Nel mese di settembre i rappresentanti dei tre Paesi che compongono l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), Mali, Niger e Burkina Faso, e l’agenzia spaziale russa hanno firmato a Bamako, capitale del Mali, una partnership volta a migliorare le telecomunicazioni e l’accesso a Internet, nell’ottica di rafforzare la sicurezza nella regione.
I tre Paesi dell’Africa occidentale sono attualmente guidati da giunte militari che hanno allentato i legami non solo con gli Stati Uniti e con i Paesi europei ma, in un primo momento, anche con gli altri Paesi africani, per collocarsi all’interno della sfera d’influenza russa.
La partnership rappresenta, di fatto, un ulteriore passo verso un rafforzamento dei legami tra la Russia e i tre Paesi del Sahel che, proprio lo scorso gennaio, hanno annunciato il proprio ritiro dall’Ecowas, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale.
L’Alleanza degli Stati del Sahel: un patto in funzione anti-occidentale
L’Alleanza del Sahel è un patto economico e di Difesa concluso da Mali, Niger e Burkina Faso nel settembre del 2023 a Bamako, con la firma della Carta del Liptako-Gourma. Il trattato apre la strada alla possibilità di procedere verso una maggiore integrazione dei Paesi firmatari, probabilmente mediante l’elaborazione, in futuro, di una politica di sicurezza comune e l’introduzione di una moneta unica. Tra le ragioni ufficiali alla base dell’Alleanza, infatti, vi è la comune necessità di combattere la dilagante violenza dei gruppi jihadisti radicati nei tre Paesi.
Senza ridimensionare la questione della sicurezza comune e l’obiettivo di garantire la stabilità nella regione del Sahel, il fine ultimo della neonata alleanza è da ricercarsi nel passato coloniale dei Paesi della regione e nella volontà di questi ultimi di emanciparsi dall’influenza occidentale.
L’accordo, infatti, mira a prendere le distanze dagli alleati statunitensi ed europei, specialmente dalla Francia, ex dominatrice coloniale dei tre Paesi firmatari che, fino a pochi anni fa, ha mantenuto una forte influenza politica ed economica nei suoi ex territori africani.
Negli ultimi anni, però, la presenza francese in quei luoghi era diventata sempre più sgradita alla popolazione locale e aveva cominciato a ridursi. A seguito della crisi in Mali che, a partire dal 2012, ha destabilizzato e destabilizza tuttora l’intera regione, le relazioni tra la Francia e i Paesi francofoni cominciarono significativamente ad incrinarsi.
L’operazione anti-insurrezionale Barkhane, condotta dal 2014 dall’esercito francese contro i gruppi islamisti della regione, aveva ulteriormente esacerbato le tensioni, conducendo al ritiro delle truppe francesi dal Mali nel 2022.
I rapporti con gli altri Paesi africani
A metà maggio, i ministri degli Esteri dei tre Stati saheliani avevano concordato, a Niamey, capitale del Niger, una bozza di testo per la creazione di una confederazione. Sempre a Niamey si è svolto il 6 luglio 2024 il primo vertice dei capi di Stato dell’Aes che, proprio alla vigilia di un vertice dell’Ecowas, ha riunito Ibrahim Traoré, presidente ad interim del Burkina Faso, il Presidente della giunta militare maliano Assimi Goita e il leader della giunta nigerina Abdourahamane Tchiani.
Precedentemente, l’Ecowas aveva imposto sanzioni separatamente al Niger, al Burkina Faso e al Mali dove, rispettivamente nel luglio del 2023, nel settembre del 2022 e nell’agosto del 2021 si erano verificati dei colpi di Stato di carattere militare.
Lo scontro tra l’organizzazione e i Paesi dell’Africa occidentale condusse alla sospensione di quest’ultimi da aiuti finanziari e cooperazioni economiche e, successivamente, al ritiro degli stessi dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, annunciato dai leader dei tre Paesi nel gennaio del 2024.
Al momento della rottura, ma anche in successive dichiarazioni, le tre nazioni hanno accusato apertamente l’organizzazione di intrattenere rapporti troppo stretti con i partner occidentali, consentendo loro di sfruttare le risorse del continente in maniera non dissimile da come facevano le nazioni europee durante il periodo coloniale.
