Il 12 novembre il portavoce del Pentagono Patrick S. Ryder ha confermato l’attacco a due cacciatorpediniere statunitensi nel Mar Rosso ad opera dei miliziani Houthi. L’operazione ha presentato caratteri ibridi, coinvolgendo otto droni, cinque missili balistici e tre missili da crociera antinave contro la Stockdale e la Spruance della Us Navy.
È l’ultimo di una lunga serie di attacchi, con oltre cento episodi tra Mar Rosso e Mar Arabico da novembre 2023, a cui si aggiunge la perdita di un F/A-18 statunitense, abbattuto per errore da un incrociatore missilistico nell’ambito di un’operazione di contrasto ai miliziani il 22 dicembre 2024. Un’impressionante sequenza che rafforza la necessità sia di monitorare gli spazi marittimi a scopo preventivo, sia di ideare nuovi strumenti tecnologici di contrasto non armato.
L’impatto sul trasporto marittimo
L’attacco, motivato dal sostegno degli Stati Uniti a Israele, rappresenta il perfezionamento di una strategia offensiva che, da novembre 2023, ha avuto come bersaglio le navi mercantili transitanti il Mar Rosso, con ripercussioni sul commercio internazionale marittimo e sulle rotte dei traffici che passano per lo stretto di Bab-el-Mandeb.
Dalle analisi di Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno (Srm) emerge che nel mese di giugno 2024, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il traffico delle navi portacontainer attraverso Suez è diminuito del 70%, quello delle petroliere del 38% per via della minaccia arrecata dal gruppo terroristico.
Da una prospettiva logistica, l’effetto più visibile è stato il ridimensionamento della rotta più breve passante per il Mar Rosso, esposta alle aggressioni degli Houthi, a vantaggio di quella per Capo di Buona Speranza, con effetti negativi sui tempi di percorrenza e sul costo dei noli. La rotta da Singapore a Rotterdam, passando per il Sud Africa, si allunga di circa il 40%, ossia tra il 10 e i 20 giorni di navigazione in più. Mentre l’indice Drewry, relativo al prezzo dei noli, risulta del 256% più elevato al giugno 2024, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo i dati di Srm.
Tra gennaio e giugno 2024, sono state 3.515 le navi container ad aver scelto questa rotta alternativa. Sono cifre allarmanti che rafforzano l’esigenza di ideare una strategia difensiva permanente, adeguandosi alle specificità delle minacce perpetrate da attori non statali.
Il vantaggio competitivo degli Houthi
Nonostante le operazioni di sicurezza marittima Aspides e Prosperity Guardian a guida, rispettivamente, europea e statunitense, abbiano contribuito a rafforzare la sicurezza navale, il carattere imprevedibile della minaccia, i costi economici del contenimento e la dispersione dei gruppi terroristici continuano a rappresentare una sfida per le capacità dell’Alleanza Atlantica di dispiegare uomini e mezzi in quadranti così estesi.
Ad esempio, l’impiego di missili intercettori, con cui le navi da guerra hanno finora contrastato gli attacchi della milizia yemenita ha un costo centinaia di volte più elevato dei dispositivi Uav impiegati dagli Houthi: il drone Samad, comunemente impiegato dalla milizia, può avere un costo inferiore ai mille dollari. Di conseguenza, per neutralizzare ogni drone kamikaze, uno o due missili intercettori dal costo di milioni di dollari devono essere mobilitati.
A tal proposito, lo scontro, avvenuto nel marzo 2024, tra la nave Caio Duilio della Marina Militare Italiana e i dispositivi Uav del gruppo terroristico ha rappresentato uno spartiacque, presentando un approccio controffensivo più “simmetrico”. Al costoso razzo superficie-aria Aster in dotazione al cacciatorpediniere italiano, impiegato per l’ingaggio antimissile, si è preferito l’utilizzo di sei colpi di artiglieria tradizionale, con un dispendio inferiore a parità di efficacia.
