Aliseo: L’Azerbaigian ha storicamente mantenuto rapporti complessi con Russia, Turchia e Iran. Come si posiziona Baku in questo quadro, considerando il ruolo economico-energetico della Russia, l’affinità culturale e politica con la Turchia e la vicinanza geografica con l’Iran? In che modo l’Azerbaigian riesce a bilanciare questi interessi concorrenti, evitando il rischio di escalation regionale?
Grazie per questa domanda che ci permette di analizzare gli equilibri nell’area. L’Azerbaigian è un Paese della regione del caucaso-meridionale; i nostri vicini sono la Russia a nord, poi a ovest ci sono Georgia, Armenia, e Turchia e al sud l’Iran. Storicamente, con tre di questi Paesi abbiamo vissuto all’interno dell’Unione Sovietica. Oggi, da quando l’Azerbaigian ha ottenuto la sua indipendenza nel 1991, abbiamo sempre voluto avere rapporti di buon vicinato con tutti i nostri Paesi confinanti.
Con la Russia, tradizionalmente, abbiamo avuto buoni rapporti: in Russia vive una comunità azerbaigiana e in Azerbaigian vive una comunità russa. Abbiamo sempre mantenuto legami di buon vicinato in ambito energetico, economico, commerciale, culturale e umanitario. Posso dire la stessa cosa per l’Iran: storicamente l’Azerbaigian e l’Iran hanno intrattenuto rapporti molto buoni. Abbiamo una grande comunità di azerbaigiani in Iran, un confine da condividere e, come buoni vicini, dobbiamo sempre essere molto attenti alle relazioni.
Con la Turchia abbiamo legami più forti: siamo due Paesi fratelli, abbiamo radici comuni, condividiamo la lingua; ci sono altri rapporti che si sono sviluppati e si stanno sviluppando nel campo dell’energia, dell’economia, del commercio e dei trasporti. La Georgia è un Paese molto importante con cui abbiamo ottimi rapporti; tutti i nostri grandi progetti regionali di energia, infrastrutture e trasporti passano sempre per la Georgia e poi vanno in Turchia e a Ovest.
Aliseo: In Medio Oriente, oltre alle storiche tensioni tra Israele, Stati Uniti e Iran, sta prendendo forma una competizione sempre più accesa tra Israele e Turchia, esplicitata dalla diversità di vedute sul futuro della Siria. L’Azerbaigian ha forti relazioni con entrambi i Paesi. Come può evitare di essere coinvolto in questa rivalità? Nel caso di un confronto tra Stati Uniti, Israele e Iran, cosa dovrebbe fare l’Azerbaigian per tutelare i propri interessi?
Vediamo la geografia: siamo in una regione molto delicata; la nostra politica è sempre stata quella di avere un ambiente pacifico in tutta la regione, perché nessun Paese vuole la guerra ai propri confini; perciò la filosofia, e anche la politica dell’Azerbaigian, è sempre di mantenere buoni rapporti con tutti i nostri vicini. Culturalmente, in Azerbaigian convivono molte confessioni differenti in pace; posso dire che oggi l’Azerbaigian può servire da esempio di coesistenza pacifica tra cristiani, musulmani ed ebrei.
Abbiamo buoni rapporti con Israele; esiste una comunità ebraica in Azerbaigian da più di duecento anni. In Iran, invece, c’è una comunità azerbaigiana di oltre trenta milioni di persone. Abbiamo sempre perseguito una politica di pace, di convivenza, di buoni rapporti con tutti i nostri vicini, e anche con gli amici. Ad esempio, posso dire che recentemente l’Azerbaigian ha ospitato a Baku un incontro tra delegazioni di Turchia e Israele.
