Alisei erano i venti che schiusero agli europei le porte del nuovo mondo. Artefici involontari dell’ultima grande rivoluzione geografica e del mutamento antropologico che questa impose all’intera specie. Furono gli alisei a spingere le caravelle di Colombo, Vasco da Gama e Giovanni Caboto nell’età delle scoperte. Dietro a quei legni avanzava il moderno e su di loro l’uomo entrava nella sua prima epoca globale, all’interno della quale esiste tutt’ora.
L’avventura degli scopritori – pericolosa, dura e violenta oltre ogni dire – avveniva però grazie a venti calmi, placidi, costanti. Un’alchimia di sostanze opposte. Da una parte il movimento, il rischio e la volontà di proiettarsi di là del limite, dall’altra il fenomeno naturale, muto, inerte. Dove questa coppia di opposti si è toccata è nato il nostro mondo. Superata la paura del mare degli antichi – decisione primigenia che inizia l’ultima rivoluzione – gli uomini compresero che tra i flutti bisognava affidarsi a ciò che è fisso, lento, ponderato. Nelle onde non c’è spazio per il delirio. In altre parole, le rivoluzioni non si fanno senza criterio.
Questi due elementi, la spregiudicatezza della volontà e la stabilità di un vento calmo, intendiamo portare tra i flutti dell’informazione, onde innescare una rivoluzione che – siamo ottimisti, lo ammettiamo – possa modellare il modo in cui ci si approccia al giornalismo. Navigheremo in un mare inquinato, lo sappiamo. Dall’industrializzazione dell’offerta, dalla frenesia del cronachismo e dallo spettro della manipolazione.
Vogliamo portare in Italia un modo di fare informazione lento, approfondito, di dettaglio. Competere con i canali di informazione non giornalistici – moltiplicatisi esponenzialmente grazie al digitale – non è più compito dei giornali. A noi “professionisti dell’informazione” oggi resta il compito di filtrare le notizie, utilizzarle per comporre un quadro, raccontarvi i perché e i per come. Correre dietro ad una “breaking news” – nella gran parte dei casi tradurre un tweet o qualche riga di un’agenzia estera – non è, nella nostra modesta visione delle cose, pratica di valore giornalistico. Crediamo che al lettore serva un qualcuno che la osservi, la verifichi e tracci i fili rossi che la collegano a ciò che è venuto prima e ciò che verrà dopo.
Crediamo nel giornalismo indipendente, che è una retta tra due punti: chi scrive e chi legge. Tutto il resto è disturbo, interferenza sulla traiettoria. Su questa retta vogliamo che corra una corrispondenza il più fitta possibile. Parlateci, noi faremo altrettanto. Faremo di tutto per darvi sempre la possibilità di contattarci e di farci sapere di quali argomenti volete che vi parliamo. Non siate timidi, perché noi non lo saremo.
“Ciò che è oggi dimostrato fu un tempo solo immaginato.”