Non c’รจ pace per il piano europeo da 209 miliardi: l’Italia tentenna su Next Generation EU e pubblica una bozza poco convincente
โMondo di domaniโ, โrinascimento europeoโ, โcondivisione di una direzione di marcia comuneโ. Queste sono alcune espressioni dellโintroduzione della nuova bozza del PNRR per trasmettere lโintenzione dellโItalia di essere protagonista della corsa di tutta lโUnione verso la nuova modernitร . Il Next Generation EU (come spiegato in un precedente articolo) รจ un potenziamento da 750 miliardi di euro del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027. Lโobiettivo che deve guidare i paesi nelle loro riforme รจ quello di avere un โEuropa piรน verde, digitale e resilienteโ; in particolare ogni stato membro deve contribuire a questa missione seguendo le raccomandazioni per paese fornite nel โSemestre Europeoโ del 20 maggio.
LโItalia รจ il paese che piรน di tutti beneficerร di questo strumento, con una dotazione di 209 miliardi di โฌ, e questo equivale sia ad unโopportunitร che ad una responsabilitร . Da un lato vengono messe a disposizione ingenti risorse sia per risollevarsi dalla pandemia che per rilanciare il paese per i prossimi decenni. Dallโaltro vi รจ la responsabilitร che tali risorse rispettino le condizioni appena citate affinchรฉ vengano erogate.
Il contenuto di questa nuova bozza
Rispetto alla bozza di dicembre che definiva soltanto le risorse per ciascuna missione (6) e relative componenti (17), in questa sono precisate le somme rivolte ad ogni singolo progetto. Come fa notare lโOsservatorio dei Conti Pubblici Italiani, vi รจ un netto cambiamento nellโallocazione delle risorse. La differenza che risalta maggiormente รจ quella tra i totali dei due piani: mentre il precedente prevedeva un totale di 196 miliardi, ora si arriva a 223 (+27%). La giustificazione principale di questa variazione รจ che la bozza di dicembre comprendeva solamente i fondi proveniente dalla RFF (Recovery and Resilience Facility) per un totale di 196 miliardi, mentre ora si comprendono anche quelli riferibili al React EU, che aumenterร la dotazione di 14 miliardi. Per gli altri 13 miliardi vi sono due ulteriori ragioni. La prima รจ che alcuni progetti vedranno anche un finanziamento privato che li renderebbe meno gravosi per lo stato; la secondo รจ lโinserimento di alcune alternative a progetti che potrebbero essere rigettati dalla Commissione. Ricordiamo che i progetti dovranno essere approvati dal Consiglio Europeo previa analisi da parte della Commissione Europea.
Difficile interpretare questa scelta alla luce della nostra classe politica: se come una dimostrazione di previdenza per progetti โborder-lineโ oppure come un augurio che le istituzioni europee approvino progetti totalmente disallineati rispetto alle prescrizioni.
Per quanto concerne le ripartizioni fra le varie missioni e componenti vi sono state molteplici variazioni. Gli aumenti hanno riguardato le missioni della sanitร (+10,7), inclusione e coesione (+10,5) e istruzione e ricerca (+9,3); le componenti che hanno subito un calo piรน evidente sono state efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (da 40,1 a 29,4 miliardi) e digitalizzazione, innovazione e competitivitร del sistema produttivo (da 35,5 a 26,7 miliardi). Per entrambe sono stati ridotti gli incentivi sia alle imprese che alle famiglie. Incrementi rilevanti hanno riguardato gli investimenti pubblici, in particolare per innovazione e digitalizzazione dellโassistenza sanitaria (+10 miliardi), turismo e cultura (+4,9 miliardi), istruzione (+10 miliardi) e tutela del territorio e delle risorse idriche (+5,6 miliardi).
Rilevante รจ anche la nuova centralitร della questione legata alle disuguaglianze di etร , genere e territorio. Quello della disparitร intergenerazionale รจ un tema estremamente delicato nel nostro paese, soprattutto alla luce delle nefaste politiche pensionistiche portate avanti da cinquantโanni a questa parte. Nel 2020 il rapporto spesa pensionistica e PIL, come mostra il documento del MEF, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario ha raggiunto il 17% a causa allโazione congiunta della pandemia sui livelli di produzione e di Quota 100. Fino al 2042 avremo un plateau con unโalternanza di contrazione e incremento della spesa, per poi vedere un calo consistente fino al 2070.
Il giogo del nostro sistema pensionistico ha origine โanticheโ. Infatti, prima che entrasse in vigore il sistema di calcolo contributivo nel โ95 grazie alla Riforma Dini, vi sono stati bene ventisei anni di sistema retributivo (legge 30 aprile 1969) che hanno contribuito a produrre le famigerate โpensioni dโoroโ. In questo intervallo furono approvate le lungimiranti baby pensioni (Governo Rumor 1973) per i dipendenti pubblici. Fa da contraltare la Riforma Fornero (2011), viste le recessioni dovute alla crisi finanziaria del 2008 e alla crisi del debito sovrano del 2011. Ultimo, ma non ultimo, per dimostrare la propria vicinanza al popolo e soprattutto alle giovani generazioni, il governo gialloverde ha approvato Quota 100 nel 2019. Risultati: il ricambio lavoratore-pensionato รจ stato inferiore al 40% (si fantasticava di tre nuovi ogni pensionato) ed il sistema previdenziale รจ stato notevolmente appesantito.
La sintesi di questa situazione รจ fornita dal grafico seguente (del 2014) che mostra il divario impressionante nella distribuzione di ricchezza per fasce dโetร in favore degli over 40.
