Una nuova legge da poco approvata dal parlamento lituano permetterà ai soldati e alle guardie di frontiera di stanza lungo il confine con la Bielorussia di respingere e riportare indietro i migranti che tentano di introdursi illegalmente nel Paese baltico.
Le disposizioni sono da intendere nel contesto della crisi migratoria tra Bielorussia e Unione Europea, iniziata nel 2021 con la decisione di Minsk di agevolare il trasferimento di decine di migliaia di persone dal Medio Oriente indirizzandole verso i confini polacchi, lituani e lettoni.
La decisione del Seimas di Vilnius è stata criticata da varie Ong – tra le quali Amnesty International – che sottolineano come i migranti rischino di essere soggetti a violenze o altre violazioni di diritti umani durante le procedure di respingimento. Anche il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa ha recentemente criticato la Lituania per il trattamento riservato ai richiedenti asilo nelle carceri e in altri centri di detenzione.
D’altro canto, per Vilnius la crisi migratoria è stata ideata dalla Russia ed è assimilabile ad una “guerra ibrida” che vede l’uso dei migranti per esercitare pressioni politiche e destabilizzare l’intero continente. Con questa motivazione, oltre ai respingimenti, il Paese ha ultimato la costruzione di una recinzione alta 4 metri e lunga 550 chilometri per delimitare il confine con la Bielorussia. Inoltre, già nel 2017 era stata costruita una barriera simile al confine con la Russia – ovvero con l’exclave di Kaliningrad – dopo alcune tensioni dovute a delle manovre militari di Mosca.
Queste politiche sono conseguenza della percezione della Russia come minaccia esistenziale, sentimento acuito dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e portato al parossismo con gli eventi iniziati nel febbraio 2022: oggi l’obiettivo principe di Vilnius – così come delle altre Repubbliche baltiche e della Polonia – è quello di impedire e contrastare con ogni mezzo qualsiasi tentativo di Mosca di mettere fine all’indipendenza del Paese.
La Lituania nella Nato
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 il Paese ha seguito in modo deciso le varie tappe dell’integrazione nelle istituzioni occidentali che l’hanno portato ad aderire all’Alleanza Atlantica e all’Unione Europa nello stesso anno, il 2004.
Da quel momento in poi Vilnius ha fatto affidamento sulla Nato e sull’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico come garanzia della propria sicurezza. Dal 2014 il piccolo Paese baltico sta assumendo un ruolo sempre più rilevante all’interno dell’Organizzazione: consideriamo a supporto i seguenti tre elementi.
In primo luogo, nell’ultimo decennio la percentuale del Prodotto Interno Lordo destinata alle spese per la Difesa è aumentata notevolmente. In prospettiva, secondo l’Integrated Country Strategy del Dipartimento di Stato americano, Vilnius arriverà a destinare entro il 2030 il 2,5% del proprio Pil in questo settore, andando ben oltre l’obiettivo fissato dalla Nato del 2%. Inoltre, i maggiori investimenti risultano utili per risolvere il problema dell’obsolescenza tecnologica che affligge da tempo gli armamenti ed equipaggiamenti delle forze armate.
Secondariamente, con la guerra in Ucraina, i Paesi dell’Europa orientale hanno assunto un particolare peso strategico in seno all’Alleanza per la loro vicinanza alla Russia. Questo è confermato dal nuovo Concetto Strategico della Nato approvato nel giugno 2022 in occasione del summit di Madrid. Il documento propone la difesa dei Paesi dell’Europa orientale tramite la deterrenza, vale a dire un maggior dispiegamento di forze convenzionali, il potenziamento di alcuni battlegroups e una serie di esercitazioni congiunte.

