Abbonati

a

Scopri L’America dopo l’egemonia

L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

L’Icc, ventidue anni di attività: l’evoluzione del diritto internazionale penale nell’ultimo secolo e i recenti sviluppi

L’Icc, ventidue anni di attività: l’evoluzione del diritto internazionale penale nell’ultimo secolo e i recenti sviluppi

Fondata nel 2002, la Corte Penale Internazionale si occupa di perseguire i crimini internazionali commessi dagli individui. Le sfide dei conflitti in Ucraina e Palestina

La Corte penale internazionale (Icc o Cpi), fondata il 1° luglio 2002, ha celebrato lo scorso 1° luglio il suo 22º anniversario di operatività. L’adozione dello Statuto di Roma nel 1998, aperto alla firma di tutti gli Stati e entrato in vigore con il raggiungimento di 60 ratifiche nel luglio 2002, ha segnato l’istituzione di una giurisdizione penale permanente. La Corte internazionale si occupa di perseguire i crimini internazionali commessi dagli individui, operando in maniera complementare rispetto alle giurisdizioni nazionali.

Oggi, la Cpi rappresenta la più alta istituzione giurisdizionale nel campo del diritto internazionale penale, branca del diritto internazionale che ha richiesto decenni per affermarsi e per raggiungere una sua esistenza ontologica autonoma. Per lungo tempo, infatti, la struttura della comunità internazionale non consentiva di concepire una responsabilità penale internazionale dell’individuo autore di condotte illecite. La responsabilità per violazione delle norme internazionali ricadeva esclusivamente sugli Stati, non sui singoli individui.

L’evoluzione del diritto internazionale penale e la nascita della Corte

L’esigenza di reagire ai crimina juris gentium ed il problema della responsabilità penale internazionale del singolo individuo sono questioni ben più risalenti dello Statuto di Roma, che ritrovano le proprie origini già nel primo dopo-guerra, durante la stipula del Trattato di Versailles del 1919.

Nonostante alcuni giuristi avessero immaginato la possibilità di individuare una responsabilità in capo al singolo individuo, scissa da quella dello Stato, i tempi non erano sufficientemente maturi per una simile intuizione. D’altronde, il diritto internazionale aveva sempre regolato solo i rapporti tra Stati e non concerneva i singoli individui.

Dopo la seconda guerra mondiale l’esigenza di processare i gerarchi nazisti, che condusse all’istituzione del Tribunale di Norimberga, comportò il delinearsi di una prima, seppur embrionale, forma di responsabilità internazionale personale.

Successivamente, si cominciò a discutere in seno alla neonata Organizzazione delle Nazioni Unite della possibilità di istituire una corte penale internazionale permanente e di predisporre un progetto di Codice dei crimini internazionali. Tuttavia, i lavori subirono una forte battuta d’arresto a causa del clima generato dalla guerra fredda.

Tra il 1993 ed il 1994, l’istituzione dei Tribunali ad hoc per l’ex Jugoslavia e per il Ruanda da parte del Consiglio di Sicurezza diede nuovo impulso alle discussioni sull’istituzione di una corte penale.

Si pervenne, a seguito di una serie di conferenze diplomatiche, all’approvazione definitiva dello Statuto di Roma (17 luglio 1998), trattato fondativo della Corte.

Oggi è pacifico che il divieto di commissione di crimini internazionali faccia parte del diritto internazionale generale, trovando fondamento non solo nello Statuto di Roma, ma anche nel diritto consuetudinario.

Questi crimini sono spesso il prodotto di azioni statali, sia perché commessi da individui-organi dello Stato, sia perché rappresentano il risultato di politiche o scelte indirettamente favorite o in altro modo sostenute da uno Stato. Ne consegue che alcune violazioni del diritto internazionale possono determinare due tipi di responsabilità: la responsabilità internazionale dello Stato e la responsabilità penale internazionale dell’individuo autore materiale della violazione.

By Coalition for the ICC / Wim Van Cappellen – September 2004: ICC Assembly of States Parties to the Rome statute, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99919521

Il crimine d’aggressione e la Conferenza di Kampala

Durante la Conferenza di Roma per l’istituzione della Cpi, si erano registrate forti tensioni in merito all’inclusione dell’aggressione tra i crimini di competenza della Corte. L’idea che la guerra di aggressione non fosse più solo un illecito dello Stato, ma determinasse anche una responsabilità di tipo individuale, incontrò la reticenza degli Stati.

La previsione rimase, dunque, priva di contenuto fino a quando, nel 2010, durante una conferenza tenutasi a Kampala, si concordò tra gli Stati una definizione di aggressione, che venne inserita nell’art. 8 bis. La norma entrò in vigore, dopo un lungo e complesso iter, solo nel 2018, ma la sua concreta applicazione non è affatto agevole.

