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La vittoria di Nawrocki allontana Varsavia dall’Unione Europea

La vittoria di Nawrocki allontana Varsavia dall’Unione Europea

Il nuovo Presidente polacco potrebbe mettere in crisi l'esecutivo di Tusk. Una Polonia in mano al Pis sarebbe più vicino agli Stati Uniti che a Bruxelles
Il nuovo presidente polacco Karol Nawrocki

In Polonia, Karol Nawrocki è diventato il nuovo Presidente della Repubblica con uno scarto ridotto, poco più di un punto percentuale. I polacchi hanno così scelto un conservatore, garantendo continuità dopo i dieci anni di Andrzej Duda. Nawrocki, quarantadue anni, è un volto nuovo, se non nuovissimo, del partito conservatore Diritto e Giustizia (Pis). Scelto a sorpresa dal padre putativo del partito, Jarosław Kaczyński.

L’esperienza politica di Nawrocki è nulla. La sua formazione è nel campo della storia. Nella vita Nawrocki ha però fatto un po’ di tutto: il pugile, l’ultrà del Lechia Gdańsk, il portiere d’albergo e, infine, il Presidente dell’Istituto della Memoria Nazionale

Ora il suo obiettivo è quello di far cadere il governo di Donald Tusk. Pochi minuti prima della vittoria affermò: «Non possiamo lasciare il Paese al monopolio di Donald Tusk». Nonostante alcuni tentennamenti, però, Tusk è riuscito a ricevere nuovamente, l’11 giugno, il voto di fiducia dal Parlamento, serrando i ranghi in vista della nuova convivenza.

In ogni caso, per l’Unione Europea è un campanello d’allarme: Nawrocki non rappresenta affatto una buona notizia, le sue idee sono conservatrici e nazionaliste. A Bruxelles ci si prepara al peggio. La prospettiva di un nuovo esecutivo conservatore potrebbe mettere il veto su molte decisioni al Consiglio Europeo. Quello che fin qui è certo è che a dare nuova linfa al sentimento antieuropeo polacco sarà uno storico di Danzica, che in politica ci è entrato a sorpresa, senza passare da cariche intermedie.

Riforme e condanne: la relazione tra Pis e Unione Europea

La Polonia sta diventando una potenza nell’est Europa. Varsavia destina oltre il 4,2% del proprio Pil alle Forze armate. Inoltre, l’economia è in forte crescita, con una previsione del +3% annuo. Con il Pis però la strada potrebbe essere più individuale. Quando è stato al potere, Diritto e Giustizia ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la Commissione Europea.

Tutto è iniziato nel 2015, dopo la vittoria alle elezioni parlamentari con un risultato intorno al 38%. I conservatori hanno subito intrapreso un controverso processo di riforma della giustizia. Le prime modifiche sono state ai criteri per la nomina dei magistrati del Consiglio nazionale della magistratura e fondendo le posizioni di Ministro della Giustizia e Procuratore generale, mescolando così il potere esecutivo a quello giudiziario.

Dopo aver vinto di nuovo le elezioni nel 2019, il PiS ha avviato nuove riforme, introducendo la cosiddetta legge “museruola”, che riguardava la disciplina dei tribunali ordinari e la legge sulla Corte Suprema. Questo impianto legale ha fatto infuriare Bruxelles. Nel 2021 la Corte di Giustizia dell’Unione ha condannato la Polonia per la mancanza di tutela dello Stato di diritto e la scarsa indipendenza dei magistrati.

Le sanzioni hanno costretto la Polonia a pagare all’Unione Europea una multa da un milione di euro al giorno, dimezzata nel 2023. I fondi europei sono stati sospesi e sostanzialmente utilizzati per pagare la gigantesca sanzione comminata all’esecutivo di Varsavia. La Polonia, di fatto, non ha beneficiato di alcun fondo post-pandemico.

La questione dei finanziamenti europei è stata centrale nelle elezioni del 2023, vinte dal partito Piattaforma Civica, guidato dall’ex Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Il Primo Ministro si è impegnato a riformare il potere giudiziario in cambio dello sblocco dei 137 miliardi europei fermi dal 2021. Tuttavia, il percorso riformista di Tusk si è spesso scontrato con il veto del Presidente della Repubblica Andrzej Duda, che ha ostacolato un ritorno completo alla situazione pre-2015. Ora, l’asse conservatore potrebbe ricomporsi.

