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Putin, Bush, Gheddafi, Erdogan: le amicizie “geopolitiche” di Silvio Berlusconi

La storia della politica estera di Silvio Berlusconi attraverso i rapporti con i leader mondiali, da Putin a Erdoğan fino a Bush.

Silvio Berlusconi è stato il presidente del Consiglio più longevo della storia repubblicana. Unico insieme ad Alcide De Gasperi a guidare il governo per 5 anni consecutivi, con un potere personale raro per un Paese dalla tradizione consociativa come l’Italia, il Cavaliere ha delineato la politica estera del nostro Paese in un periodo di grandi cambiamenti sullo scacchiere internazionale. 

Lo ha fatto da una parte mantenendo i tradizionali pilastri della politica estera nazionale, atlantismo ed europeismo, dall’altra aprendo a Paesi come Russia, Turchia e Libia, oltre che con una politica più filo-israeliana rispetto ai decenni precedenti. E lo ha fatto in maniera molto peculiare, più da businessman che da politico: tessendo relazioni personali con i leader stranieri. 

Le relazioni di Berlusconi con i leader mondiali   

Vladimir Putin 

L’amicizia con il presidente russo Vladimir Putin è la più nota e controversa tra quelle internazionali di Silvio Berlusconi. In realtà, già prima dell’ascesa al potere di Putin il leader di Forza Italia si era battuto perché l’Italia e l’Occidente avessero un rapporto più stretto con la neonata Federazione Russa. Nell’ottobre 1994, andò a Mosca a firmare un trattato di amicizia e cooperazione con l’allora presidente Boris Eltsin. Pochi mesi prima, in luglio, fu il premier italiano a invitare lo stesso Eltsin al G7 di Napoli: fu anche grazie alla mediazione del Cav che la Russia divenne poco dopo l’ottavo membro del G8.

Ma fu con l’ascesa alla presidenza di Vladimir Putin nel 1999 che i rapporti tra Italia e Russia decollarono definitivamente. Berlusconi e l’erede di Eltsin si conobbero in occasione del G8 di Genova del 2001 e da allora è nato un rapporto personale talmente stretto da non essere stato scalfito nemmeno dall’invasione dell’Ucraina.

L’anno successivo, anche in virtù dei buoni rapporti con il presidente Usa George W. Bush, il Cavaliere portò Russia e Stati Uniti a firmare gli accordi di Pratica di Mare, che prevedevano la costituzione del Consiglio Nato-Russia e più in generale la promessa di una collaborazione nell’ambito della sicurezza. Pratica di Mare non fu, come tutt’oggi sostiene Berlusconi, la fine della Guerra Fredda. L’importanza degli accordi dal punto di vista pratico fu tutto sommato limitata, ma rimane il punto più alto delle relazioni tra Russia e Occidente dopo la caduta dell’Unione Sovietica. 

Più in generale durante i suoi periodi al governo, Berlusconi puntò sul gas russo come scelta energetica affidabile e a basso prezzo e si spese per cercare di includere Mosca nell’Ue («L’adesione della Russia all’Unione europea è un sogno non troppo lontano: credo avverrà un giorno», disse nel novembre 2005) e per presentare Putin come leader rispettabile e democratico.

Questo anche dopo fatti come l’assassinio di Anna Politkovskaja (riguardo alla quale il Cav fece una delle sue peggiori gaffe: durante una conferenza stampa congiunta con Putin mimò il gesto di sparare con un mitra dopo che una giornalista russa fece una domanda scomoda al suo presidente), l’avvelenamento di Aleksandr Litvinenko e l’incarcerazione degli avversari politici di Putin. 

Dopo il termine della sua esperienza a Palazzo Chigi, a differenza degli altri leader europei, Berlusconi ha continuato a difendere le ragioni del presidente russo: pubblicamente dopo l’annessione della Crimea nel 2014 (dove si recò in visita all’amico l’anno successivo) e in più occasioni, anche se meno alla luce del sole, anche dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022

George W. Bush 

Durante la Prima Repubblica, i governi a trazione democristiana che guidarono l’Italia erano stati custodi dell’alleanza con gli Stati Uniti. Con la leadership di Berlusconi questo non solo continuò, ma fece un salto di qualità. Il leader di Forza Italia ha proclamato in molte occasioni il suo atlantismo e tessè una profonda amicizia personale con il presidente George W. Bush. 

Il Cavaliere fu tra i pochi leader mondiali invitati nel ranch in Texas del repubblicano e nel 2007, quando a Palazzo Chigi c’era Romano Prodi, il presidente Usa si assicurò di incontrare anche “il suo vecchio amico Berlusconi” durante il suo viaggio ufficiale in Italia. Del resto il Cav difese tutte le scelte di politica estera di Bush, inclusa la guerra in Iraq del 2003, che fu per esempio criticata da Francia e Germania. L’Italia partecipò alla “Coalizione dei Volenterosi” che rovesciò Saddam Hussein, prima di ritirare le sue truppe dal Paese nel 2006 sotto la guida di Prodi, ma con decisione già presa da Berlusconi.

Muammar Gheddafi 

Un altro famoso capitolo della diplomazia dei rapporti personali di Silvio Berlusconi è quello che riguarda la Libia di Muammar Gheddafi. L’Italia aveva avuto rapporti difficili con l’ex colonia sin dall’ascesa al potere del Colonnello nel 1969, che aveva fatto del risentimento verso Roma uno dei fattori cardine della sua narrativa. Il Cavaliere si sforzò a partire dalla sua seconda esperienza al governo iniziata nel 2001 di normalizzare i rapporti con la Libia, per via degli interessi italiani in campo energetico e di gestione dell’immigrazione clandestina. 