Viceversa, il blocco economico dell’Africa occidentale ha dichiarato di nutrire ancora speranza in un eventuale ritorno del trio e, nel tentativo di frenare la disgregazione del blocco, nel mese di febbraio ha rimosso alcune delle sanzioni contro Niger e Mali.
Nonostante la decisione del blocco regionale fosse stata motivata da questioni di carattere puramente umanitario, apparivano evidenti gli ulteriori interessi in gioco: la retrocessione di Niger, Mali e Burkina Faso dal mercato comune avrebbe condotto ad una sensibile contrazione del volume degli scambi interni. I tre Stati, infatti, rappresentavano il 17,4% della popolazione della regione, nonché il 10% del Pil del blocco.
Inoltre, i leader di Mali, Niger e Burkina Faso ritengono che l’organizzazione, agendo sotto l’influenza di potenze straniere, non li sostenga a dovere nella lotta contro il terrorismo nel Sahel. Effettivamente, i tre Paesi dell’Africa occidentale si trovano da anni a dover fare i conti con incursioni di gruppi islamisti di insorti.
Gruppi armati legati ad al-Qaeda e all’Isis si sono contesi il controllo del territorio in tutti e tre i Paesi, scatenando ondate di violenza e suscitando la preoccupazione delle capitali occidentali. La vastità di quei territori rende difficile per le giunte militari al governo presidiarli e mantenerne saldamente il controllo, avvantaggiando viceversa i gruppi estremisti che ivi hanno installato delle basi operative.
Tra le ragioni che i funzionari dei tre Paesi hanno addotto per giustificare il rigetto della richiesta di indire nuove elezioni democratiche, vi è proprio la necessità di respingere gli insorti e di ristabilire e mantenere l’ordine in tutto il territorio nazionale.
Da quanto emerge da una recente inchiesta del New York Times, la scorsa settimana in Mali gli affiliati di al-Qaeda avrebbero ucciso almeno 50 membri delle forze armate. Per quanto riguarda il Burkina Faso, si stima che gruppi terroristi islamisti vaghino liberamente in ben due terzi del Paese. Recentemente è stato confermato dall’intelligence francese che l’assalto dello scorso 24 agosto nella periferia di Barsalogho, un comune in Burkina Faso, ha causato circa 600 vittime.
L’attacco è stato condotto dai militanti del Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), un gruppo affiliato ad al-Qaeda con sede in Mali e attivo in Burkina Faso. La recente stima raddoppia il bilancio delle vittime rispetto a quanto citato nei precedenti rapporti, rendendo l’assalto uno dei più brutali e letali degli ultimi anni. Le vittime, prevalentemente civili, tra cui anche donne e bambini, sono state uccise mentre scavavano le trincee che avrebbero dovuto difendere la città di Barsalogho
L’Alleanza del Sahel stringe con la Russia
La partnership conclusa dagli Stati dell’Aes con l’agenzia spaziale russa si articola nella creazione di un apparato di telecomunicazioni e in un sistema di satelliti di rilevamento progettati per monitorare le aree di confine tra i tre Paesi coinvolti, dove i militari si trovano spesso a fronteggiare i gruppi affiliati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico.
I funzionari governativi hanno fornito pochi dettagli sull’accordo ma appare chiaramente come questa partnership, conclusa con una durata iniziale di cinque anni, sia un ulteriore segnale dell’espansione dell’influenza russa in quella regione dell’Africa.
L’accordo, infatti, risponde all’esigenza di individuare un nuovo modello, alternativo a quello occidentale, al quale affiancarsi nel proprio collocamento sullo scacchiere internazionale. Dopo l’allontanamento dall’Occidente e la recisione dei legami con gli altri Paesi africani, l’Alleanza ha individuato nella Federazione Russa il nuovo polo attorno al quale orbitare.
La scelta dei Paesi africani di rivolgersi al Cremlino si ricollega non solo all’esigenza di contrastare le insurrezioni di gruppi islamisti, quanto principalmente alla necessità di ricevere finanziamenti e investimenti tecnologici, svincolandosi dai condizionamenti imposti dagli ex partner occidentali con riguardo all’indizione di nuove elezioni e al ristabilimento di regimi democratici.
