Ogni giorno, dalle rovine dei castelli portoghesi delle isole di Qeshm e Hormuz, รจ possibile osservare le gigantesche petroliere che, attraversando lโomonimo stretto, fanno da tramite trai terminali di gas naturale e petrolio del Golfo Persico e i paesi utilizzatori. Il braccio di mare misura 45 chilometri nel suo punto piรน stretto, in corrispondenza dellโisola di Qeshm e il suo controllo รจ di vitale importanza negli equilibri della regione medio-orientale proprio per la grande quantitร di risorse naturali che vi transita ogni giorno.
Dopo un secolo e mezzo di dominio portoghese, tra 1507 e 1662, le isole principali caddero nelle mani dellโImpero Savafide, passando per le mani dello Sciร in quelle del paese degli Ayatollah. LโIran, che non puรฒ prescindere dal mettere lo stretto al centro della sua strategia, occupa anche le tre isole Abu Musa, Grande Tunb e Piccola Tunb, nella zona settentrionale, dopo averle strappate nel 1971 alla sovranitร inglese (attualmente le isole sono rivendicate anche dagli Emirati).
Hormuz di gas e petrolio
Attraverso lโesiguo corridoio di acque internazionali, nel 2018 sono passati ogni giorno 21 milioni di barili di petrolio, pari, su base annuale, a un quinto del consumo mondiale (un terzo degli interi trasporti marittimi di greggio). Aggiungendo le ingenti quantitร di gas naturale (un quarto del fabbisogno mondiale), รจ chiaro che lo stretto di Hormuz รจ uno dei choke point piรน importanti del pianeta. Dal collo di bottiglia, le petroliere raggiungono lโOceano Indiano per arrivare ai consumatori dellโestremo oriente (Cina, India, Giappone e Corea in primis) ma anche ai porti occidentali, passando attraverso il Golfo di Aden e poi per Suez.
Paesi come il Qatar, che fondano la propria economia sulle esportazioni di gas naturale liquefatto, sono fortemente legati alle sorti dello stretto. Un potenziale sbarramento dei traffici avrebbe un impatto fortissimo su moltissime delle economie globali, tagliando uno dei canali piรน importanti di approvvigionamento e determinando rialzi dei prezzi immediati a 150-175 dollari al barile. Le tensioni tra Iran e Usa nei giorni seguenti l’uccisione del generale Sulejmani, da sole furono in grado di rialzare il prezzo del petrolio fino a picchi del 3-5%, poi rientrati quasi totalmente nel corso della de-escalation.
La difficoltร di creare canali di diffusioni alternativi a causa del contesto geografico e politico, insieme alla ridotta spare capacity(capacitร inutilizzata) del mercato attuale, fanno dello stretto di Hormuz uno snodo imprescindibile nella strategia di tutti gli attori internazionali, regionali e non. Nonostante la rivoluzione del petrolio shale, che negli ultimi anni ha trasformato lโAmerica da consumatore a esportatore, anche i mercati occidentali potrebbero essere colpiti da unโinterruzione del traffico nello stretto; lโItalia ad esempio, nel 2019 ha importato dal Medio Oriente (Iraq e Arabia Saudita), il 29,3% del petrolio utilizzato durante lโanno.
In seguito alle intenzioni di distensione dellโamministrazione Obama, la presidenza Trump ha deciso di riprendere la linea dura con Teheran, con un regime sanzionatorio che ha avuto pesanti ricadute sullโeconomia iraniana, annunciato dal ritiro dallโaccordo Jcpoa sul nucleare, iniziando una politica di โmassima pressioneโ sul paese degli Ayatollah. Il 20 giugno del 2019 la tensione si รจ acuita con lโabbattimento di un drone spia statunitense RO-4A, reo, a detta dellโIran, di avere sconfinato nel suo spazio aereo. Il 20 luglio Teheran ha poi sequestrato, come reazione ad unโazione analoga a suo danno avvenuta a Gibilterra negli stessi giorni, la petroliera britannica Stena Impero mentre attraversava il collo di bottiglia.