Ma fu nella sua quarta e ultima permanenza a Palazzo Chigi che il Cav riuscì, come ebbe a dire con un’espressione politicamente scorretta, ad “addomesticare” Gheddafi. Nel 2008 firmò a Bengasi il Trattato di Amicizia e Cooperazione tra Italia e Libia. Con esso, Roma si impegnava a costruire un’autostrada dal confine tunisino a quello egiziano dal costo di circa 3 miliardi di euro a titolo di “risarcimento per il passato coloniale”. In cambio Tripoli si impegnava a fermare le partenze dei migranti e a fornire opportunità per le aziende italiane

Nel 2009 e nel 2010 Gheddafi fece anche due storiche visite a Roma. Queste ebbero delle caratteristiche tra il bizzarro e il kitsch, come il vistoso baciamano di Berlusconi all’arrivo del leader libico, che portava appuntata al petto la foto dell’eroe della resistenza anti-italiana Omar al-Mukhtar. Il Colonnello piantò una tenda beduina all’interno del Circo Massimo e fece una “lezione di islam” a un gruppo di 500 ragazze reclutate per l’occasione da Berlusconi

Nel 2011 avvenne però il tragico epilogo. A causa della violenta repressione da parte di Gheddafi delle rivolte che erano scoppiate in Libia, una coalizione internazionale benedetta dall’Onu e guidata da Francia e Regno Unito intervenne per via aerea contro le forze del Colonnello. Berlusconi, pur avendo un forte potere negoziale perché gli attacchi contro la Libia partivano da basi situate in Italia, si limitò ad esprimere dubbi sull’intervento, che fu infine avallato con anche l’utilizzo di aerei italiani. «Sic transit gloria mundi», fu il caustico commento del Cavaliere alla notizia dell’uccisione dell’ex amico. 

Recep Tayyip Erdoğan

Dopo la morte di Gheddafi, l’influenza italiana in Libia fu sostituita da quelle russa e turca. Proprio con l’attuale presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan Berlusconi ebbe un altro dei suoi rapporti di amicizia personale, forse quello meno conosciuto. L’ex premier fu tra i principali sponsor della (poi mancata) adesione di Ankara all’Unione europea e si spese molto per migliorare l’interscambio commerciale tra i due Paesi. 

Nel 2003 Berlusconi fu addirittura scelto come testimone di nozze dell’ultimo figlio di Erdoğan, Bilal: in quell’occasione il Cav fece una delle sue tipiche gaffe baciando la mano della sposa, che per tradizione islamica non si può toccare. Nel 2009 fu invece decisivo il suo intervento per bloccare il veto di  Erdoğan al danese Rasmussen alla segreteria della Nato, inviso al turco per via delle vignette su Maometto pubblicate tempo prima da un giornale di Copenaghen.

Come con Putin, il leader di Forza Italia non ha rinnegato l’amicizia nemmeno dopo la svolta illiberale del presidente turco. Ancora nel 2018, il Cavaliere era tra i pochi ospiti occidentali presenti all’ultimo insediamento di Erdoğan. A chi lo criticava per essersi recato ad Ankara l’ex premier rispose: «Sono legami personali utili per tutti: la Turchia è un Paese cruciale a livello commerciale, nella lotta al terrorismo e nella gestione dei flussi migratori». In poche parole, vent’anni di Berlusconi pensiero in politica estera. 

Un politico non convenzionale 

Le modalità non convenzionali di Berlusconi di gestire la politica estera non sono state sempre apprezzate. I suoi numerosi scandali e gaffes, la scelta di puntare su rapporti bilaterali e la sua immagine di tycoon populista l’hanno reso impopolare a molti leader stranieri. È noto che i rapporti personali con Barack Obama (definito «giovane, bello e abbronzato») fossero ai minimi termini così come quelli, specialmente nel suo ultimo anno da premier, con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy

Indimenticabili furono i sorrisi dei due leader quando gli venne posta la domanda sull’effettiva capacità di Berlusconi di implementare le riforme necessarie per superare la crisi in cui l’Italia versava. L’allora premier aveva perso tutta la sua credibilità in Europa: Merkel e Sarkozy erano con lui i principali azionisti del Partito Popolare Europeo, dunque sulla carta degli alleati politici. 

Ma con Berlusconi raramente ciò che era vero sulla carta lo era anche nella realtà. Sulla carta non avrebbe dovuto essere amico del laburista britannico Tony Blair, che invece anche dopo la sua uscita di scena ha sempre parlato bene del leader di Forza Italia. «È stato un buon amico del mio Paese, con noi ha sempre mantenuto la parola data. Silvio non ha assolutamente nulla del politico convenzionale: è unico. Poi diciamo che la politica può essere molto noiosa: con lui non ci si annoiava mai!»

Foto in evidenza: “File:Silvio Berlusconi 09072008.jpg” by Ricardo Stuckert/PR is licensed under CC BY 3.0.

Rodolfo Fabbri

Giornalista, da sempre affascinato da storia, geografia e politica. Milanese con esperienze in giro per l'Europa, ho una passione che sfiora la maniacalità per mappe e dati. L'obiettivo che mi pongo è quello di raccontare con equilibrio quel che ci succede intorno. Perché se è vero che nel giornalismo l'oggettività non esiste, ritengo che il nostro dovere sia di fare tutto il possibile per avvicinarvisi

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