Anche prima, cinque-sette anni fa, l’Azerbaigian ospitava regolarmente delegazioni della Nato e della Russia a Baku. Questa è una prova di fiducia verso l’Azerbaigian; posso dire che, nel novembre 2024, l’Azerbaigian ha ospitato anche la Cop29: uno degli obiettivi per l’Azerbaigian è promuovere l’inclusività delle varie comunità, creare pace; abbiamo persino lanciato l’iniziativa “Cop Truce” durante la conferenza. Questa è la filosofia dell’Azerbaigian: abbiamo fatto tanto per promuoverla e questa è la nostra linea, coinvolgere tutti, parlare con tutti, creare un’atmosfera di cooperazione e convivenza nella regione.
Aliseo: L’antica tensione tra Azerbaigian e Armenia negli ultimi anni è aumentata e la regione del Caucaso meridionale ha avuto sviluppi molto importanti dal punto di vista della sicurezza. Lei crede che sia possibile una piena normalizzazione dei rapporti tra Azerbaigian e Armenia? Cosa, secondo il suo punto di vista, dovrebbe accadere per rendere possibile questa distensione?
I nostri buoni rapporti di vicinato, accennati precedentemente, vorremmo estenderli anche all’Armenia. Con quest’ultima abbiamo più di mille chilometri di confine, ma, a causa di una politica di aggressione iniziata nel 1988 e durata fino al 2020, abbiamo avuto il 20% del nostro territorio occupato, oltre un milione di profughi interni e rifugiati, quasi 750mila dal Karabakh e quasi 300mila dall’Armenia: una tragedia che ci ha imposto il nostro vicino Armenia.
Dopo 28 anni, abbiamo risolto questo problema: il Karabakh è stato liberato, ma oggi ci sono tante sfide. La principale sono le mine, che hanno contaminato quasi tutto l’ex territorio occupato: più di un milione e cinquecentomila ordigni. È una sfida enorme per l’Azerbaigian, che deve sminare prima di ricostruire ciò che l’occupazione ha distrutto: abbiamo perso nove città totalmente rase al suolo, oggi le stiamo ricostruendo.
È una sfida grande, perché la gente ha aspettato 28 anni e ora deve rientrare: per colpa delle mine non possiamo accelerare quanto vorremmo. Dopo il 2020 abbiamo avuto quasi quattrocento incidenti con vittime civili o feriti gravi. Questo è un compito che stiamo affrontando. Gli abitanti non sono ancora tornati tutti: circa 40mila persone sono rientrate, perché abbiamo costruito le case, sminato e predisposto le infrastrutture; è un grande sforzo. Il Governo azerbaigiano ha investito più di nove miliardi di dollari nella zona.
Dal novembre 2020, quando abbiamo liberato i nostri territori e ripristinato la sovranità, l’Azerbaigian ha lanciato un’agenda di pace. Un mese fa abbiamo finalizzato il testo di un accordo intitolato “Istituzione di relazioni diplomatiche tra Armenia e Azerbaigian”.
Restano però due punti molto importanti: nella Costituzione armena c’è ancora una rivendicazione territoriale verso l’Azerbaigian, che afferma che il Karabakh fa parte dell’Armenia; vogliamo eliminare questi ostacoli per il futuro. Nessun Paese firmerebbe un trattato di pace con uno Stato che, nella propria Carta, reclama il suo territorio. L’Armenia deve cambiare la sua Costituzione ed eliminare queste rivendicazioni, perché servono fiducia e pace tra i popoli, non solo tra i governi. Vogliamo una pace imparziale, duratura e forte.
Inoltre, nel 1992 l’Osce creò a Minsk un gruppo con co-presidenti Russia, Stati Uniti e Francia, per risolvere il conflitto; purtroppo, in ventotto anni non ha ottenuto nulla. Ora è necessario eliminarlo: quando non c’è più un conflitto, non serve una simile istituzione. Dunque, primo, eliminare le rivendicazioni territoriali dalla Costituzione armena; secondo, sciogliere il gruppo di Minsk e altre strutture obsolete.