Allโinterno di questo crescendo di tensioni, culminato con lโassedio dellโambasciata USA di Baghdad e lโuccisione del Generale Sulejmani, si inquadra la crescente militarizzazione dello stretto. La mai risolta questione della navigazione da parte di navi americane nello stretto รจ ancora un fattore importante da valutare, dato che una complessa situazione di diritto del mare (nรฉ Teheran, nรฉ Washington hanno firmato ย la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare) permette allโIran, come paese costiero, di fare del passaggio nello stretto una questione di sicurezza nazionale e di avanzare persino pretese di interdire il traffico a vascelli da guerra americani.
Secondo il comando navale americano, solo negli ultimi 3 anni, si sono verificate decine di interazioni pericolose tra navi americane ed iraniane, alcune sfociate in potenziali crisi come lโarresto di 10 marinai americani nel 2016. Gli Stati Uniti, nel luglio del 2019, hanno risposto proponendo lโinvio di forze internazionali per scortare la navigazione nello stretto di Hormuz, proposta rilanciata da Italia, Gran Bretagna e Danimarca dopo il sequestro della Stena Impero, paventando una missione di sole forze europee il cui destino dipende dai recenti sviluppi della situazione regionale.
Iran: una collettivitร appollaiata sullo stretto di Hormuz
Naturalmente il choke point di Hormuz รจ fondamentale nella strategia iraniana. LโIran ha infatti grande capacitร (almeno potenziale) di interdizione sullo stretto, che potrebbe essere esposto ad eventuali attacchi con una temporanea chiusura del traffico. Nel contesto della sua strategia di guerra navale asimmetrica, Teheran ha puntato molto sullo sviluppo di sistemi arma eterogenei, come mine marine, agili imbarcazioni con o senza equipaggio e sottomarini leggeri, il tutto ovviamente sotto lโombrello dei letali missili iraniani, vera eccellenza delle forze armate persiane.
Il Mit (Massachusettsย Institute of Technology) ha stimato che le sole operazioni di sminamento per riaprire lo stretto potrebbero durare dai 40 ai 120 giorni. Lo stop ai traffici, secondo un rapporto del Nasdaq del 2012 potrebbe portare il prezzo del greggio fino alle cifre allucinanti di 440 dollari al barile, con ovvie conseguenze sui mercati globali oltre che sulle economie che vivono del petrolio del Golfo โ anche se รจ da notare che il rapporto non tiene conto del raggiungimento dellโautonomia da parte USA.
Altra arma a disposizione di Teheran รจ quella di utilizzare la compagnia nazionale esportatrice di petrolio, la Nioc, per contrabbandare illegalmente il petrolio, vendendolo ad un prezzo di favore ai mercati asiatici e alterando delicati equilibri commerciali (si stima che la Nioc possa vendere ad un prezzo intorno ai 50 dollari a barile). LโIran, che giร nel 2012 aveva fatto pesante ricorso a questo tipo di scappatoia contro le pesanti sanzioni americane, non ha mai cessato di utilizzarla, anche se le sanzioni dellโamministrazione Trump potrebbero avere come risultato quello di implementare questa pratica e forse(almeno secondo il fronte ribassista dei bullish) รจ proprio a questa pratica che si deve la diminuzione delle esportazioni ufficiali di greggio dallโIran negli ultimi due anni.