Sull’uscio osserva con interesse Viktor Orbán, che tradizionalmente ha sempre avuto un rapporto preferenziale con Varsavia.
Con il predecessore di Tusk, Orbán era decisamente allineato, soprattutto sul tema dell’immigrazione. Morawiecki e l’omologo ungherese si erano opposti fermamente all’accordo raggiunto dai leader europei nel 2023, approvato da 25 Paesi su 27 (meno Polonia e Ungheria).

All’epoca, Piotr Müller, portavoce del governo polacco, affermò: «La Polonia bloccherà le soluzioni relative al ricollocamento dei migranti attraverso la formazione di una coalizione di forze di opposizione al Parlamento Europeo». Minaccia mai realmente applicata per inconsistenza d’interessi tra le fila dei conservatori, tra cui anche Giorgia Meloni.

Ungheria e Polonia sono però “cugini di sangue”. I due Stati sono entrambe ex potenze, che hanno perso la loro autonomia schiacciati dagli imperi limitrofi. L’indipendenza è stata guadagnata solo dopo la Prima guerra mondiale. Il Secondo conflitto mondiale li ha entrambi condannati a dipendere dall’Unione Sovietica, smacco profondo all’identità nazionale. Indipendenti solo dal 1989, rimangono culturalmente come «due fratelli, sia per la sciabola che per il bicchiere», come espresso da un proverbio che si può sentire da Varsavia fino a Budapest.

L’ex premier polacco Mateusz Morawiecki insieme a Viktor Orban

Weimar o Washington? Le strade polacche per il futuro

Se per le relazioni europee la vittoria di Nawrocki rappresenta uno spauracchio, per gli Stati Uniti una Polonia conservatrice è positiva. Lo stesso Donald Trump aveva sostenuto senza indugi la candidatura del politico di Danzica.

Per l’attuale ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, intervistato da Politico, Nawrocki potrebbe avere un rapporto preferenziale con Trump e, allo stesso tempo, riavvicinare Viktor Orbán in un maggior sostegno alla causa ucraina. L’auspicio di Sikorski è quello di poter «suonare due pianoforti contemporaneamente»: sostenere l’Ucraina con più forza grazie all’aiuto americano e allontanare Budapest da Mosca.

Sul tavolo ucraino, infatti, il Pis non ha mai mostrato grosse perplessità. Sikorski conferma: «La maggior parte dei contratti di difesa che stiamo finanziando sono stati firmati sotto il governo precedente (quello di Morawiecki ndr), quindi mi aspetto che Nawrocki sia a favore della difesa». A uscire penalizzate da questa elezione sono quindi soprattutto la già citata Unione Europea, ma anche Germania e Francia, che in questi anni avevano intensificato i legami con Varsavia.

Parigi, Berlino e Varsavia sembravano aver ritrovato un’intesa che mancava da tempo. La ricostruzione del cosiddetto Triangolo di Weimar, tanto utile alla Polonia per l’ingresso nella Nato (1999) e nell’Unione Europea (2004), potrebbe sciogliersi come neve al sole. Inoltre, la Polonia potrebbe venire meno al suo impegno nella Coalizione dei volenterosi capitanata da Macron, che ha sempre visto in prima fila Donald Tusk.

Una Polonia a guida Pis farebbe tornare indietro le lancette dell’orologio a due anni fa, quando le sanzioni europee bloccarono i finanziamenti. Varsavia, all’epoca, guardava a Washington più che a Parigi o Berlino. Le potenze europee potrebbero essere nuovamente tagliate fuori, dimostrando come la Polonia voglia continuare a farsi grande da sola senza l’apporto degli altri Stati europei.

Immagine in evidenza: https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ ; Immagine nell’articolo: https://www.gov.pl/web/premier/premier-w-budapeszcie-bedziemy-bronic-unijnych-traktatow-oraz-suwerennosci-polski-i-wegier

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Enrico Pascarella

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