โIn quell’ambiente di incomparabile pace e sicurezza feci un bilancio delle mie esperienze nella taiga siberiana, e trassi le conclusioni che seguono. In ogni individuo spiritualmente sano del nostro tempo, vi sono ancora tratti dellโuomo primitivo che possono riemergere in condizioni di estrema difficoltร , trasformandolo in cacciatore e guerriero, e lo aiutano a sopravvivere nella lotta con la Natura. Essa รจ una prerogativa dellโuomo dalla mente e dallo spirito temprati, mentre gli altri non posseggono sufficienti conoscenze e forza di volontร sono destinati a soccombere. Ma il prezzo che lโuomo civilizzato deve pagare รจ che per lui non esiste nulla di piรน spaventoso della solitudine assoluta e della consapevolezza del completo isolamento dal consorzio umano e dalla cultura in cui sโรจ formato. Un passo falso, un momento di debolezza e la nera follia sโimpadronirร di lui, trascinandolo verso unโinevitabile distruzione. Avevo trascorso giorni terribili lottando contro il freddo e i morsi della fame, ma ne vissi di ancor piรน spaventosi lottando con la forza di volontร contro pensieri distruttivi che mi indebolivano psicologicamente. Il ricordo di quei giorni di gelo e di solitudine ancora oggi mi stringe il cuore, e il riviverli tanto chiaramente scrivendo queste memorie mi getta in uno stato dโanimo di sconforto, apprensione e paura. Inoltre, sono stato costretto ad osservare che le cosiddette persone civilizzate attribuiscono scarsa importanza a quell’allenamento dello spirito e del corpo che รจ indispensabile all’uomo che si ritrova in condizioni primitive, nella spietata lotta per la sopravvivenza in una Natura ostile e selvaggia. Questa รจ la via per educare una nuova generazione di uomini sani, forti, di ferro, che conservino nello stesso tempo anime sensibili.โ
Le parole di Ferdinand A. Ossendowski sono tratte dal suo capolavoro: Bestie, Uomini, Dei. In tale racconto lo scrittore polacco narrรฒ le proprie peregrinazioni nella Russia rivoluzionaria. Un luogo mistico fatto di vette innevate, steppe infinite, cavalieri erranti e divinitร incarnate. Lungo questo viaggio ascetico, il valore che emerge dalla prosa epica del diplomatico polacco รจ un indissolubile rapporto tra uomo e Natura. Lโuomo รจ atavicamente legato alla terra, vi รจ in lui un anelito millenario che lo conduce al nomadismo, alla pellegrinazione. Lโestasi di sentirsi liberi, lโesaltazione nellโanima suscitata dalla sublime vista di una vetta inesplorata creano nello spirito di alcuni fortunati individui una mistica trascendentale che unisce il cielo al suolo e dona una tensione oltremondana. Vi sono spiriti che mal tollerano la gabbia dorata della civiltร che il modernismo ha realizzato attorno allโumanitร . Non tutti sono felici nei centri commerciali, non tutti sono felici nelle interminabili file che si formano nellโattesa dellโultimo smartphone, vi sono persone che cercano i grandi spazi, rincorrono lโinfinito e credono che la vita sia qualcosa di piรน rispetto al possesso di un nuovo tablet. Non vogliono possedere, essi desiderano essere. Inoltrandosi nella vita selvaggia si cammina verso unโideale di semplicitร , scevro dai pregiudizi e dalle sovrastrutture del mondo civilizzato, si rompe il velo dei falsi valori borghesi per giungere in prossimitร di una differente realtร che pone in contatto la nostra individualitร con quellโio sepolto dai dogmi imposti da una societร autoritaria.
Lโindividuo romantico nel trovarsi solo in una landa desolata viene pervaso da una sorta di ebbrezza che si impossessa dei suoi sensi e produce, come sottolineato da Roderick Nash, una โambientazione ideale per la malinconia e lโesaltazioneโ. Lo spirito romantico si desta e dal magma primordiale che ogni uomo ha dentro di sรฉ scaturisce una commozione che rischiara per un istante una vita ottenebrata da un nichilismo passivo che attanaglia la societร contemporanea. Societร che rincorre un progresso avvilente, depersonalizzato e servo della tecnica. Lโuomo del terzo millennio รจ un uomo robotizzato, alienato, indirizzato e controllato, incapace di autodeterminarsi, incatenato ad un modello di vita preconfezionato che mal tollera digressioni, scostamenti dalla via maestra. Non cโรจ spazio per sentieri di campagna in una societร costruita su reti autostradali. I pochi, i felici pochi, che si discostano da tale incolonnamento sono gli stravaganti, i sovversivi, gli antieroi che si ribellano al diktat che ci vede imprenditori di noi stessi. La contemplazione, il ritiro, lโattesa sono viste come attivitร non remunerative e, dunque, prive di un qualunque fondamento. Non si รจ capaci di assecondare unโemozione, darle spazio, farla scorrere dentro di noi come una goccia di rugiada corre lungo un filo dโerba. La via del bosco รจ la via che si oppone a questo discorso fuligginoso, รจ la via del viandante, la via del ribelle che si sottrae al giogo del Leviatano per costruire qualcosa di diverso, qualcosa che si frapponga allโirrompere smodato della mercificazione a difesa della fragilitร di un petalo appena sbocciato, sacro dono della Trascendenza.
La Natura come redenzione, come purificazione, tuffarsi nelle verdi colline e liberarsi dal grigiore delle cittร per rivestirsi di nuovi colori, nuovi profumi, nuove sensazioni. Reinventarsi poeti e incarnare il sogno di Rimbaud: tacendo, correre per i campi, inalare la libertร e ubriacarsi di un amore incontaminato che, rendendoci nomadi, lascia la nostra anima congiungersi con la Natura permettendole di godere di questo amore metafisico.
di Lorenzo Della Corte