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L’ultimo numero della rivista di Aliseo, dedicato al futuro degli Stati Uniti. 14 analisi per capire l’America, dalla geopolitica alla crisi interna

La Francia profonda punisce Macron. E la Quinta Repubblica scricchiola

La Francia profonda punisce Macron. E la Quinta Repubblica scricchiola

Emmanuel Macron ha perso le elezioni legislative del 2022. Non vi sono alibi. Se una vittoria si stabilisce in rapporto agli obbiettivi prefissi il responso รจ molto chiaro. Il Presidente aveva esortato lโ€™elettorato francese ha conferirgli โ€œun mandato forte e chiaroโ€, e ciรฒ non รจ avvenuto, anzi. Macron perde quasi un milione di voti rispetto […]

Emmanuel Macron ha perso le elezioni legislative del 2022. Non vi sono alibi. Se una vittoria si stabilisce in rapporto agli obbiettivi prefissi il responso รจ molto chiaro. Il Presidente aveva esortato lโ€™elettorato francese ha conferirgli โ€œun mandato forte e chiaroโ€, e ciรฒ non รจ avvenuto, anzi. Macron perde quasi un milione di voti rispetto al secondo turno delle Legislative del 2017 e oltre dieci punti percentuali rispetto alla stessa consultazione.

Fatto ancora piรน grave per la presidenza, la coalizione Ensemble del presidente non avrร  la maggioranza assoluta: per averla occorrevano 289 seggi e il polo liberale di Macron si รจ fermato a 245, con un calo di centosei rappresentanti rispetto a cinque anni fa. I populisti, che Macron aveva raccomandato, come sempre, di respingere alle ali dellโ€™Assemblea Nazionale della Repubblica, hanno dilagato, in particolare lโ€™arcinemica Marine Le Pen, che decuplica la sua rappresentanza parlamentare passando da otto a ben ottantanove seggi.

Ma non รจ da meno il risultato della coalizione NUPES (Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale) di Jean-Luc Mรฉlenchon, che raduna al suo interno, oltre a La France Insoumise, il partito del leader, altri quattrodici partiti, tra cui gli โ€œstoriciโ€ Socialisti e il Partito Comunista Francese, ai quali si sono aggiunti Verdi e sigle regionaliste dellโ€™oltremare. Il risultato della sinistra radicale era atteso, ma il vivace leader de la France Insoumise probabilmente si aspettava addirittura di piรน, forse fidandosi troppo dei sondaggisti.

La vittoria di Marine

Puรฒ essere ben felice, invece, Marine Le Pen. Il suo Rassemblement National batte tutti i record: mai una forza sovranista di destra aveva ottenuto un risultato cosรฌ lusinghiero alle legislative, e anche se Marine, come giร  dichiarato, non correrร  a priori per le prossime presidenziali, ha comunque messo al sicuro la direzione da lei impressa al partito, evitando sbandamenti sia verso il centro macronista e gaullista sia verso lโ€™estrema destra ancora vicina allโ€™anziano Jean-Marie. Il Rassemblement National, peraltro, essendo un partito e non una coalizione (come invece รจ il NUPES), sarร  in grado di condurre unโ€™opposizione molto piรน efficace rispetto a quella che proverร  a portare avanti lโ€™estrema sinistra.

Giร  oggi la volontร  dei Verts e dei Socialisti di condurre unโ€™opposizione dura nei confronti dellโ€™Eliseo sembra precaria e non รจ escluso che Macron blandisca proprio gli ecologisti con proposte in accordo con il Green Deal dellโ€™Unione Europea. Cosa farร  ora la presidenza รจ difficile da ipotizzare, quel che รจ certo รจ che il governo forte di Macron รจ molto probabilmente terminato, dovendo ora egli trovarsi degli alleati in un parlamento che in massima parte gli รจ dichiaratamente ostile. Se vorrร  continuare con la sua agenda di liberalizzazioni e deregulation del mondo del lavoro รจ probabile che Macron dovrร  cercare una sponda nei Republicains, lโ€™ex partito egemone della destra francese erede del generale ed ex presidente Charles De Gaulle.