La partnership tra l’agenzia spaziale russa e i governi di Burkina Faso, Mali e Niger approfondisce i preesistenti legami con il Cremlino che, tramite l’invio dei mercenari della Wagner, era già da anni presente nella regione.
In particolare a partire dal 2021, dopo il secondo colpo di stato in Mali, la giunta militare ha stretto sempre di più i rapporti con la Russia, anche in conseguenza del deterioramento delle relazioni con la Francia. La leadership maliana ha giustificato la presenza del gruppo Wagner in Mali proprio in virtù della lotta contro i gruppi jihadisti nella regione.
La situazione attuale e gli scenari futuri
Negli ultimi anni, gli estremisti affiliati allo Stato Islamico e ad al-Qaeda hanno trasformato l’intera area in uno degli epicentri mondiali del terrorismo, a discapito della vita di decine di migliaia di civili. Si stima che tre milioni di persone siano state già sfollate a causa dei combattimenti.
Da quando gli uomini del gruppo Wagner sono stati inviati nel Sahel, sono stati ridisegnati i rapporti di sicurezza che avevano definito la regione negli ultimi anni, prospettandosi un rafforzamento sempre crescente del legame economico e di sicurezza con la Russia.
Gli Stati Uniti stanno lasciando le proprie basi nella regione e, dopo circa un decennio di cooperazione militare contro i gruppi estremisti, i legami con i partner occidentali si sono completamente deteriorati per fare spazio al nuovo assetto.
Tuttavia, non è chiaro se la presenza dei mercenari del gruppo Wagner abbia contribuito ad arginare la violenza che ha afflitto i tre Paesi africani, dove attualmente vivono circa 72 milioni di persone.
A tal proposito, un recente episodio ha evidenziato come, in alcuni contesti, la presenza delle milizie russe stia venendo attivamente ostacolata dalla popolazione. Lo scorso luglio, nei pressi di Tinzaouaten, città che si trova nel nord del Mali, al confine con l’Algeria, è stata messa in atto dai ribelli tuareg una significativa imboscata ai danni delle forze del gruppo Wagner e dell’esercito maliano.
Lo scontro ha provocato la morte di decine di soldati, tra cui circa 50 uomini di Wagner: pare che le forze mercenarie russe stessero affiancando l’esercito maliano nel tentativo di riprendere il controllo della città, presidiata dai separatisti che si oppongono al governo di Bamako. L’episodio segna per le forze filorusse uno dei più importanti rovesci da quando nel 2014 Mosca è, più o meno direttamente, intervenuta in Africa.
Mentre gli attacchi continuano, alcuni tra gli alti funzionari dell’Alleanza hanno riconosciuto che potrebbero volerci anni prima che i satelliti russi siano operativi e che decine di esperti dovranno essere formati per farli funzionare correttamente.
Ciò che è certo, si legge in un articolo del quotidiano francese Le Monde, è che la strategia della Francia in Africa ha fallito. La Quinta Repubblica avrebbe concentrato la propria attenzione nella regione esclusivamente sull’aspetto della sicurezza a scapito della cooperazione allo sviluppo.
L’aspetto del sostegno sociale e politico sarebbe stato trascurato, portando al fallimento di un decennio di presenza militare in Africa. “L’era della Françafrique è finita”, ha dichiarato Macron nel suo discorso alla comunità francese di Libreville durante la sua partecipazione al One Forest Summit, l’evento internazionale dedicato alla conservazione delle foreste tropicali che nel 2023 si è svolto proprio nella capitale del Gabon.
In quest’ottica, il coordinamento civile-militare avrebbe dovuto essere il prerequisito di una presenza prolungata nel Sahel. Il contenimento della diffusione del jihadismo nei cinque Paesi del Sahel (Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad), per essere efficace, avrebbe dovuto essere affiancato da ampi aiuti allo sviluppo ai Paesi della regione.
È lucido e lineare il ragionamento degli analisti di Le Monde: non si può sperare di sradicare lo jihadismo se non si eliminano dal substrato sociale le concause strutturali che sono alla base di qualsiasi movimento di matrice estremista, in primis la fame, la miseria e la povertà estrema.
Foto in evidenza: By kremlin.ru, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=135452394