Continua l’approfondimento dei legami economici e politici tra l’Italia e l’Albania dopo la firma ad Abu Dhabi di una partnership strategica per rafforzare la cooperazione tra i due Stati nel campo delle infrastrutture energetiche e delle energie rinnovabili.
Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno preso parte alla firma dell’accordo, che garantirà all’Italia il rifornimento, attraverso cavi sottomarini, di una parte significativa dell’energia elettrica che verrà prodotta in Albania attraverso il solare fotovoltaico e l’eolico.
Per il governo di Giorgia Meloni si tratta del secondo accordo stipulato con l’Albania dopo quello per la costruzione dei centri di detenzione per i migranti – un patto “esclusivo” per Roma a detta del premier albanese Edi Rama – che dimostra la crescente vicinanza politica tra i due Paesi del Mediterraneo.
Perché l’Albania ha bisogno dell’Italia e viceversa
Per l’Italia, l’Albania rappresenta, insieme alla Serbia, il pilastro dei Balcani e dunque, in ultima istanza, della sua politica estera verso questa regione, che in linea d’aria, dalle coste dell’Italia orientale, dista solamente poche centinaia di chilometri.
L’Adriatico è infatti un mare “conteso”, più degli altri che circondano la Penisola, perché stretto e abitato, lungo la sponda balcanica, da una congerie di popoli e soggetti statuali. Il canale d’Otranto è la via d’accesso a questo mare, ed è un imperativo strategico per l’Italia mantenerlo aperto e sicuro.
Per tale ragione, storicamente Roma ha sempre guardato ai Balcani come a una regione fondamentale per la sua sicurezza nazionale. Mantenere buoni rapporti con i popoli che vi abitano è sempre stata una costante della politica estera italiana fin dal momento della sua unità nazionale.
In questo senso, l’Italia è sempre stata una grande sostenitrice dell’allargamento dell’Unione Europea alla regione. Roma ritiene infatti che gli interessi nazionali in gioco nell’area balcanica, insieme alla stabilità politica della stessa, sarebbero meglio tutelati se i Paesi che la abitano prendano parte al processo d’integrazione comunitaria.
L’Albania è candidata all’ingresso nell’Unione Europea dal 2014, ma non avendo ancora raggiunto i requisiti necessari, l’iter è bloccato. È proprio a Roma che Tirana guarda per ottenere una sponda utile per l’ingresso nell’Ue – un desiderio condiviso dalla stragrande maggioranza del popolo albanese.
Varie ragioni di natura politica, economica e sociale continuano, tuttavia, a rallentare il processo di adesione. Intanto, di fronte alla crescente polarizzazione del sistema internazionale – che per molti Paesi richiede una scelta di campo – l’Albania rischia di scivolare nell’orbita della Turchia, l’altra potenza in competizione con l’Italia per l’influenza su Tirana.
L’influenza della Turchia sull’Albania
Ankara negli ultimi anni ha dimostrato un interesse attivo verso l’Albania, portato avanti principalmente attraverso investimenti crescenti nel Paese e l’instaurazione di legami di natura economica e militare. Il senso della penetrazione turca nel Paese balcanico ha a che fare con il suo alto valore strategico.
Innanzitutto, per la Turchia mettere le tende in territorio albanese è utile ad accerchiare la Grecia – nemico storico di Ankara – e minacciarla da nord. In secondo luogo, è fondamentale come ponte per favorire la sua penetrazione nella penisola balcanica, in particolare verso la Bosnia.
Dato questo obiettivo, la Sublime Porta parte avvantaggiata, dal momento che condivide con l’Albania la fede religiosa (la maggioranza degli albanesi è musulmana) e presenta sul proprio territorio una delle più grandi e antiche diaspore albanesi del mondo, che conta numeri nettamente maggiori rispetto a quella stanziata in Italia.
Gli strumenti di Ankara si dotano poi anche del dispositivo militare, visto che la Turchia partecipa all’addestramento delle forze armate albanesi all’interno del contesto della Nato – un ruolo che in passato apparteneva all’Italia – e vende equipaggiamento militare (come i famosi droni Bayraktar Tb2) a Tirana.
Dal lato degli investimenti culturali e/o economici, Ankara è stata una dei principali finanziatori della ricostruzione albanese dopo il terremoto del 2019, oltre che della grande moschea di Tirana, la più grande di tutti i Balcani. In più, i commerci tra i due Paesi sono cresciuti di svariati milioni di dollari negli ultimi quattro anni.
Tenuto conto di questo, il rischio che l’Albania possa scivolare all’interno della sfera d’influenza turca, soprattutto a causa delle lungaggini burocratiche previste per entrare a far parte dell’Ue – una membership che avvicinerebbe Tirana in via definitiva e quasi esclusiva a Roma – è più che concreta.
«Abbiamo altri 20 anni di euro-ottimismo e spero che entro quella data abbiate mantenuto la vostra promessa» diceva nel 2023 Edi Rama al Bled Strategic Forum in Slovenia, riferendosi alla promessa dell’allora presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che aveva designato il 2030 come deadline per l’ingresso dell’Albania nell’Ue.
Il futuro dell’Albania all’interno dell’Unione, dunque sotto il cappello italiano, o della sfera di influenza turca dipenderà in larga misura dalla proattività di questi due attori. Data la parabola positiva dei rapporti politici tra Roma e Tirana degli ultimi anni, non si può certo dire che oggi la Penisola non stia facendo nulla per “intestarsi” il futuro dell’Albania.
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