Alle possibili limitazioni sulla navigazione americana nello stretto si potrebbero aggiungere degli โinvitiโ alle marine russa e cinese. Un precedente sono gli sviluppi dellโoperazione Cintura di Sicurezza marina, svoltasi tra 27 e 30 dicembre di questโanno nel Golfo dellโOman (pochi km oltre lo stretto di Hormuz) che ha visto la partecipazione di imbarcazioni cinesi e della Federazione russa. Lo specchio dโacqua risulta inoltre utile alla duplice funzione di proiezione delle forze armate iraniane verso altri contesti (come fatto in Oman durante gli anni โ70) e di prima linea di difesa in caso di invasione. La mira mai accantonata di Teheran di qualificarsi come egemone della regione e contraltare allโingerenza USA passa per il raggiungimento della condizione di decidere sul chi possa o meno attraversare lo stretto, con la possibilitร di tendere agguati alle imbarcazioni ostili โ condizione che non รจ al momento quella di Teheran e che genererebbe sicuramente una reazione militare imponente da parte americana.
Allo stesso modo di come rappresenta un moltiplicatore di potenza, tuttavia, lo stretto di Hormuz รจ anche un limite ed una vulnerabilitร per lโIran. La quasi totalitร delle infrastrutture marittime iraniane si trova nello stretto, con lโeccezione della costruzione del grande porto di Chabadar nel mare di Oman, che tuttavia risulta ancora in costruzione. Il commercio del paese, sia in entrata che in uscita, รจ fortemente legato alle sorti dello stretto.
Il 55% delle importazioni passa per il porto di Bandar Abbas, il maggiore di quelli affacciati su Hormuz, cifra che sale allโ80% se vengono conteggiate tutte le istallazioni portuali che potrebbero essere interessate da un eventuale blocco dei traffici. Se le conseguenze di una crisi nella regione portassero ad un escalation militare tale da rendere troppo pericolosa la navigazione attraverso il collo di bottiglia, la Repubblica islamica, potrebbe essere paradossalmente trai paesi piรน colpiti. In secondo luogo รจ da considerare che a essere colpiti molto duramente sarebbero anche dei partner di cui lโIran non puรฒ fare a meno, in primis Cina e India, maggiori acquirenti insieme a Corea del Sud del greggio di Teheran.
La chiusura volontaria dello stretto non รจ che da considerarsi unโextrema ratio in un contesto in cui la sicurezza nazionale รจ direttamente minacciata. La situazione economica iraniana non รจ delle migliori in seguito alle sanzioni disposte nel 2018 dellโamministrazione Trump, cui si aggiungeranno quelle annunciate ieri dal responsabile del tesoro americano Steven Munchin.
Nonostante lโutilizzo dei canali non legali per la vendita del petrolio, le esportazioni hanno subito un calo importante. Il โcordone sanitarioโ finanziario inoltre rende molto difficili le transazioni economiche, che richiedono dei passaggi esterni in luoghi come Cipro e Dubai, scoraggiando la libera impresa. Aumento dei prezzi(nel caso dei generi alimentari addirittura del 62%) e delle disoccupazione sono stati certamente il risvolto piรน duro delle sanzioni americane, contribuendo a sclerotizzare un malessere sociale che proprio nella regione dello Hormogzan(quella dello stretto) si manifesta in tutta la sua problematicitร .
La situazione mediorientale รจ fortemente complicata dallโintrecciarsi di interessi differenti intorno alle direttrici che attraversano il collo di bottiglia dello stretto di Hormuz, i cui traffici interessano nazioni distanti migliaia di chilometri. I precari equilibri della regione tuttavia, sebbene vessati dalle ataviche ostilitร degli attori e dai sogni di egemonia regionale dei diversi contendenti, sembrano destinati a superare la crisi con cui si รจ aperto il 2020.
Eppure lโincertezza resta, complice la morte, avvenuta il 10 gennaio 2020, del Sultano dellโOman Qabus, storicamente equidistante. Lโunica cosa che รจ ragionevole affermare รจ che sono in molti a necessitare che il corridoio del Golfo resti aperto. Restano comunque diverse possibilitร che potrebbero inficiarne il volume di traffico, nรฉ si sa quali potrebbero essere a lungo andare gli sviluppi della โmassima pressioneโ americana ai danni del governo di Teheran, giร in stato di allerta per la morte di Sulejmani e le tensioni nella capitale.