La coalizione che comprende i repubblicani, denominata UDC (Unione della Destra e del Centro), ha ottenuto un risultato deludente (sessantasei seggi), ma piรน che sufficiente a fare da stampella allโ€™inquilino dellโ€™Eliseo per i prossimi cinque anni di mandato. Il prezzo da pagare potrebbe perรฒ essere molto alto: la nomina a Primo Ministro del segretario dei Repubblicani Christian Jacob, al posto della macronista ร‰lisabeth Borne, che ha dato le dimissioni ma che, per ora, la presidenza si รจ riservata di respingere. Si tratterebbe, per Macron, di un grosso smacco, difficile da digerire per un Presidente poco avvezzo alla trattativa ed al compromesso, e non รจ per nulla certo che i Repubblicani accettino di fare da stampella allโ€™Eliseo in quello che sembra essere il classico abbraccio mortale del boa.

Verso l’azzardo ecologista?

Unโ€™altra via che Macron potrebbe tentare potrebbe essere la cannibalizzazione del NUPES di Mรฉlenchon, portando almeno le componenti ecologiste e socialiste allโ€™interno della coalizione di governo e mutilando cosรฌ la vasta area della sinistra di piรน stretta osservanza antiliberista. I Verdi, in particolare, sembrano i piรน papabili per unโ€™operazione di questo tipo, che non sarebbe nemmeno sgradita al loro elettorato, che al ballottaggio delle presidenziali ha dimostrato di convergere senza indugio verso Macron, mentre una considerevole, seppur non maggioritaria parte, degli elettori della France Insoumise ha preferito lโ€™astensione se non addirittura il voto allโ€™estrema destra.

Una fluiditร  di consensi che, oltre a denunciare la profonda frattura consumatasi tra lโ€™Eliseo e il paese reale, la cosiddetta France profonde, testimonia anche lโ€™avvenuto crollo di quello che un tempo era la prassi del โ€œFronte repubblicanoโ€, ovvero la conversione di tutto lโ€™elettorato liberale e moderato sul candidato anti-estremista, quale che fosse e indipendentemente dal colore dellโ€™estremismo medesimo. Utilizzato tanto contro le sinistre radicali durante i turbolenti anni della contestazione quanto, piรน di recente, contro le sigle della famiglia Le Pen, il fronte repubblicano sembra ormai aver fatto il suo tempo.

Il fronte repubblicano non esiste piรน

La mappa elettorale non lascia spazio a interpretazioni troppo complesse: la prassi del Fronte Repubblicano avrebbe dovuto, in linea teorica, garantire unโ€™ondata gialla (il colore della coalizione presidenziale) al secondo turno, ma tutto ciรฒ non si รจ verificato. Marine Le Pen, ad esempio, ha conservato praticamente tutti i collegi conquistati al primo turno, in particolare nel Midi e nel nord-est dellโ€™Esagono, e ne ha addirittura conquistati altri, che invece avevano visto trionfare il candidato di Ensemble al turno precedente.

Dinamiche simili si sono viste anche a favore della France Insoumise in zone tradizionalmente molto vicine a Macron, come la Francia atlantica e la Bretagna. La stessa รŽle-de-France, la regione della capitale, da sempre roccaforte del Presidente, ha visto i candidati di Mรฉlenchon imporsi in gran parte della regione, con addirittura diverse vittorie al secondo turno nei distretti piรน centrali, dove mai lโ€™estrema sinistra era riuscita a fare breccia.

Un evento, quello della caduta dello sbarramento anti-populista, che testimonia non solo lโ€™ormai insanabile antipatia del paese verso un presidente visto sempre piรน come lโ€™uomo delle รฉlite e della upper class transalpina, ma che dimostra ormai un vistoso scollamento tra lโ€™opinione pubblica e la stessa Quinta Repubblica. Il ricatto morale che chiama ogni volta a raccolta attorno al katรฉchon antipopulista comincia a fare cilecca.

