“La dignità dell’uomo è intangibile”, così è sancito nel primo articolo del Grundgesetz, la Legge Fondamentale tedesca. L’intangibilità della dignità umana è un unicuum nel panorama costituzionale europeo, figlio degli orrori della seconda guerra mondiale ed estuario di quel fiume filosofico che ha nel Cristianesimo e nell’Illuminismo una duplice sorgente.
La dignità non è un valore esclusivo della modernità, essa affonda le proprie radici nella Roma repubblicana. La Dignitas ciceroniana però, non era un valore universale, bensì un valore profondamente annodato con l’onore degli uomini liberi, ai quali era dato l’onere di provvedere alla res publica. La dignità dunque non si esplica come un carattere antropologico, bensì è un concetto politico che si consegue attraverso il riconoscimento dei propri meriti e delle proprie virtù. La dignitas non è una dote, bensì una conquista, un riconoscimento; essa deve essere costantemente messa alla prova e meritata, come scrive Ridola.
Il Cristianesimo ribalterà tale visione della dignità. La dignità non fu più peculiarità di un’élite, al contrario essendo l’uomo imago Dei, la dignità divenne attributo di tutta l’umanità. Non vi è autodeterminazione, essa non è più un privilegio dei soli uomini liberi, bensì diviene una dote, prerogativa connaturata nell’animo umano. L’uomo diviene il più degno del creato, in quanto prescelto dal Creatore. Le fondamenta su cui si erge la dignità non sono più politiche, divengono teologiche e l’uomo non essendo più conquistatore, diviene depositario di questo marchio indelebile di cui deve essere custode. Non vi sono meriti per tale dignità, essa è una dote che si riceve ex sola gratia, è un dono non ponderabile, prescinde dalla reputazione, essa è la congiunzione con Dio, in quanto plusvalore che ci permette di esistere al mondo, e, prendendo in prestito le parole di Ridola, ci pone nella condizione di “costruire e di conformare la realtà circostante”.
San Tommaso D’Aquino aprì le porte per una nuova prospettiva, pur non abbandonando il tema dell’imago Dei, la filosofia tomista si focalizzò maggiormente sulla vis electiva, divenendo il fulcro della dignità dell’uomo. La capacità di discernere tra il bene e il male è frutto dell’intelletto, ovvero il dono che rende l’uomo degno di Dio. Si deve ordunque meritare la dignità, come scrisse San Bernardo di Chiaravalle, non ci si può acquietare in essa, si deve altresì tendere alla consapevolezza della propria condizione umana.
Il De dignitate hominis (1486) di Pico della Mirandola segnò l’inizio della secolarizzazione della dignità, l’uomo divenne “dio” del proprio mondo, artefice del proprio destino, seppur questo valore rimanesse ancora frutto di un dono divino. Samuel von Pufendorf recise definitivamente il legame con la dottrina dell’imago Dei, poiché tutto quel che è attribuito all’uomo, è sottratto a Dio. La dignità non è ebbe più legami trascendenti, è ora calata nella realtà, è processo empirico, è una conquista della ragione.
Debitore e innovatore di tale visione fu Immanuel Kant, il quale, accantonato il valore teleologico della dignità, la innalzò nuovamente attribuendole un valore intrinseco, la Würde non è più riconducibile a Dio, né tantomeno all’autodeterminazione dell’individuo, essa è un valore in se stessa, spes sibi quisque. La Menschenwürde diviene così un argine alla reificazione dell’umanità, l’uomo non è degno di per sé, egli è degno in quanto parte di una dignità superiore che abbraccia l’intera umanità. La Würde non può essere misurata, né tantomeno bilanciata, essa è fine a se stessa e si concretizza nell’imperativo categorico:
“Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche come scopo, e mai come semplice mezzo.”
Il primo articolo della Legge Fondamentale è figlio di questi due filoni filosofici che, seppur partendo da assunti opposti, si concretizzano nell’assolutizzazione della dignità. Tale principio etico non si esaurisce in una situazione meramente individuale, bensì tende e si esplica attraverso una disciplina oggettiva. La Menschenwürde è il Sole del Grundgesetz, la conforma, la indirizza, la protegge; illumina l’intero ordinamento costituzionale con il proprio sacro fuoco.
La dignità è, dunque, intangibile poiché essenza stessa della Legge Fondamentale e non dovrebbe essere soggetta a bilanciamento o ponderazione poiché non conosce altri limiti se non quelli che essa stessa sì “autopone”. Dare un prezzo alla dignità, quantificarla e sottoporla ad un bilanciamento è un depauperamento della stessa, poiché, riprendendo i Cantos di Ezra Pound, “Il tempio è sacro perché non è in vendita.”
di Lorenzo Della Corte