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Le difficoltà interne di Emmanuel Macron

Il presidente è all’ultimo mandato senza maggioranza parlamentare, stretto tra la destra e la tentazione elezioni

Il presidente francese Emmanuel Macron - Flickr

Lo scontro tra Italia e Francia, avvenuto in seguito allo sbarco a Tolone della nave Ocean Viking carica di migranti, sembra essersi ricomposto. Il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che i 234 immigrati presenti sulla nave della Ong Sos Méditerranée saranno scalati dal computo di quelli che la Francia si è impegnata ad accogliere con il meccanismo europeo di redistribuzione dei migranti. Le cicatrici però rimarranno, così come resta la causa di fondo della durezza della reazione transalpina: l’instabilità politica interna. 

Il sistema costituzionale francese 

Prima di analizzare l’attuale situazione politica, è utile fare una breve spiegazione del sistema costituzionale francese, che è molto differente da quello italiano. La repubblica semipresidenziale ideata da Charles de Gaulle nel 1958 prevede che il presidente della Repubblica sia eletto direttamente dai cittadini e che nomini il primo Ministro.

Il governo non deve avere la fiducia del parlamento, ma quest’ultimo può costringerlo alle dimissioni con una mozione di sfiducia. La differenza è sottile ma non irrilevante: un partito può evitare di schierarsi apertamente con il governo votandogli la fiducia, ma può non votare la mozione di sfiducia di altre opposizioni, giocando per esempio sulle differenze politiche con queste. 

È quanto sta succedendo ora con il partito di centrodestra Les Républicains (LR). Alle ultime elezioni parlamentari infatti, la coalizione centrista di Macron ha ottenuto 245 seggi su 577: una maggioranza relativa, non assoluta. Pertanto, l’esecutivo guidato da Élisabeth Borne è costretto a trovare convergenze con i partiti di opposizione legge per legge. Opposizione che è formata da tre principali blocchi: quello della sinistra, guidato da Jean-Luc Mélenchon, conta su 131 deputati, il Rassemblement National di Marine Le Pen ne ha 89, mentre il centrodestra ne ha 61. Uno scenario frammentato e di non semplice gestione per il governo. 

Macron costretto a compromessi 

Emmanuel Macron non è un personaggio abituato a fare compromessi. Il sistema francese dà al presidente molti poteri (per molti versi addirittura maggiori rispetto al presidente americano) e nella scorsa legislatura ha potuto contare su una confortevole maggioranza, che rendeva il parlamento una sorta di camera di ratifica di ciò che veniva deciso all’Eliseo. In questi 5 anni non sarà così, e sono gli ultimi in cui Macron sarà al potere, visto che nel 2027 non potrà ricandidarsi. Per ora il governo regge, ma è appeso alla volontà di collaborazione dell’opposizione, principalmente dei Les Républicains. 

LR che, dopo la disastrosa candidatura di Valérie Pécresse alle ultime presidenziali, stanno in questi giorni tenendo le primarie per eleggere il nuovo leader. Il favorito è Éric Ciotti, esponente dell’ala destra del partito. Un problema in più per Macron, che rischierebbe così di ritrovare i suoi principali partner su posizioni più dure e vicine alla destra radicale di Le Pen ed Éric Zemmour. È anche per questo che il presidente ha tenuto una posizione dura con l’Italia sul tema dell’immigrazione: non può rischiare di inimicarsi un centrodestra che sta virando più a destra che al centro. 

La costituzione gollista dà però a Macron due grandi armi con cui difendere il suo governo. La prima è l’articolo 49.3, per il quale l’esecutivo, in quanto nominato dal presidente della Repubblica eletto dal popolo, può far passare una legge di particolare importanza senza l’approvazione del parlamento. Il 49.3 può essere sempre utilizzato per leggi di bilancio (lo ha fatto più volte in queste settimane) e una volta all’anno per leggi non finanziarie. 

La seconda è la possibilità per il presidente di sciogliere il parlamento e tornare a elezioni. L’inquilino dell’Eliseo può dunque minacciare le opposizioni di tornare al voto, con il rischio per i deputati di perdere i benefici della loro carica. Secondo alcune indiscrezioni, pubblicate anche su Repubblica, Macron starebbe valutando questa opzione. Da un nuovo voto, non è però affatto detto che uscirebbe un parlamento più macronista dell’attuale. Se le elezioni dovessero essere vinte da una delle opposizioni, il presidente si troverebbe nella scomoda posizione della “coabitazione”, con un primo ministro di area politica ostile. E allora sì che Macron diventerebbe un’”anatra zoppa”, un presidente dimezzato per gli anni del suo ultimo mandato.

Rodolfo Fabbri

Giornalista, da sempre affascinato da storia, geografia e politica. Milanese con esperienze in giro per l'Europa, ho una passione che sfiora la maniacalità per mappe e dati. L'obiettivo che mi pongo è quello di raccontare con equilibrio quel che ci succede intorno. Perché se è vero che nel giornalismo l'oggettività non esiste, ritengo che il nostro dovere sia di fare tutto il possibile per avvicinarvisi

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