Una sempre piรน marcata insofferenza verso una presidenza con venature autocratiche, incurante delle opposizioni (del resto quasi sempre ridotte al minimo dal sistema a doppio turno) tradiscono una sempre piรน generale insoddisfazione verso un modello, quello della Quinta Repubblica varato da Charles De Gaulle nel 1958, che confligge ormai potentemente con la richiesta di sempre maggiore partecipazione politica da parte dei francesi. Ma per capire tutto ciรฒ occorre prima fare un passo indietro, e capire come sono nati la Quinta Repubblica ed il suo ordinamento, che garantisce al Presidente della Repubblica Francese i piรน ampi poteri a disposizione di un capo di stato europeo.

Nascita della Quinta Repubblica, tra colpi di stato e plebisciti


Nella primavera del 1958 la Quarta Repubblica, nata dalla Francia liberata dai nazisti e dai collaborazionisti del governo di Vichy, versava ormai in uno stato di crisi profonda. Lโ€™ordinamento dello Stato, memore delle recenti esperienze totalitarie in Europa, era squisitamente parlamentare, e lasciava pochissimo spazio al Presidente della Repubblica, rendendo difficile, se non impossibile, la formazione di governi forti e coesi, tanto che in soli dodici anni se ne susseguirono ben ventidue.

La debolezza dei governi della Quarta Repubblica, quasi tutti di unitร  nazionale con all’interno sia sigle conservatrici sia partiti di estrema sinistra, si palesรฒ fin da subito anche in ambito internazionale, con lโ€™abbandono dellโ€™Indocina Francese nel 1954 ed il riconoscimento della sovranitร  egiziana sul canale di Suez nel 1956. La guerra coloniale in Algeria, che lo stato francese considerava territorio metropolitano della Rรฉpublique, si trovava a sua volta in una situazione di stallo.

La guerriglia del FLN, pur nellโ€™impossibilitร  di prendere il controllo dellโ€™intero territorio algerino, in particolare delle cittร  lungo la costa, continuava a dare filo da torcere alle forze armate transalpine, fatto che aveva portato il debole governo di Fรฉlix Gaillard allo scioglimento, con il presidente della Repubblica Renรฉ Coty in procinto di affidare un nuovo mandato a Pierre Pflimlin. Questโ€™ultimo, pessimista sullโ€™andamento della guerra, prima ancora di insediarsi aveva cominciato a paventare un graduale sganciamento dal teatro bellico algerino, lasciando costernata la numerosissima comunitร  francese dโ€™Algeria, i cosiddetti pieds noirs.

I coloni francesi in Algeria, timorosi di quello che ai loro occhi risultava come un tradimento da parte di Parigi, entrarono in agitazione. Il 13 Maggio del 1958, il giorno precedente al giuramento di Pflimlin, lโ€™avvocato, deputato ed ex ufficiale dei paracadutisti Pierre Lagaillarde insorse ad Algeri, appoggiato dai generali dellโ€™esercito Raoul Salan e Jean Gracieux, dal generale dellโ€™aeronautica Edmond Jouhaud, e dallโ€™ammiraglio Philippe Auboyneau. Le masse di coloni europei e di algerini filo-francesi marciarono rapidamente sui palazzi del potere di Algeri, mentre le forze armate a difesa di questi, incoraggiate dai suddetti generali, si rifiutarono di aprire il fuoco sui manifestanti.

Il governatore dellโ€™Algeria, il socialista Robert Lacoste, fu rapidamente rovesciato ed il generale Jacques Massu, lesse un proclama dal balcone del palazzo del governatore, nel quale si chiedeva il ritorno al potere del generale Charles De Gaulle, eroe della Seconda Guerra Mondiale, per mettere fine al debole regime parlamentare della Quarta Repubblica che si apprestava ad abbandonare lโ€™Algeria nelle mani degli arabi. Massu e Lagaillarde formarono quindi un governo militare provvisorio gaullista ad Algeri, al quale aderirono immediatamente anche le truppe di stanza in Corsica.

