โPer la sua abilitร narrativa, che esprime con grande sensibilitร lโessenza del pensiero giapponeseโ: questa la motivazione con cui, nel 1968, lโAccademia Svedese attribuรฌ, per la prima volta nella storia, il premio Nobel per la letteratura ad uno scrittore giapponese, Yasunari Kawabata.
Nato nel 1899, ad Osaka, orfano di padre e madre alla tenera etร di due anni, cresce col nonno lontano dai turbamenti politici e culturali che nel giro di poco avrebbero sconquassato i deboli equilibri nipponici. E a riprova del fatto che le esperienze compiute in tenera etร ci segnano per tutta la vita, va detto che il Premio Nobel non prese mai attivamente parte alla vita politica del suo Paese, lasciando questโonere allโamico e discepolo Yukio Mishima. Se la potenza di scrittura e lโintensitร di vita di Mishima รจ paragonabile ad un ciliegio, che sboccia in modo improvviso e prepotente, la vita di Kawabata, che si riflette necessariamente nella sua poetica, รจ piรน simile ad un fiore di loto, delicato e perennemente in bilico tra lโistantanea bellezza della fioritura e la decadente intensitร dellโavvizzimento.
Ed รจ proprio tale bellezza, e la ricerca della stessa, che lโautore rincorre in tutte le sue opere: la ricerca della bellezza nel continuo contrasto tra un mondo ideale di purezza ed innocenza e quello della miseria umana. Tale leit motiv si ritrova in pressochรจ tutte le opere di Kawabata, attento osservatore della realtร che lo circonda, una realtร febbricitante di cambiamenti, in cui tutto รจ in continuo divenire. Con una scrittura limpida, ma al contempo allusiva, lโautore indaga lโanimo umano, lo analizza e ne sottolinea un erotismo intrinseco, in cui morte, solitudine ed eccitazione convivono e trovano fondamento lโuno nellโaltra.
Attraverso lโapproccio dellโautore alla scrittura, il lettore si trova catapultato in un mondo onirico, in cui godere di ogni singolo dettaglio, di ogni singola immagine, in cui inebriarsi di ogni scorcio che la realtร dello scrittore ci offre: nulla รจ lasciato al caso, ogni anfratto dellโanimo umano trova ragion dโessere nella poetica di Kawabata. Eโ questa la forza e la bravura di Kawabata, far sรฌ che il lettore venga immerso in una miriade di stimoli sensoriali.
Nel leggere le pagine di questo delicato fiore di loto si รจ colti da spavento, quello spavento che coglie lโanimo umano di fronte a qualcosa di potente, di sconosciuto, ma che in fondo si ha la sensazione di conoscere da sempre: รจ come incontrare per la prima volta uno sconosciuto, scrutarlo, cercare di capirlo. Ed arrendersi poi allโevidenza: quello sconosciuto ci sembra in realtร di averlo sempre conosciuto, sappiamo cosa sta pensando e sappiamo interpretare i suoi pensieri. E allora teniamo stretto a noi quello straniero, lo consideriamo alla stregua di un amico perduto e ritrovato, di cui รจ impossibile fare a meno. Venuti a contatto con un autore cosรฌ eclettico e complesso nella sua semplicitร , รจ impossibile abbandonarlo, pensare di poterne fare a meno: il suo stile inebria il lettore, lo conduce per mano alla scoperta di un mondo melanconico, bello da far male, vivido in ogni sua sfumatura. Le bellissime descrizioni, i colori e la grande capacitร narrativa di Kawabata ci restituiscono una visione incantevole di questi personaggi e dei loro turbamenti.
Non รจ un caso, quindi, che anche il discorso pronunciato al momento del ritiro del Premio Nobel, nel 1968, (di fronte agli scombussolamenti e ai tumulti delle ribellioni giovanili, in cui tutto era caos e disordine) sia un inno alla bellezza, una bellezza sinonimo di ordine e compostezza. โ Quando abbiamo la fortuna di venire a contatto con la bellezza, allora pensiamo agli amici piรน cari, allora vorremmo dividere con loro questa gioia; insomma lโemozione della bellezza risveglia piรน che mai lโaffetto delle personeโ. Ed istintivamente, Kawabata diviene lโamico di tutti noi, di tutti i suoi lettori, di tutte quelle persone che appena lo conoscono capiscono di non volerlo piรน perdere, di non poter piรน fare a meno di lui, perchรจ se si perde questo amico prezioso, si perde la capacitร di vedere la bellezza.
E come il lettore ritrova in Kawabata un vecchio e al contempo nuovo amico, cosรฌ Kawabata trova il suo personale confidente, il suo pupillo: Yukio Mishima. Fu il primo a scoprirne il genio, lโirrequieta capacitร di vivere la sua epoca, il rifiuto di piegarsi ad una modernizzazione che non gli apparteneva. E fu lโultimo a riprendersi dalla sua morte; anzi, non si riprese mai.
Quella morte improvvisa lo sconvolse, quella ferita aperta non si rimarginรฒ e, forse, contribuรฌ alla morte di Kawabata stesso. Impossibile sopravvivere in un mondo in cui non ci si riconosce piรน, in cui lโamico fidato che ci permette di vedere la bellezza che ci circonda viene meno. Troppo greve la terra per questo delicato fiore di loto, abituato ad una bellezza ormai impossibile da scorgere.
E quindi, a tutti i lettori, non rimane che la consolazione di avere per sempre uno strumento per scorgere la bellezza del mondo; la felicitร di aver trovato un amico che mai se ne andrร ; la fortuna di essersi potuti imbattere, nella propria vita, in unโanima bella, pura ed incontaminata tra le difficoltร del mondo.
Miriam Nardi