, anche il Kirghizistan ha delle responsabilità e il ruolo di aggressore e quello di difensore si perdono nell’origine stessa della contesa.

Nell’ultimo periodo, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, entrambi i Paesi hanno avviato colloqui grazie all’accordo dei governi regionali dell’area (regione di Batken per il Kirghizistan, Sughd per il Tagikistan). Questo ha permesso di stipulare un accordo per cessare l’impiego di droni lungo la linea di confine tra i due Paesi.

In aggiunta a questo, il governo di Biškek ha già sottolineato l’intenzione di lasciare che le contese tra i villaggi di confine, derivate da questioni di irrigazione, vengano risolte autonomamente; dichiarazione che ha ricevuto la risposta dalla controparte tagika in favore di un uso congiunto delle risorse idriche


Anche se la situazione comincia ad ammorbidirsi rispetto a settembre e ai primi mesi del 2023, quando in molti checkpoint di confine si sono registrati scontri armati, la condizione dell’area permane difficile, con la complicità del fatto che nonostante gli anni, ampi settori del confine di 970km tra le due repubbliche devono essere ancora demarcate ufficialmente.

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