La situazione della Francia si presentava estremamente seria e lโ€™Esagono sembrava sull’orlo del colpo di stato militare. Pflimlin, giร  conscio della scarsissima popolaritร  delle istituzioni quarto-repubblicane presso gli alti comandi delle Forze Armate, venne ulteriormente minacciato da Massu, il quale promise che, se le richieste dei golpisti di Algeri non fossero state esaudite, Parigi sarebbe stata attaccata e occupata dai suoi paracadutisti di stanza alla base aerea di Rambouillet, poco fuori dalla capitale. Conscio della gravitร  della situazione e certo che nessuno, nelle forze armate, avrebbe difeso lui e lo status quo, Pflimlin rimise il mandato nelle mani del presidente della repubblica Coty il quale, acconsentendo alle richieste di Massu, conferรฌ un mandato esplorativo al generale De Gaulle.

Il trionfo personale di De Gaulle

De Gaulle, che aveva lasciato la politica sbattendo la porta nel 1953 proprio a causa della debolezza intrinseca al sistema parlamentare della Quarta Repubblica, dettรฒ a sua volta condizioni molto chiare al Presidente ed al parlamento, senza lโ€™accogliento delle quali egli sarebbe rimasto lontano dalla politica, lasciando Parigi nelle mani dei militari e dei militanti nazionalisti. Le richieste, o per meglio dire lโ€™ultimatum, che De Gaulle dettรฒ in quellโ€™occasione, costituiscono ancora oggi la base dellโ€™ordinamento politico francese.

Insofferente al regime parlamentare, che giudicava โ€œuna dittaturaโ€, De Gaulle richiese un considerevole ampliamento dei poteri del Presidente della Repubblica a scapito di quelli del Primo Ministro e del parlamento stesso specificando che, in ogni caso, tale cambio di ordinamento avrebbe dovuto essere confermato anche dal popolo francese tramite un referendum. Il 28 Settembre del 1958 i francesi, tramite referendum, appoggiarono in massa le proposte di De Gaulle con il 79,2% dei consensi e il 4 Ottobre venne promulgata la nuova Costituzione, tutt’ora in vigore.

Forte del risultato, De Gaulle propose che il Presidente della Repubblica, la cui elezione era ancora appannaggio dellโ€™Assemblea Nazionale, venisse anchโ€™esso eletto a suffragio universale e la medesima proposta venne anchโ€™essa approvata dal 62% dei francesi tramite referendum il 28 Ottobre. De Gaulle, Primo Ministro, potรฉ cosรฌ candidarsi alla Presidenza della Repubblica alle elezioni del 21 Dicembre dello stesso anno, nelle quali sbaragliรฒ il Partito Comunista Francese conquistando il 78,5% contro il 13% del candidato comunista Georges Marrane.

Un ordinamento fuori tempo massimo?

Lโ€™ordinamento della Quinta Repubblica, come si puรฒ quindi osservare, nacque in un periodo peculiare della storia francese, nel pieno di una lunga e sanguinosa guerra, quella dโ€™Algeria, combattuta alle porte di casa. Una Francia nella quale, per usare le parole dello stesso Massu, โ€œsono i militari a detenere il potereโ€. La Francia moderna, quindi, eredita una forma di governo squisitamente emergenziale, che garantisce ampi poteri alla Presidenza solo parzialmente moderati dal Parlamento, che puรฒ quasi sempre essere soggiogato tramite la combinazione del doppio turno e della prassi del fronte repubblicano.

La Francia che perรฒ si trova, oggi, a governare Emmanuel Macron, รจ sensibilmente diversa da quella degli anni Cinquanta della decolonizzazione. Se le percentuali plebiscitarie, sia in termini di affluenza alle urne che di consensi, potevano rendere accettabile lโ€™ampio ventaglio di poteri a disposizione di De Gaulle, la frammentarietร  dellโ€™elettorato odierno accanto ad un tasso di astensione sempre piรน alto (lโ€™affluenza alle legislative si รจ fermata al 47,5%), rende sempre piรน indigesto, ai francesi, lo strapotere dellโ€™Eliseo.

