Al-Fashir, capitale del Darfur Settentrionale, รจ ufficialmente rimasta lโultima cittร della provincia del Darfur controllata dallโesercito regolare del Paese, e si teme unโimminente invasione da parte delle milizie paramilitari Rapid Support Forces (Rsf) che attualmente giร ne circondano il perimetro.ย
ร da oltre un anno ormai che il Sudan sta vivendo un grave e sanguinoso conflitto interno che vede contrapposte le forze dellโesercito governativo ed il gruppo paramilitare Rsf, ma i recentissimi sviluppi delle operazioni belliche hanno smosso lโopinione pubblica mondiale e fatto sรฌ che la questione sudanese tornasse alla ribalta, nonostante lโattenzione mediatica sia concentrata prevalentemente sul Medio Oriente, dal momento che siย teme la catastrofe umanitaria.
Dove nasce il conflitto civile in corso in Sudan
Nellโaprile del 2023 le forze del gruppo paramilitare Rapid Support Forces, guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, anche noto come โHemedtiโ, hanno impugnato le armi contro lโesercito regolare del Paese, sotto il comando di Abdel Fattah Abdelrahman Burhan, anche noto come al-Burhan.
Lโinsurrezione contro al-Burhan, de facto capo di stato del Paese, รจ avvenuta in risposta allโadozione di una controversa decisione politica che avrebbe implicato lo scioglimento del gruppo di miliziani.
Le ostilitร tra ribelli e forze regolari, scoppiate a Khartum, capitale del Sudan, si sono rapidamente estese nelle regioni del Kordofan e nel Darfur, territori in cui, ad oggi, le Rsf hanno debellato ogni resistenza da parte dellโesercito regolare del Paese. Negli ultimi dodici mesi il conflitto รจ proseguito, intervallato da occasionali cessate il fuoco, mietendo vittime civili in tutto il Paese: circa 14.700 morti, 30.000 feriti e piรน di 8 milioni di sfollati secondo le stime dellโOng International Rescue Committee.
Il contrasto ha dunque avuto origine da un conflitto di interessi tra il Hemedti e al-Burhan e si รจ poi trasformato in uno scontro militare. Il generale a capo del gruppo paramilitare Rsf si opponeva allโaccordo stipulato nel dicembre del 2022 tra il Consiglio di Transizione del Paese, guidato da Al-Burhan, ed una coalizione democratica, volto a restituire il controllo del Paese ad un governo civile. Lโ accordo, inoltre, sanciva lโimminente scioglimento delle forze miliziane Rsf ed il loro confluire allโinterno dellโesercito regolare del Sudan.
Il compromesso arrivava al termine di un lungo periodo di transizione in cui il Paese era scivolato a seguito dei due colpi di Stato realizzati nel 2019 e nel 2021, dopo la caduta del trentennale regime di Omar al-Bashir.
Il primo colpo di stato dell’11 aprile 2019, che era stato attuato dalle forze armate sudanesi proprio per rovesciare il governo guidato da al-Bashir, aveva portato al potere un Consiglio Sovrano di transizione che si era impegnato a condurre il Paese verso una trasformazione democratica entro un periodo di due anni. Allโinterno dellโorgano collegiale composto da membri militari e civili, al-Burhan ricopriva il ruolo di Presidente.
Nellโottobre del 2021, a poche settimane da quando la guida del Consiglio Sovrano sarebbe dovuta passare ad un civile, con un nuovo golpe, al-Burhan dichiarava lo stato di emergenza e ordinava lโarresto dei componenti civili del governo di transizione, nello specifico del primo ministro sudanese Abdalla Hamdok.
L’รฉlite dellโesercito sudanese, guidato da al-Burhan, si sostituiva al Consiglio Sovrano instaurando un nuovo Consiglio di transizione che, ancora una volta, assumeva lโimpegno di restituire ad un governo civile il controllo del Paese una volta giunti al termine del rinnovato periodo di transizione.
Allโinterno della giunta militare postasi a guida del Paese al-Burhan, generale dellโesercito regolare del Sudan, rivestiva il ruolo di Presidente, mentre Hemedti, generale del gruppo Rsf, quello di Vicepresidente.
In questo contesto, si sono sviluppati i complessi negoziati tra il Consiglio di Transizione e la coalizione democratica, che hanno condotto alla stipula del giร menzionato accordo circa la fine del regime militare e lo scioglimento delle milizie Rsf, generando frizioni allโinterno della giunta.
Al-Burhan, data la crescente pressione internazionale, non poteva posticipare ulteriormente la riconsegna del potere agli organi democratici, mentre Hemedti, timoroso di perdere la propria influenza allโinterno dellโรฉlite governativa e forte del sostegno degli Emirati Arabi Uniti e del gruppo Wagner, si opponeva alla decisione, prima politicamente e poi militarmente, determinando lโescalation di violenza che dallโaprile del 2023 ad oggi persiste, minacciando lโincolumitร della popolazione sudanese tutta.
Lโereditร di Al-Bashir e il timore di un nuovo genocidio
A rendere la situazione ancora piรน complessa si aggiunge una circostanza di natura storica, che si ricollega direttamente alla sanguinosa guerra civile che tra gli anni โ80 e i primi anni 2000 ha flagellato il Paese, e piรน nello specifico al conflitto consumatosi proprio nella regione del Darfur tra il 2003 ed il 2006.