Un approccio semplice e pragmatico, a cui si è adeguata anche la Marine Nationale di Parigi, che, nell’ambito della missione europea Aspides, ha annunciato il 20 marzo di aver abbattuto un drone degli Houthi con una mitragliatrice Mac da 7,62 mm sul portello dell’elicottero. Tuttavia, il miglioramento dello schema controffensivo è ancora limitato: in presenza di un attacco di droni “a sciame” associato a missili balistici, una risposta “tradizionale” potrebbe risultare complicata e imprecisa.
Un ulteriore dilemma strategico è posto dal carattere geograficamente disperso e flessibile degli attori non statali. I raid anglo-americani, assieme a quelli israeliani, eseguiti contro aeroporti, depositi d’armi e basi di lancio degli Houthi nell’entroterra dello Yemen, a gennaio 2024, si sono dimostrati tutt’altro che risolutivi. Ne è prova che gli attacchi nei confronti delle navi mercantili non si sono arrestati.
Si potrebbe affermare che anche gli interventi aerei abbiano un rapporto costi/benefici sfavorevole: neutralizzano solo temporaneamente la capacità operativa degli Houthi ma consolidano, in via permanente, la percezione di «una evidente violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dello Yemen», come sostenuto dal ministero degli Esteri di Teheran, Nasser Kanani.
Inoltre, la presenza di depositi di armi sotterranei, la mancanza di un unico centro di comando e il carattere semplificato e mobile delle linee operative rendono quasi immediata la ricostituzione della logistica dopo un bombardamento aereo. Sono elementi caratteristici degli attori non statali, quali al-Qaeda e al-Shabaab nel Corno d’Africa, con cui gli Houthi stanno consolidando l’intesa per aumentare il loro potenziale offensivo.
La maritime situational awareness dalla lezione dell’Ipmda
La costruzione di una rete di monitoraggio degli spazi marittimi, con la consapevolezza dei fenomeni che in essi hanno luogo, definita Maritime Situational Awareness (Msa), rappresenta una risposta efficace a questi dilemmi strategici che l’azione degli Houthi pone all’Occidente.
Elementi interessanti in tal senso emergono dalla Indo-Pacific Partnership for Maritime Domain Awareness (Ipmda), inquadrata nella missione Quad. Integrando tre regioni oceaniche (le isole del Pacifico, il Sud-Est asiatico e l’Oceano indiano) ha lo scopo di contrastare il dark shipping, ossia l’occultamento della posizione radar di un’imbarcazione mediante disattivazione dei sistemi di identificazione automatica (Ais). Sovrapponendo i dati Ais con quelli forniti da reti satellitari, nell’istante in cui una nave blocca la trasmissione Ais per non essere più rilevabile, le immagini satellitari combinate con i dati sul traffico navale previsto consentono di rilevarla.
L’Ipmda, associando immagini satellitari a sistemi di identificazione, consente di rilevare navi e, potenzialmente, oggetti in movimento registrati. Nonostante il carattere anonimo dei droni Houthi non renda interamente applicabile questa tecnologia al quadrante del Mar Rosso, l’ausilio del sistema satellitare combinato a un ipotetico radar network costituirebbe un rilevante passo in avanti nella previsione della minaccia.
In questa direzione sembra muoversi il progetto Roborder, finanziato dalla Ue, che prevede l’impiego di dispositivi unmanned marittimi e terrestri, dotati di sensori, al fine di individuare attività e fenomeni nello spazio. Questi figureranno in un’apposita piattaforma radar collegata a una stanza di controllo, così da approntare un intervento precoce, se necessario.
La sintesi tra la componente satellitare dell’Ipmda e quella unmanned di Roborder è rappresentata dal progetto I-Seamore, finanziato da Horizon Europe. Questo ha il pregio di combinare i dati elaborati dal satellite Copernicus con l’impiego di dispositivi senza equipaggio, integrati in una medesima piattaforma virtuale.