Aliseo: negli ultimi cinque-dieci anni l’Azerbaigian si è avvicinato molto all’Europa, anche se permangono tensioni, ad esempio con la Francia. L’Italia, invece, è tra i Paesi europei più disponibili: la cooperazione è profonda in campo energetico, economico, e ora anche difesa e cultura: si veda l’Università di Baku, già operativa. Quali problemi ci sono con l’Ue e perché con l’Italia la cooperazione appare più facile?
Durante la fase dell’indipendenza abbiamo avuto buoni rapporti con l’Europa, soprattutto sull’energia. Oggi il settore è molto sviluppato: otto Paesi Ue importano energia dall’Azerbaigian; in totale, dieci Paesi europei la ricevono, tra cui l’Italia.
Purtroppo, alcuni Paesi faticano ad accettare la nostra vittoria: questo ha influenzato la politica europea verso di noi. Non è un segreto che c’è chi vende e invia armi letali all’Armenia, promuove il finanziamento per il suo riarmo tramite l’European Peace Facility e l’invio di una missione “civile” Ue con ex militari ai nostri confini, adottando una politica di osservazione “con il binocolo”, che certamente non aiuta alla pacificazione.
Speriamo che la nuova leadership cambi la sua politica verso l’Azerbaigian, un Paese cruciale economicamente e strategicamente per l’Europa, da cui dipende più del 75% dell’economia della regione, contribuisce alla sicurezza energetica dell’Europa, punto di transito verso l’Asia centrale. Senza l’Azerbaigian non esiste un collegamento diretto, sicuro, veloce, sostenibile ed economico con l’Asia centrale. Il cosiddetto Middle Corridor, cioè tutte le rotte di trasporto dall’Europa all’Asia, passa per l’Azerbaigian.
E l’Italia? Con l’Italia abbiamo un rapporto particolare: siamo partner strategici, con ottimi rapporti politici. Tale partenariato è stato avviato già dal nostro Leader nazionale Heydar Aliyev, del quale proprio in questi giorni, il 10 maggio, ricade l’anniversario della nascita. Una personalità fondamentale per la storia dell’Azerbaigian, a cui va sempre la nostra gratitudine e memoria. Il Presidente dell’Azerbaigian Sig. Ilham Aliyev ha visitato più volte l’Italia, e l’ultima volta Roma lo scorso settembre; con il nuovo governo italiano stiamo lavorando molto.
Siamo il secondo fornitore di gas naturale e il terzo di petrolio per l’Italia; il transito di merci tra Italia e Asia centrale passa per l’Azerbaigian. Abbiamo più di due miliardi di dollari di investimenti indiretti in Italia; molte imprese italiane operano in Azerbaigian. Sul piano culturale, abbiamo un centro culturale presso l’Ambasciata a Roma e un intenso scambio di eventi.
L’Università Italo-Azerbaigiana sarà un riferimento per un legame ancora più forte tra i popoli ed è un progetto strategico che speriamo di inaugurare entro l’anno. Coinvolge cinque università italiane – Luiss, Sapienza, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Alma Mater di Bologna – con docenti italiani che formano esperti in agricoltura, design, tecnologie avanzate, etc.
In ambito politico e geopolitico l’Italia è un partner forte nell’Ue: abbiamo creato una storia di successo e una fiducia reciproca, che è fondamentale. Vogliamo sviluppare altri ambiti e progetti ancora più importanti. Aver inaugurato la nuova bellissima sede dell’Ambasciata a Roma, infine, è un segno di rispetto e amicizia che l’Azerbaigian mostra non solo all’Italia ma a tutta l’Europa.
Foto in evidenza: Ambasciata azerbaigiana in Italia; Foto nell’articolo: 1) https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Landmine_warning_signs_in_Azerbaijan#/media/File:T%C9%99hl%C3%BCk%C9%99lidir,_mina!.jpg 2) https://www.quirinale.it/elementi/11751; 3) https://www.ada.edu.az/en/about/campus/main#info_D_corpus