Infatti, la Corte è competente per l’eventuale responsabilità penale individuale per gli atti di aggressione commessi sui territori degli Stati Parte dello Statuto a condizione che sia lo Stato aggressore che quello aggredito abbiano ratificato l’emendamento di Kampala.

Inoltre, a differenza di quanto avviene per gli altri crimini di natura internazionale, per i quali l’individuo può essere perseguito indipendentemente dall’imputabilità dello Stato, la responsabilità individuale per il crimine di aggressione è strettamente connessa alla sussistenza di un atto di aggressione da parte dello Stato: in questo unico caso, la perseguibilità dell’autore materiale del crimine è subordinata all’esistenza di un atto statale di aggressione.

By OSeveno – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=81297450

L’operatività della Corte oggi

Ad oggi sono 124 gli Stati parte dello Statuto di Roma, trattato che assegna alla Corte la competenza a perseguire i crimini di genocidio (art. 6), i crimini contro l’umanità (art. 7), i crimini di guerra (art. 8) ed il crimine di aggressione (art. 8bis).

L’azione della Cpi è però indebolita dalla mancata adesione delle grandi potenze allo Statuto: dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, solo Francia e Regno Unito hanno ratificato lo Statuto, mentre gli Stati Uniti lo hanno firmato nel 2001 (amministrazione Clinton) per poi ritirare la firma nel 2002 (amministrazione Bush). Anche la Russia, che ha firmato lo Statuto nel 2000 senza mai ratificarlo, ha ritirato la firma nel 2016 a seguito della pubblicazione delle conclusioni preliminari sulle indagini condotte in Ucraina. La Cina, invece, non ha mai firmato lo Statuto di Roma.

Preoccupano inoltre i casi di recesso (art. 127 dello Statuto): oltre al Burundi e alle Filippine, che non sono più parte dello Statuto di Roma, anche il Sudafrica e il Gambia avevano notificato la loro intenzione di recedere dal trattato nel 2016, pur non avendo poi finalizzato il procedimento di recesso.

Nel corso degli ultimi anni anche altri Stati africani hanno assunto una posizione critica verso l’operato della Corte, accusata di aver adottato nei loro confronti un atteggiamento “neo coloniale” a causa dell’elevato numero di procedimenti avviati nei confronti di Capi di Stato o di governo africani.

Da un punto di vista culturale, gli Stati del continente africano mostrano da sempre una certa reticenza ad accettare la norma dello Statuto di Roma in virtù della quale la Corte esercita il proprio potere giurisdizionale sugli individui anche qualora questi siano organi statali, inibendo la possibilità per gli stessi di invocare le immunità funzionali e personali, anche se si tratta di Capi di Stato o di Governo (art. 27 Statuto).

Il caso più noto è certamente quello del mandato di arresto emesso nei confronti del Presidente sudanese Al-Bashir, ma non è l’unico: nel 2011 venne emesso un mandato d’arresto nei confronti di Gheddafi mentre questi ancora rivestiva la sua carica. Lo scorso anno, inoltre, è stato emesso un mandato di arresto nei confronti del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin (17 marzo 2023), mentre nei confronti dell’attuale Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è stata solo avanzata la richiesta di emissione.

L’escalation della situazione ucraina

Attualmente, numerosi sono i casi pendenti dinanzi alla Corte, ma i riflettori sono comprensibilmente puntati sulle indagini in corso in Ucraina e in Palestina.

Già nell’aprile del 2014 l’Ucraina, che non è parte dello Statuto, aveva operato una dichiarazione di accettazione ad hoc della competenza della Corte (ex art. 12, par. 3) per gli atti commessi sul suo territorio dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014 con rispetto alla violenta repressione delle manifestazioni di piazza ad opera del governo del Presidente Janukovic. Nel 2015, in seguito alla crisi in Crimea e nella regione del Donbass, l’Ucraina aveva, con una nuova dichiarazione, esteso l’accettazione della competenza della Corte su tutti i crimini commessi sul suo territorio dal 20 febbraio 2014 in poi (dichiarazione ad hoc dell’8 settembre 2015).

Nel dicembre del 2020 l’ufficio del Procuratore annunciava che, dalla conclusione dell’esame preliminare, erano emerse basi ragionevoli per ritenere che nel contesto della situazione in Ucraina fossero stati commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il 28 febbraio 2022 il neo-eletto Procuratore della Cpi, Karim Khan, ha dichiarato che avrebbe aperto un’indagine al più presto e il 2 marzo 2022, sulla base delle segnalazioni ricevute da più Stati, l’indagine è stata aperta ufficialmente.