Tramite il meccanismo del doppio turno, infatti, un partito come quello del presidente Macron, scelto da solo il 27,8% dei francesi, specialmente di classe sociale elevata, puรฒ imporre al restante 72% del paese, unโ€™agenda totalmente estranea alle sue inclinazioni e preferenze. Ironia della sorte, la tirannia delle minoranze che esasperava De Gaulle durante la Quarta Repubblica, garantendo ai piccoli partiti un potere di ricatto enorme sulle coalizioni, rientra ora dalla finestra cementandosi grazie al sistema del doppio turno e alla chiamata alle armi anti-populista. Un gioco, perรฒ, che come giร  detto convince sempre meno se, come si รจ osservato, tanto lโ€™elettorato di destra quanto quello di sinistra si dimostrano spesso e volentieri pronti a votare per lโ€™avversario, a patto che questo si dichiari pronto ad osteggiare il Presidente.

Una richiesta di partecipazione

Il dato, che si sarebbe tentati di imputare al solo Macron, resosi attore principale di una politica estremamente decisionista ampliata ulteriormente dallo stato dโ€™emergenza per terrorismo prima e per pandemia poi, nasconde un fenomeno piรน grande. Pensato per tempi emergenziali e per unโ€™opinione pubblica compatta nelle proprie visioni a proposito dello Stato, l’ordinamento della Quinta Repubblica ormai scricchiola sempre di piรน, stretto da un lato dallโ€™astensionismo e dallโ€™altro dalla rabbia della France profonde di cui i gilet gialli sono stati solo lโ€™ultima e piรน drammatica rappresentazione.

Giร  nel 2018, in un sondaggio riportato da Huffington Post, solo il 44% dei francesi si dichiarava “affezionato alla Quinta Repubblica”. La Francia si dimostra quindi sempre piรน intollerante verso un ordinamento politico che, studiato per compattare le maggioranze, si รจ invece risolto in una tirannia delle minoranze basata solo sul ricatto del โ€œo noi o il diluvioโ€. Se lโ€™astensionismo alle amministrative ed ai referendum italiani testimonia una quasi insopprimibile disillusione, il grido di rabbia della Francia profonda che si affida ad estrema sinistra e lepenisti testimonia invece una rabbia sorda che esige piรน partecipazione e piรน ascolto verso le proprie rivendicazioni.

Un deficit, quello di partecipazione, che il decisionismo macroniano corredato da ulteriori poteri emergenziali, ha contribuito una volta di piรน ad aggravare, sobillando lโ€™insoddisfazione delle periferie di sinistra e delle campagne conservatrici e neopoujadiste. Il futuro della Quinta Repubblica dipenderร  in massima parte dalla capacitร  dellโ€™attuale inquilino dellโ€™Eliseo di trovare una qualche forma di convivenza con un parlamento riottoso che in gran parte non lo ama

Peggior scelta possibile sarebbe, per le istituzioni francesi, lโ€™andare allo scontro diretto con queste componenti, rumorose sรฌ, ma ancora democratiche. Cosa possa venir fuori, in tempi di crisi delle materie prime, guerra, pandemie e inflazione a doppia cifra, da unโ€™ulteriore demonizzazione dei populisti, รจ forse meglio non saperlo.

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Marco Malaguti

Marco Malaguti

Marco Malaguti (Bologna, 1988), appassionato di giornalismo, filosofia e civiltร  orientali, vivo, lavoro e studio a Bologna. Da oltre dieci anni collaboro con testate, blog e think tanks che raccontano la politica europea ed il panorama culturale attuale. Mi occupo prevalentemente di politica estera e dirigo il portale culturale Essenzialismi.it

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