Oggi sul territorio lituano sono presenti circa 7.000 soldati dell’Alleanza, di cui 1.500 tedeschi, ma il governo spinge anche per incrementare la difesa aerea dei tre Baltici tramite aerei da guerra e nuovi sistemi difensivi a lungo raggio.
Infine, Vilnius ha sostenuto con convinzione e sin dal suo lancio nel 2018 la “Cooperazione strutturata permanente” – Permanent Structured Cooperation o PESCO – un’iniziativa dell’Ue nell’ambito della Politica di sicurezza e di difesa comune e utile per il Paese per contrastare minacce “ibride” relative alla sicurezza energetica e cibernetica.
Ombre russe sulla Lituania
Per anni la Lituania – così come Lettonia, Estonia e Polonia – hanno denunciato il pericolo di eventuali azioni ostili di Mosca, in un contesto in cui molti Paesi dell’Alleanza vedevano nella Russia un importante partner commerciale imprescindibile per i fabbisogni energetici nazionali. Inoltre, gli Stati Uniti poco più di dieci anni fa lanciavano la politica del “reset” per migliorare le relazioni tra le due potenze dopo il conflitto in Georgia nel 2008.
L’invasione dell’Ucraina conferma e “premia” l’atteggiamento tenuto da anni dai Baltici, ancora oggi in prima linea nel chiedere maggiori sforzi all’Alleanza Atlantica per garantire la sicurezza dell’area. Secondo il National Threat Assessment 2022 del servizio di intelligence lituano, la Russia è oggi una minaccia non solo dal punto di vista convenzionale ma anche per le campagne di disinformazione che porta avanti insieme a Minsk, per le iniziative di spionaggio, gli attacchi cibernetici e, come abbiamo visto, per tentativi di “guerre ibride” attraverso la leva migratoria.
Un’altra strategia di Mosca è quella di usare come pretesto la tutela delle minoranze russe presenti in alcuni Paesi per compiere azioni militari, così come è avvenuto in Georgia nel 2008 e nella stessa Ucraina. In questo contesto, è necessario considerare una particolarità che oggi rappresenta un punto di forza per la Lituania: il Paese, se confrontato con i vicini, è etnicamente piuttosto omogeneo. Infatti, la minoranza russa che costituiva circa il 10% della popolazione nel 1989 è oggi inferiore al 5%, a fronte del 24% e 25% rispettivamente in Estonia e Lettonia.
Vilnius è poi impegnata contro Minsk non solo per la questione dei migranti ma anche perché, dopo le elezioni in Bielorussia nel 2020 e la successiva repressione dei manifestanti, ospita in esilio la leader dell’opposizione ad Alexander Lukashenko, Sviatlana Tsikhanouskaya.
La sfida a Pechino
Già nel 2021 la Lituania è finita ai ferri corti con la Cina, dopo la decisione di ospitare una delegazione taiwanese sul proprio territorio usando la formula “Ufficio di rappresentanza di Taiwan”, anziché di “Taipei”, forma comunemente scelta dagli altri Paesi.
In questo modo, il governo ha voluto dare legittimazione e una parvenza di indipendenza all’isola che Pechino considera sotto la propria sovranità. In aggiunta, il governo lituano ha denunciato pubblicamente la Repubblica Popolare di spionaggio tramite cellulari di fabbricazione cinese e ha ritirato la propria partecipazione dal “format 17+1”, ovvero una piattaforma di cooperazione tra i Paesi dell’Europa centro-orientale e la Cina.
Infine, da febbraio 2022, Vilnius è stata in prima linea per supportare la resistenza ucraina mediante raccolte fondi, donazioni di vari materiali bellici e altri viveri e, dopo che circa 4 milioni di cittadini ucraini hanno lasciato il proprio Paese, la Lituania ne ha accolti 67 mila, i quali oggi rappresentano il 2,4% dell’intera popolazione del Paese.
La recente proposta da parte del governo di limitare l’insegnamento del russo nelle scuole è una delle testimonianze del forte sentimento nazionalista e antirusso che si è acuito nella popolazione negli ultimi anni, quest’ultima impaurita di perdere le libertà acquisite e di veder terminare il forte sviluppo economico che ha interessato il Paese: negli ultimi 30 anni, la Lituania è il Paese europeo dove i salari sono cresciuti di più.
“Il luogo più pericoloso sulla Terra”
Dal punto di vista geopolitico, il Corridoio di Suwalki è di capitale importanza sia per la Nato che per la Russia. Questa striscia di terra, larga 65 chilometri e lunga 100, delimita il confine tra Lituania e Polonia e divide l’exclave russo di Kaliningrad dal territorio bielorusso, rappresentando l’unico passaggio terrestre che permette il collegamento tra le Repubbliche baltiche e il resto degli Stati della Nato e dell’Unione Europea. Si pensa che, se Mosca volesse intraprendere delle ostilità contro Vilnius, Riga e Tallinn, come prima mossa cercherebbe di occupare questo lembo di terra, isolando di fatto i tre Baltici.

Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e considerando le caratteristiche di Kaliningrad, sede del quartier generale della Flotta del Baltico e dove sono stanziate alcune migliaia di soldati – oltre a ordigni nucleari – molti analisti ritengono Suwalki il “tallone d’Achille” dell’Alleanza e il “luogo più pericoloso sulla Terra”, date le difficoltà operative che dovrebbero affrontare le forze della Nato per respingere un’eventuale offensiva russa.

Tra giugno e luglio del 2022 la tensione era aumentata in questa zona dopo la decisione del governo di Vilnius di interrompere il transito ferroviario delle merci russe verso il territorio di Kaliningrad, implementando alcune sanzioni imposte dell’Ue. Dopo le minacce da parte del Cremlino, la situazione di stallo si era protratta per alcuni giorni e fu risolta solo dopo l’intervento della Commissione europea che intimava alla Lituania di consentire il passaggio delle merci.
Foto in evidenza: “Lithuanian, U.S. Commanders discuss tactics during Combined Resolve II” by 7th Army Training Command is licensed under CC BY 2.0. By Ministry of National Defence Republic of Lithuania – Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=55974611