Il 17 marzo 2023, la II Camera preliminare della Corte ha emesso due mandati di arresto a carico del Presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin e della Commissaria per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del Presidente della Federazione, Maria Alekseyevna Lvova-Belova, sostenendo che vi fossero ragionevoli motivi per ritenere ciascun indagato responsabile del crimine, rientrante tra i crimini di guerra, di deportazione e trasferimento illegale di popolazione, dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa, nel caso di specie in pregiudizio di bambini ucraini.

Alla luce di quanto si è detto in merito al crimine di aggressione, occorre specificare che né l’Ucraina né la Russia hanno ratificato l’emendamento di Kampala, dunque la Corte non avrebbe potuto conoscere dell’eventuale crimine di aggressione.

By International Criminal Court – ICC Visual Identity, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=141892600

La complessità del caso palestinese

L’indagine in corso sulla situazione in Palestina, dal punto di vista legale, presenta numerose complessità, tra le quali la necessità di ricondurre i territori occupati secondo le linee del 1967, corrispondenti a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est, sotto la giurisdizione della Corte. Lo stato di occupazione e il controverso dibattito in corso circa lo status della Palestina, enfatizzato dall’assenza di un consistente riconoscimento internazionale della stessa, aveva per lungo tempo impedito che questa potesse accedere ad efficaci forme di protezione sovranazionale.

A seguito dell’accettazione da parte della Palestina della giurisdizione della Cpi (art. 12 par. 3 Statuto) per i presunti crimini commessi “sul territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme est, dal 13 giugno 2014”, lo Stato di Palestina è stato in grado di aderire allo Statuto di Roma depositando il proprio strumento di adesione. Per la prima volta la Palestina si univa, non come osservatore ma come membro, ad una struttura sovranazionale.

La complessità della situazione legale ha richiesto l’apertura, nel 2015, di un esame preliminare per determinare se i criteri statutari per l’avvio di un’indagine sulla situazione palestinese, con riguardo alla giurisdizione, alla ammissibilità e agli interessi della giustizia (art. 53 par.1 Statuto) fossero rispettati.

È stato necessario anche un successivo pronunciamento della I Camera preliminare per chiarire la portata territoriale della giurisdizione della Corte in questa situazione. Nel marzo 2021 il Procuratore, basandosi sulla decisione della Camera preliminare I (febbraio 2021) che sanciva la possibilità per la Corte di esercitare la propria giurisdizione penale sui territori di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est, ha annunciato l’apertura di un’indagine sulla situazione in Palestina, implicitamente riconoscendone la “statualità” esclusivamente ai “fini” dell’esercizio della giurisdizione della Corte.

Lo stabilimento della giurisdizione della Corte sugli eventi che hanno avuto luogo nei territori palestinesi, nonostante la mancanza di consenso internazionale riguardo al suo riconoscimento formale come entità internazionale autonoma, ha segnato un momento cruciale nella storia palestinese, consentendole di accedere ad un meccanismo di tutela giurisdizionale.

Infatti, a seguito delle segnalazioni sulla situazione in Palestina che nel novembre 2023 sono pervenute alla Corte da parte di Sudafrica, Bangladesh, Bolivia, Comore e Gibuti, l’Ufficio ha confermato come un’indagine fosse già in corso e che sarebbe stata estesa all’escalation di ostilità e violenza verificatasi dopo gli attacchi del 7 ottobre.

Attualmente, ci si domanda se i mandati d’arresto richiesti dal Procuratore alla I Camera preliminare il 20 maggio 2024 rappresenteranno un punto di svolta per il conflitto in corso a Gaza oppure no.

Con otto capi d’imputazione, tra condotte integranti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, la richiesta di mandato è stata avanzata nei confronti di tre esponenti della leadership di Hamas, Yahya Sinwar, Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri (Deif) e Ismail Haniyeh. Con sette capi d’imputazione tra crimini di guerra e crimini contro l’umanità, un’ulteriore richiesta è stata avanzata per ottenere l’autorizzazione ad emanare mandati d’arresto nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del Ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.

Spetterà ora ai giudici della I Camera preliminare valutare se gli standard necessari per l’emissione dei mandati siano stati soddisfatti.

Foto in evidenza: By Foreign and Commonwealth Office – Day of International Criminal Justice, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=75008213: Foto nell’articolo: 1) By Coalition for the ICC / Wim Van Cappellen – September 2004: ICC Assembly of States Parties to the Rome statute, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99919521; 2) By OSeveno – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=81297450; 3) By International Criminal Court – ICC Visual Identity, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=141892600

La newsletter di Aliseo

Ogni domenica sulla tua mail, un'analisi di geopolitica e le principali notizie sulla politica estera italiana: iscriviti e ricevi in regalo un eBook di Aliseo

Daria Luisa Petrucci

Daria Luisa Petrucci

Avvocato. EU law Phd candidate. Specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Appassionata di geopolitica, relazioni internazionali e diplomazia.

Dello stesso autore

In evidenza

Aliseo sui social