Il 14 marzo la Corte di Bosnia ed Erzegovina ha emesso un mandato dโarresto contro Milorad Dodik, Presidente della Republika Srpska, per attentato allโordine costituzionale. La Republika Srpska, principalmente nota come Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, รจ una delle due principali entitร politiche che compongono il Paese, assieme alla Federazione di Bosnia ed Erzegovina.ย
Altri due mandati sono stati emessi, per lo stesso motivo, contro Radovan Viลกkoviฤ, Primo ministro della Repubblica e contro il Presidente dellโAssemblea Nazionale, Nenad Stevandiฤ. La Procura generale del Paese sta indagando sui tre leader a causa di alcune delle politiche che stanno implementando, accusate di essere di stampo secessionista e incostituzionale.
Lโarchitettura politica della Bosnia-Erzegoina
Due presidenti, due parlamenti, due esecutivi, la Bosnia-Erzegoina presenta uno tra i sistemi governativi piรน complessi al mondo. Allโinterno del Paese coesistono due anime: una di etnia serba, la Republika Srpska, lโaltra a maggioranza bosgnacca e croata, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina.
Queste entitร politiche autonome, insieme al Distretto di Brฤko, che รจ sotto amministrazione diretta del governo centrale, costituiscono la Bosnia ed Erzegovina, una repubblica presidenziale a struttura federale.
Questo sistema, estremamente complesso e decentralizzato, si regge su un governo centrale con presidenza tripartita i cui membri, che si alternano ogni otto mesi, rappresentano le tre principali etnie che convivono nel Paese. Le due entitร politiche convergono su determinate istituzioni, tra cui lโesercito, la magistratura e la fiscalitร , mentre le altre materie sono delegate alle singole autonomie, che si mantengono divise e indipendenti.
Lโaccordo di Dayton e la guerra degli anni Novanta
La violenta guerra scoppiata in Bosnia negli anni Novanta รจ stata il risultato di una combinazione di attriti nazionalisti ed etnico-culturali che, in un momento di crisi politico-istituzionale quale era quello della dissoluzione dell’ex Jugoslavia, sono esplosi causando circa 100mila vittime. Nellโassenza di uno Stato centrale, ciascuna delle tre etnie conviventi nel Paese, la maggioranza bosniaca-musulmana, la componente serba-ortodossa e la minoranza croata, prevalentemente cattolica, ha tentato di imporsi sulle altre.
Le sentenze del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Icty) indicano che furono le forze serbo-bosniache a rendersi responsabili della maggior parte delle atrocitร , inclusi genocidio e pulizia etnica, nel tentativo di epurare il Paese dalle altre etnie. Lโintervento delle forze della Nato costrinse la leadership serba ad accettare i negoziati di pace che condussero, nel 1995, all’Accordo di Dayton che stabilรฌ la complessa struttura politica del Paese e pose fine alla guerra.
Il trattato ricercava un compromesso tra le aspirazioni delle diverse parti in conflitto, ristabilendo la pace in una Bosnia unificata e federale, con una nuova struttura istituzionale: la Republika Srpska veniva riconosciuta come entitร politica autonoma all’interno della Bosnia con diritti di autogoverno.
Il complesso sistema di condivisione del potere fu strutturato per far sรฌ che la maggioranza bosniaca non potesse mettere in minoranza le altre etnie nelle questioni di interesse politico e, per vigilare sul mantenimento e sul rispetto degli accordi di pace, venne istituita unโautoritร apposita, lโAlto Rappresentante per la Bosnia e lโErzegovina. Il funzionario internazionale ha, secondo lโaccordo, la facoltร di incidere sul sistema legislativo del Paese.
Tra le competenze attribuite al governo centrale rientravano la politica estera e la difesa. Ancora oggi, il nuovo Stato dispone di forze armate unificate, proprio al fine di limitare il rischio che, in futuro, il Paese possa ricadere in una guerra civile. Negli ultimi trentโanni lโarchitettura sancita dagli Accordi di Dayton si รจ rivelata cruciale per mantenere lโequilibrio politico tra le diverse tre comunitร etniche, culturali e religiose, anche se nellโultimo decennio pare stia iniziando a cedere.
La situazione nel Paese
Dodik, politico nazionalista e filo- russo in carica dal 2022, di etnia serba, รจ accusato dalla Procura di puntare alla secessione della Republika Srpska dalla Bosnia ed Erzegovina, con lโobiettivo finale di favorirne lโannessione alla Serbia. La Republika Srpska, a maggioranza serba, occupa circa il 49% del territorio della Bosnia-Erzegovina e ne rappresenta circa il 33% della popolazione. Nonostante la complessa architettura politico-istituzionale, le profonde diversitร culturali e religiose tra i diversi gruppi etnici, nonchรฉ i rancori del passato, ne rendono difficoltosa la convivenza.