La particolarità consiste nel fatto che I-Seamore prevede il dispiegamento di droni a diverse altitudini accrescendo la consapevolezza dei fenomeni spaziali all’interno degli strati atmosferici. Ma soprattutto, include anche droni di superficie marittima (Usv) utili a rilevare, ed eventualmente contrastare, gli analoghi dispositivi degli Houthi. Questi ultimi sono più difficili da individuare rispetto agli Uav e sono spesso camuffati da piccoli natanti con finto equipaggio a bordo, al fine di ritardare le procedure di ingaggio da parte della nave bersaglio.
Sul versante del contrasto alla minaccia, che rappresenta la fase successiva alla sua individuazione, non sarà possibile affidarsi nel lungo periodo al fuoco tradizionale, ma occorrerà il ricorso a dispositivi di jamming, in grado di disturbare le comunicazioni dei droni compromettendone le funzioni.
Tra questi, i sistemi anti-drone consegnati a giugno dal ministero della Difesa svedese alle proprie forze armate, trasportabili dal singolo operatore, sono un’interessante opzione di contrasto agli sciame di Uav del gruppo terroristico, contro cui l’ingaggio con mitragliatrici potrebbe rivelarsi altamente inefficiente vista la mobilità spaziale.
In alternativa, sarà possibile ricorrere anche alla tecnologia di spoofing, consistente nella produzione di un’interferenza tale da compromettere le coordinate del drone visibili all’operatore. In scenari marittimi come quelli minacciati dagli Houthi, il drone, presentandosi in una posizione diversa da quella apparsa nel sistema di controllo, grazie all’invio di coordinate erronee, apparirà ingovernabile scivolando in mare.
Sviluppi futuri
Anche questo salto tecnologico potrebbe non bastare. La versatilità degli attori non statali richiede una costante anticipazione di tutti i possibili scenari evolutivi del conflitto. Di fatto, se i precedenti progetti costituiscono un potenziale adeguamento alla guerra asimmetrica sviluppata dagli Houthi, solo una tecnologia analoga a quella messa in campo da Wsense potrebbe anticipare una possibile controreazione della milizia alla riduzione della propria efficacia.
Il rischio, paradossalmente, è che il potenziamento dell’Msa possa compromettere la capacità offensiva degli Houthi, inducendoli a elaborare nuove azioni di sabotaggio prendendo di mira le infrastrutture subacquee. Un rischio particolarmente alto proprio nel Mar Rosso, dove transitano i cavi sottomarini che collegano Europa, Asia e Medio Oriente e in cui ancora forti sono i sospetti di un coinvolgimento della milizia al taglio dei cavi sottomarini tra Arabia Saudita e Gibuti nel febbraio scorso.
La partnership italo-francese siglata tra Wsense e Alcatel Submarine Network (Asn) mira alla costruzione di sensori subacquei per una comunicazione wireless sottomarina e la raccolta dati in tempo reale dei fenomeni spaziali in via analoga alla Msa, ma nel dominio underwater. Sebbene la tecnologia abbia uno scopo essenzialmente scientifico, ossia lo studio dei fenomeni oceanici, la sua associazione con il progetto Wmission, che prevede l’integrazione di robot sottomarini alla rete, potrebbe avere un impatto decisivo nella tutela delle infrastrutture strategiche subacquee.
Immagine in evidenza: By U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 2nd Class Aaron Lau; Immagini nell’articolo: 1) by MikeMareen, Sciame di droni da combattimento durante le esercitazioni militari, foto stock royalty-free. https://media.istockphoto.com/id/1384726364/it/foto/sciame-di-droni-da-combattimento-durante-le-esercitazioni-militari.jpg?s=2048×2048&w=is&k=20&c=3FlEfnd1Sl6WTcowOUKeVhfgyq6qvjQhazpYGVRMJtE= 2) bymuratdeniz, Drone da combattimento militare UAV, foto stock royalty-free. https://media.istockphoto.com/id/1488299226/it/foto/drone-da-combattimento-militare-uav.jpg?s=2048×2048&w=is&k=20&c=8XU3GUGMowvK12fLLfr6ICTHtud4tbYwnrjuxCkXNrM=