Infatti, le forze Rsf sarebbero eredi delle note milizie arabe Janjawid, gruppo paramilitare di cui il governo al-Bashir si sarebbe servito, assieme alle truppe dellโesercito regolare, per reprimere i movimenti anti-governativi esplosi nella regione a partire dal 2003.ย
In merito, nel 2008 il procuratore generale della Corte penale internazionale Luis Moreno-Ocampo apriva unโinchiesta sui crimini di guerra di cui si sarebbero rese responsabili le milizie Janjawid sotto diretta indicazione e finanziamento del presidente al-Bashir e di altri membri dellโรฉlite governativa sudanese, in particolar modo Ali Kushayb e Ahmad Harun.
Le accuse concernono crimini contro lโumanitร , tra cui omicidi, sterminio, trasferimento forzato, tortura e crimini a sfondo sessuale; crimini di guerra, quali saccheggi e attacchi intenzionalmente diretti contro la popolazione civile; e tre capi dโaccusa per genocidio e uccisioni su base etnica, specialmente ai danni delle popolazioni baggare Fur, Masalit e Zaghawa, native della regione del Darfur.
Il processo, fatta eccezione per quello in corso nei confronti di Ali Kushayb, รจ rimasto per lo piรน ad uno stato embrionale a causa della mancata consegna degli imputati alla Corte penale (che non procede in contumacia), dovuta per lo piรน ad una scarsa cooperazione da parte tanto del governo sudanese come da parte dei governi di altri Paesi aderenti allo Statuto di Roma, tra cui il Sudafrica che nel 2015 ha rifiutato di concedere lโestradizione. La responsabilitร penale di al-Bashir per lo sterminio di circa 300.000 persone non รจ mai stata accertata con sentenza.
Dopo la caduta del regime di al-Bashir nel febbraio 2019, anche a causa dellโinstaurazione del processo per genocidio nei suoi confronti e nei confronti dei suoi complici, la forza militare irregolare Janjawid venne de-costituita per poi riorganizzarsi nella milizia paramilitare delle Rsf.
Alla luce di queste circostanze, dunque, ciรฒ che preoccupa la comunitร internazionale in questo momento รจ la possibilitร che si verifichi un nuovo massacro su base etnica proprio ad opera di queste forze paramilitari eredi dei miliziani Janjawid.
Il bilancio delle organizzazioni internazionali e lโimminente crisi umanitaria
Oltre al retaggio storico di discriminazione etnica che le Rsf rappresentano, queste milizie paramilitari, che si stanno di fatto opponendo al prosieguo della transizione democratica, sono note per i loro metodi particolarmente cruenti e spietati.
Attualmente le milizie Rsf sono alle porte di Al Fashir, rimasta lโultima cittร della regione ad essere presidiata dallโesercito regolare del Paese, e si teme che lโinvasione sia ormai imminente.
Oltre alle conseguenze politiche che ciรฒ avrebbe sul piano interno del Paese, cโรจ il rischio concreto che si verifichi unโatroce catastrofe umanitaria. Con un tetro parallelismo con il conflitto mediorientale, potremmo definire Al-Fashir come la Rafah del conflitto sudanese: secondo le recenti stime del New York Times, attualmente la cittร ospita circa 1 milione e 800.000 persone tra residenti e sfollati che vi si sono rifugiati scappando dalle altre aree del Paese precedentemente rimaste coinvolte nella guerriglia.
Inoltre, la vittoria delle RSF comporterebbe, militarmente parlando, il conseguimento da parte delle milizie del totale controllo dellโintera regione del Paese e, piรน in generale, di circa 1/3 dellโintero territorio sudanese (considerando le ulteriori aree giร conquistate nellโultimo anno di conflitto).
La questione sta perรฒ faticando a ottenere attenzioni internazionali e i fondi necessari per gli aiuti umanitari, tra le altre cose, anche a causa dei conflitti in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza.
Non risuona nei telegiornali lโaccorato appello dellโAgenzia Onu per i rifugiati, che ha definito quello in corso in Sudan ยซuno dei peggiori disastri umanitari della storia recenteยป. Secondo le stime dellโUnhcr, si ritiene che dallโescalation del conflitto dellโaprile del 2023 ad oggi 25 milioni di persone abbiano effettivo bisogno di assistenza umanitaria, circa la metร della popolazione sudanese.ย
La diversa attenzione mediatica rispetto agli altri fronti bellici non si giustifica in virtรน dei dati, altrettanto agghiaccianti, ma รจ il frutto dellโassuefazione dei media e dellโopinione pubblica occidentale a concepire il Paese dellโAfrica settentrionale come una zona di persistente instabilitร .
Il Sudan, terzo Paese piรน grande del continente africano, รจ anche uno dei piรน poveri al mondo e il perdurante stato di conflitto interno, nel quale ciclicamente ricade sin dallโindipendenza ottenuta nel 1956, ha esacerbato le diseguaglianze sociali e inasprito la fame e la carestia.
Le due guerre civili succedutesi, culminate nello sterminio realizzato dal governo di al-Bashir, hanno sedimentato nellโimmaginario comune occidentale una concezione del Sudan come inguaribilmente diviso, frammentato, spezzato dallโinterno, tessendo un velo di apatia rispetto agli sviluppi della situazione in corso nel Paese da ormai piรน di un anno.
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