Per le sue presunte ambizioni secessioniste, Dodik era giร da tempo sotto indagine da parte della Procura del Paese e lo scorso 26 febbraio un tribunale di primo grado lo ha condannato ad un anno di reclusione (commutabile in una sanzione pecuniaria) e a sei anni di interdizione dagli incarichi pubblici per violazione delle disposizioni dellโAlto Rappresentante. La sentenza di primo grado, non ancora definitiva, dovrร essere confermata in appello prima di diventare esecutiva.
Tuttavia, la decisione ha alimentato la tensione nel fragile equilibrio balcanico mentre Dodik, giร accusato di corruzione, continua a scontrarsi apertamente con lโAlto rappresentante Christian Schmidt. Durante un discorso tenuto a Banja Luka,ย il capoluogo de facto della Repubblica, Dodik ha dichiaratoโda oggi non c’รจ piรน la Bosnia-Erzegovinaโ.
Il giorno successivo alla sentenza, lโAssemblea Nazionale dellโentitร serba ha approvato una serie di leggi in aperto contrasto con la Costituzione bosniaca. Tra queste, la proposta di nuova Costituzione per la Republika Srpska che preveda la creazione di un proprio esercito ed il riconoscimento del diritto allโautodeterminazione, aprendo la strada a una possibile secessione. Le disposizioni, tacciate di indipendentismo, sono state immediatamente bersagliate dalla Corte costituzionale bosniaca, che ne ha ordinato la sospensione.
Nel frattempo, la Corte di Bosnia ed Erzegovina ha emesso i mandati dโarresto contro Dodik, Viลกkoviฤ e Stevandiฤ dopo che sono di fatto divenuti giudizialmente latitanti. Le tre figure di spicco della leadership serba, infatti, hanno deciso di non presentarsi allโudienza fissata per rispondere ad unโinterrogazione della Procura sulla vicenda. Come riportato sul sito ufficiale dell’Assemblea nazionale della Repubblica Srpsk, il 14 marzo Stevandiฤ si รจ incontrato a Belgrado con Ana Brnabic, presidente dell’Assemblea nazionale della Serbia e, secondo alcune fonti, potrebbe trovarsi ancora lรฌ.
Il coinvolgimento della Nato e dellโUe: arginare il rischio di escalation
Le leggi di stampo indipendentista recentemente promulgate dallโAssemblea federata sono state percepite come un tentativo di secessione e si teme che lโurto politico possa trasformarsi in uno scontro militare. Denis Becirovic, membro della presidenza bosniaca, ha dichiarato che la destabilizzazione di questa parte dell’Europa sarebbe solo un vantaggio per Mosca.
Lโattacco allโunitร costituzionale del Paese ha preoccupato le istituzioni centrali al punto che queste hanno richiesto e ottenuto lโintervento dellโEufor, il corpo di pace dellโUnione Europea. Le forze dellโUnione erano giร presenti sul territorio con circa 1100 soldati e, a seguito della richiesta, saranno dispiegate altre 400 unitร con lโobiettivo di mantenere la stabilitร e la sicurezza nel Paese.
Per far fronte alla situazione, si รจ recato in visita a Sarajevo anche Mark Rutte, Segretario Generale della Nato, che ha ribadito il pieno sostegno dellโAlleanza Atlantica all’integritร territoriale e alla sovranitร della Bosnia-Erzegovina.
La Serbia, dal canto suo, sembra sostenere le tendenze indipendentiste della Repubblica. Il presidente serbo Aleksandar Vuฤiฤ, nonostante stia affrontando spinose questioni sul piano interno, si รจ speso personalmente per la causa di Dodik definendone il verdetto come โvergognoso, illegale, antidemocratico e progettato per distruggere la Republika Srpska e la posizione del popolo serboโ.
Questโulteriore elemento di destabilizzazione si inserisce in un contesto in cui i Balcani sono giร in fermento, come dimostra la crescente cooperazione in ambito militare che si sta instaurando tra Kosovo, Albania e Croazia, formalizzata dallโaccordo firmato a Tirana lo scorso 18 marzo. I ministri della Difesa dei tre Paesi hanno sottolineato lโimportanza di contrastare congiuntamente le sfide comuni alla sicurezza balcanica. Belgrado ha giร espresso le sue preoccupazioni in merito: lโintesa รจ stata definita dal Primo ministro dimissionario Vuฤeviฤ โuna sfida allโintegritร territoriale della Serbiaโ.
In un momento in cui lo scacchiere internazionale brulica di aree destabilizzate, i fragili equilibri instaurati nel periodo post-bellico stanno cedendo e la situazione attuale richiede di essere monitorata. Tuttavia, bisogna procedere con cautela: si rischia che l’interventismo occidentale, tanto della Nato come dell’Ue, inasprisca le tensioni con Mosca e, sul piano interno, rafforzi le spinte nazionaliste, complicando ulteriormente il quadro politico-diplomatico.
Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Milorad_Dodik_%282019-03-04%29.jpg; immagini presenti nell’articolo: 1) https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2d/Map_Bih_entities.png; 2) https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_Bosnia_ed_Erzegovina#/media/File:Ethnic_makeup_of_Bosnia_and_Herzegovina_before_and_after_the_war.jpg