Tendenza aggravatasi negli ultimi anni come testimoniato da un Rapporto Censis-Tendercapital che mostra come โla quota di ricchezza degli anziani sul totale della ricchezza delle famiglie italiane รจ passata in 20 anni dal 20,2% a quasi il 40% del totale. Gli anziani hanno una ricchezza media piรน alta del 13,5% di quella media degli italiani, quella dei millennial รจ inferiore del 54,6%. In venticinque anni la ricchezza degli anziani รจ aumentata in termini reali del +77%, mentre quella dei millennial segna -34,6%โ.
Le dichiarazioni nel PNRR mostrano una totale contrapposizione alla condotta politica degli ultimi cinquantโanni dettata indubitabilmente da esigenze di acquisizione di consenso. Nonostante le parole, ipotizzare una misura che riformi il sistema previdenziale รจ poco realistico perchรฉ rappresenterebbe un suicidio politico. Lโunica ipotesi verosimile รจ quella di intervenire sulle possibilitร per i giovani. Questo vuol dire in primis aumentare la spesa in istruzione, riformare il mercato del lavoro e rendere lโItalia un paese che richiami investimenti capaci di creare occupazione. Finora non vi sono state riforme organiche del mercato del lavoro ma solamente sovrapposizioni di micro-riforme e incentivi a favore delle assunzioni giovanili (presenti anche nellโultima legge di bilancio) per โdrogareโ temporaneamente il mercato e poi far tornare tutto come prima.
Piรน investimenti pubblici con la nostra pubblica amministrazione?
La sezione 1.5 del PNRR sottolinea la massimizzazione degli investimenti pubblici (oltre il 70%) a scapito degli incentivi (ridotti al 21%). Nel documento si spiega che la ragione di tale mutamento risiede nel maggior potere moltiplicativo degli investimenti di natura pubblica rispetto a quelli di natura privata. A suffragio di questa scelta vi sono le stime dellโimpatto calcolate attraverso il modello QUEST III sviluppato dalla Commissione Europea; queste mostrano un sentiero che culmina con una crescita pari al 3% del PIL nel 2026, rispetto allo scenario tendenziale di base.
Come mostra una tabella dellโOsservatorio dei Conti Pubblici Italiani, la differenza rispetto alla precedente bozza di PNRR รจ pari ad un +2,1%.
Vi sono varie assunzioni alla base del modello a giustificazione di un incremento cosรฌ marcato. Prima di tutto gli investimenti pubblici vengono considerati come complementari a quelli privati โnella funzione di produzione delle imprese, ovvero che il capitale pubblico contribuisca in misura significativa e persistente alla produttivitร e alla competitivitร del sistema economicoโ. Ma soprattutto viene loro attribuito un elevato grado di efficienza ed efficacia, derivante dal fatto che questi consisterebbero in grandi opere infrastrutturali sia materiali che immateriali โcon una elevata ricaduta in termini di crescita del prodotto potenzialeโ. Sebbene questo sia vero, รจ necessario specificare che questi effetti si dispiegano soprattutto nel lungo periodo proprio per le proporzioni di tali opere che richiedono un commisurato sforzo sia in termini di progettazione e approvazione che di realizzazione.
Inversamente, gli incentivi che inducono le imprese ad innovare o a rinnovare i propri investimenti nel capitale (come digitalizzazione, innovazione e competitivitร del sistema produttivo) dispiegano i loro effetti molto piรน velocemente giร solo per la maggiore rapiditร nellโattuazione.
Non a caso nel modello รจ stato ipotizzato โun progressivo ma realistico miglioramento dellโattuazione dei progetti da parte delle amministrazioniโ. Ecco un elemento dirimente nella capacitร italiana di utilizzare la facility europea; in particolare nella sua capacitร di impegnare le risorse entro il 2023 e di spenderle entro il 2026. ร bene ricordare infatti che lโattribuzione di fondi รจ vincolata al rispetto delle milestones che verranno presentate nei progetti definitivi per la commissione; progetti che dovranno contenere precise target economici progressivi in funzione dei quali le risorse verranno o meno concesse (per questo si รจ parlato di grande responsabilitร in precedenza). Ecco quindi che nel breve-medio periodo, la lentezza e la farraginositร della nostra burocrazia non solo rischiano di inibire fortemente le prospettive di crescita stimate ma soprattutto compromettere ab origine la ricezione dei fondi da parte di Bruxelles.
Non a caso digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione รจ la prima componente della missione digitalizzazione, innovazione, competitivitร e cultura. Al di lร dei soliti ritornelli sulla digitalizzazione massiccia di processi, condivisione di dati, velocizzazione e snellimento di procedure, cose che in altri paesi sono giร consolidate e non hanno richiesto lโurgenza di una pandemia per essere implementate, i cambiamenti piรน urgenti, a modesto parere di chi scrive, sono quelli a proposito della qualitร del capitale umano e degli incentivi per renderlo efficiente. Nel documento si parla di migliorare la capacitร di reclutamento del capitale umano, di valorizzarlo, e di sperimentare nuovi contesti e metodi lavorativi da poter poi replicare nelle sedi amministrative (soprattutto rispetto a questโultimo punto vi sono non poche perplessitร ).
Proprio la riforma della pubblica amministrazione di cui si discute sin dalla notte dei tempi รจ la condicio sine qua non affinchรฉ la nuova mole di investimenti pubblici riesca a sortire qualche effetto. Una riforma sรฌ nei processi, ma soprattutto nelle figure. Processi digitalizzati e banche dati comunicanti risulteranno inutili se non ci sarร personale competente e soprattutto mosso da un efficace sistema di incentivi affinchรฉ lavori produttivamente. Vedremo se lโurgenza innescata dalla pandemia e la presenza dei vincoli europei sarร in grado di scardinare una tradizione che vedeva e vede tuttโora lโamministrazione solo come un luogo di consolidamento delle proprie rendite di potere e di consenso.
di Enrico Ceci